20 Dicembre, 2025
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il 25 dicembre è Natale?

Il prossimo Natale sarà il 25 dicembre 2025, ma è corretto affermarlo?

Ebbene, non c’è nulla di vero in questa affermazione. Ma non si tratta di blasfemia o di volontà di togliere credito alla religione cristiana, ma indagare il vero messaggio che si nasconde nel Natale.

Mostrare i retroscena storici e sociali del Natale non significa dissolverne l’incanto: al contrario, è come aprire una porta segreta che conduce al suo cuore più autentico.

Se ci si limita a guardare il Natale, con il suo Presepe, senza consapevolezza, tutto rischia di apparire come un racconto ingenuo, popolato da personaggi anacronistici e scene fuori contesto, dove storie e personaggi appaiono irreali o persino utopici. Ma è proprio l’analisi di questi dettagli che ci permette di non “gettare via il bambino con l’acqua sporca”: comprendendo le sue radici, si scopre che ogni elemento, anche il più apparentemente irreale, custodisce un messaggio universale.

I particolari e i dettagli di questa lettura simbolica sono raccolti nel testo Il senso nascosto del Presepe che, “smontando” tutti i racconti natalizi, mostra che più lo si indaga, più rivela la sua luce.

 

L’anno zero non è mai esistito

Cominciamo, quindi, con la prima sorpresa da chiarire. Nella nostra cultura contiamo gli anni a partire dalla nascita di Gesù di Nazareth, in quanto la tradizionale datazione della nascita nell’anno 1 d.C. è frutto del lavoro svolto nel VI secolo dal monaco Dionysius Exiguus (Dionigi detto “il piccolo” per umiltà, non tanto per statura) in base ai cui calcoli fu introdotta la modalità di conteggio degli anni “ab incarnatione Domini nostri Jesu Christi” (dalla nascita di Gesù).

Ma l’anno zero non è mai esistito, perché il concetto prezioso dello “zero” che oggi diamo per scontato, anche se tracce di conoscenza, non sistematicamente adottate, erano presenti già prima, entrò nella cultura occidentale solo nel XII secolo grazie al matematico italiano Leonardo Fibonacci, che lo descrisse nel suo celebre “Liber Abaci”. Leonardo, detto anche Pisano, aveva appreso la numerazione indo-araba durante i suoi viaggi nel vicino oriente; numerazione decimale a sua volta sviluppata in India intorno al V secolo e diffusa nel mondo arabo dal matematico persiano al-Khwarizmi nel IX secolo (studioso dal cui nome deriva il termine “algoritmo” che inizialmente indicava il procedimento di calcolo numerico, che usiamo ancora oggi, fondato sopra l’uso delle cifre arabe, ora indica un procedimento computazionale basato su regole predefinite). Quindi lo zero non era noto ai Romani, né al povero Dionigi, il quale, dovendo tener forzatamente conto delle necessità e dei vincoli indiretti precisati dal Concilio di Nicea dell’anno 325, calcolò che Gesù sarebbe nato nell’anno 753 “ab Urbe condida” e quindi l’anno successivo sarebbe stato considerato il primo della nuova numerazione.

In sintesi, dopo l’anno 1 a.C., sia per Dionigi, sia per noi, non esiste alcun “anno zero”: si passa direttamente dall’1 a.C. all’1 d.C.

 

Erode è morto prima di effettuare la strage degli innocenti

Ancora oggi, la vera data di nascita di Gesù resta avvolta nel mistero. La maggior parte degli studiosi la colloca tra il 7 e il 2 a.C.

In effetti, basandosi sulle indicazioni del secondo capitolo del “Vangelo di Matteo”, che menziona Erode il Grande, definendolo re di Giudea al tempo della nascita di Gesù, occorre necessariamente pensare che Gesù sia nato prima dell’inizio dell’era volgare, perché sappiamo con certezza che Erode era morto già nel 4 a.C., come ci testimonia Flavio Giuseppe. Nel suo testo “Antichità giudaiche”, Flavio Giuseppe racconta, infatti, che Erode morì poco dopo un’eclissi di luna visibile in Palestina e prima della Pasqua ebraica, inoltre riporta che Erode morì dopo aver governato per circa 37 anni dal momento in cui fu nominato re dai Romani, e 34 anni dopo aver eliminato il suo ultimo rivale (troppo spesso il potere ha mani insanguinate). L’eclissi è stata identificata con quella avvenuta il 13 marzo del 4 a.C., il che permette di collocare la morte di Erode poco prima di questa data, confermandone il decesso tra marzo e aprile di quell’anno, data ritenuta attendibile anche considerando altre fonti.

