Il Natale del 1945 fu il primo in tempo di pace per l’intera nazione. Il Paese era in ginocchio. La gioia della fine delle ostilità si mescolava all’angoscia per le condizioni di vita e per il destino dei propri cari ancora dispersi o prigionieri.
Le donne furono le vere artefici della conservazione dello spirito natalizio.
Il Natale di “oggi” e di “ieri” rappresentano due momenti storici e culturali opposti.
Le differenze principali risiedono nel senso profondo della festa, che è passato dalla consapevolezza e semplicità senza eccessi a un fenomeno dominato dal consumismo e dalla spettacolarizzazione.
Il senso religioso si ripete nella messa e nella tradizione del presepe, ma per alcuni è un periodo di festa, di vacanza e di tempo libero.
Il Natale è “smarrito” tra la propaganda e la realtà. Si ritrova nella morsa di guerre, reali e culturali, che ne offuscano il senso. Il profondo significato del Natale sembra perdersi nella retorica.
Giorgia Meloni, con orgoglio, afferma di essere dalla parte di “Dio, Patria e Famiglia”, con tono risoluto, e si espone ad una contraddizione tra il dichiarato e il vissuto.
Non vedo i gesti di vera carità e di fratellanza che il suo governo ci offre e che il Natale dovrebbe celebrare. Appaiono più evidenti gli interessi di parte e di partito.
La Patria si scontra con lo stile comunicativo aggressivo e offensivo, il protezionismo, la chiusura delle frontiere. La vera “patria” è l’umanità intera; è riconoscere l’altro tuo simile, specialmente in un momento di crisi.
La famiglia spesso sbandierata come nucleo ideale, si ritrova ad affrontare precarietà economica, solitudine e nuove forme di convivenza che la politica stenta a riconoscere e a condividere.
Inoltre, le dinamiche di potere, comprese quelle internazionali incarnate da figure come Trump, determinano un clima di incertezza e di divisione che è l’esatto opposto del messaggio di unità del Natale.
Il senso profondo del Natale non risiede nelle promesse elettorali, nelle feste di partito, negli addobbi o nei consumi sfrenati, o nei centri-migranti in Albania; risiede invece nel gesto di cura, nell’accoglienza del fragile, nel riconoscere l’altro e nella condivisione.
Il “viatico” per celebrare il santo Natale è guardare oltre lo slogan per costruire concretamente una società in Dio che sia l’amore per il prossimo, la Patria sia la nostra Terra comune, e la Famiglia sia ogni legame di cura e di rispetto. Auguri.
Franco Marzo