Da ciò consegue un paradosso affascinante e poco noto ai più: Gesù, simbolo dell’anno “uno”, sarebbe nato prima dell’anno uno. La storia si diverte a giocare con i numeri, ma la verità, spesso, si nasconde nei dettagli.

 

Ma quale censimento?

Altro indizio relativo all’anno di nascita, che proviene dallo stesso capitolo 2 del “Vangelo di Luca”, è però contraddittorio, perché le date rinvenute da fonti storiche non corrispondono al periodo indicato per la nascita di Gesù. Si tratta del riferimento a un censimento.

Secondo quanto scrive Luca:

“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra (questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio)” (Lc 2,1-2)

fu il censimento il motivo per il quale Giuseppe partì per il viaggio di oltre 150 chilometri, da Nazareth a Betlemme. Il viaggio fu affrontato con Maria, incinta, probabilmente a cavallo di un asinello, in quanto sebbene essere incinte non sia una malattia, i 150 chilometri a piedi, in prossimità del parto, non sono uno scherzo per nessuno.

Tuttavia, l’unico censimento svolto da Publio Sulpicio Quirinio in Giudea, di cui si trova notizia in fonti storiche, è descritto nell’opera “Antichità giudaiche” (XVIII,1,1) di Flavio Giuseppe e fu indetto nel 6 d.C., quando la Giudea passò sotto diretta amministrazione romana dopo la deposizione di Erode Archelao e divenne provincia romana sotto la Siria e affidata al governatore Quirinio. Ne troviamo un cenno anche negli “Atti degli Apostoli” (5,37), dove si parla della reazione di malcontento della popolazione locale, a un censimento, in quanto quella rilevazione numerica della popolazione aveva lo scopo di controllare il pagamento delle tasse all’impero. Ora, poiché i Romani, come accennato, censivano la popolazione a scopo impositivo, per loro era importante censire il luogo dove le persone risiedevano e non da dove si originassero. Lo spostamento di Giuseppe avrebbe avuto senso solo se questi avesse avuto possedimenti a Betlemme, ma Luca parla della cittadina solo come luogo d’origine di Giuseppe,

“Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide” (Lc 2,4),

proprio per confermare la profezia del profeta Michea:

“Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni” (Mi 5,2)

che accenna a Betlemme come città piccola, ma da cui sorgerà il dominatore. Profezia citata anche da Matteo in 2,6. L’evangelista non specifica la data, ma resta il fatto che il citato censimento di Quirinio non fu οἰκουμένη (su tutta la terra), cioè: “universale”, ma “locale” (limitato alle sole Siria e Giudea che erano sotto la sua giurisdizione) e comunque avvenne solo dieci anni dopo la morte di Erode, quindi fuori tempo massimo relativamente alla nascita di Gesù.

Occorre però notare che effettivamente Gaius Iulius Caesar Octavianus Augustus, per gli amici Augusto, indisse un censimento universale (census populi Romani) nell’8 a.C., che cronologicamente sarebbe compatibile con quello evangelico. Tuttavia, a essere censiti erano, in quel caso, solo i cittadini romani e non per motivi economici, ma allo scopo di valutare la potenza militare su cui era possibile fare affidamento. Un censimento che, quindi, non avrebbe coinvolto Giuseppe di Nazareth, che non era cittadino romano in quanto allora suddito di Erode il Grande.

Insomma, il censimento, che sia quello di Quirino sia quello di Augusto, non risulta perfettamente compatibile, come periodo o come modalità, con quanto riportato nei vangeli, né relativamente al periodo temporale probabile della nascita di Gesù.

 

Il solstizio di inverno

Per spiegare il motivo per cui la festa del Natale è il 25 dicembre, occorre effettuare un piccolo excursus astronomico.

Durante l’anno, da circa metà giugno in poi, il Sole sorge sempre più tardi, tramonta sempre prima e a mezzogiorno è sempre più in basso nel cielo, fino a raggiungere il minimo a metà dicembre circa. Poi avviene l’inverso, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina ai poli, fino al successivo giugno, quando il ciclo riprende identico.

Il solstizio (da sol, “sole”, e sistere, “fermarsi”) è quindi un momento preciso nel tempo: l’istante in cui il Sole raggiunge, a mezzogiorno, la sua posizione più bassa (solstizio d’inverno) o più alta (solstizio d’estate) nel nostro emisfero (nell’emisfero australe è il contrario).

Il solstizio invernale era, per l’antico mondo contadino, un giorno molto importante perché è il giorno nel quale sembra finalmente che il sole “si stia riprendendo” per rimanere più a lungo in cielo ad illuminare i campi, visto che le ormai troppo poche ore di luce sembrano sul punto di uccidere alberi e piante e la natura sembra deperire, minacciando carestia e morte.

 

Saturnali e Sol Invictus: la notte in cui il Sole vince sulle tenebre

Ai tempi della nascita di Gesù, il solstizio d’inverno cadeva intorno al 25 dicembre, giorno della festa del “Dies Natalis Solis Invicti” (giorno di nascita del Sole imbattuto), festa istituita quasi sicuramente nel 274 d.C. dall’imperatore Lucio Domizio Aureliano. Era la celebrazione del Sole che, lottando contro le tenebre, le quali tentano di non farlo più riemergere a est, ne esce vincitore.

Anche i Saturnali, feste che esprimevano un senso di eguaglianza e di fratellanza umana, cadevano in questo periodo di dicembre, terminando il 23, cioè: proprio in vicinanza del solstizio d’inverno al tempo dell’impero. Queste feste avevano inizio con grandi banchetti e sacrifici agli dei e i partecipanti usavano scambiarsi l’augurio accompagnato da piccoli doni simbolici, detti “strenne”, ovvero doni di carattere religioso consistenti in un ramoscello colto nel boschetto che circondava il tempio della dea Strenia (di origine sabina), sulla Via Sacra a Roma.

Epifanio di Salamina (Contro le eresie, 51,22,8-11) racconta che in Egitto e in Siria i pagani si ritiravano nei santuari, emergendo a mezzanotte per annunciare la nascita del Sole, rappresentato come un bambino nato da una vergine. Il dio Aion, Aἰών, il Tempo inteso come entità trascendente ed eterna, generato dalla vergine fanciulla Kore, Κόρη, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell’eterno ritorno.

Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Maiuma, in “Patrologia Graeca” 38,464. che ancora menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.

 

Gesù e il sole vittorioso

Fin dagli albori del cristianesimo le chiese cristiane, dove era possibile, furono orientate con l’abside a Oriente che è il luogo da dove sorge il sole. La presenza di affreschi Cristo Pantocratore nell’abside delle prime chiese rafforzerebbe l’identificazione del Risorto con il Sole.

L’utilizzo del sole come simbolo cristologico è durato nei secoli sino a oggi. Il monogramma IHS, sormontato da una croce, e posto dentro una razza fiammante è uno dei più comuni cristogrammi. Gli ostensori, che avevano inizialmente una forma di teca, hanno per lo più la forma di disco solare.

Nel XII secolo, riferisce Jacob bar Salibi, conosciuto come Dioniso bar Salibi, che:

“Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la ‘vera’ Natività doveva essere proclamata in quel giorno”

Pertanto la data che solennizzava il sol invictus doveva essere il giorno per celebrare la Natività. Non si tratta di un caso eccezionale di sincretismo: piuttosto che eliminare del tutto i culti locali, la Chiesa cercò di reinterpretarli in chiave cristiana, trasformando luoghi di culto, simboli e festività preesistenti in espressioni della nuova fede, basti osservare con attenzione le celebrazioni mariane o di santi patroni locali, con i relativi particolari attributi protettivi, salvifici, terapeutici o taumaturgici per riconoscervi l’avvenuta conversione di antiche feste locali, legate a divinità della natura o della fertilità.

 

Natale deve essere il 25 dicembre?

In definitiva, il Natale non è prigioniero di una stagione, né inchiodato a un secolo. È un tempo sospeso, che torna ogni anno per ricordarci la possibilità di rinascere. Non importa se quella notte faceva freddo, se il cielo era limpido o nevicava sui monti. Conta che, da allora, ogni notte può essere la notte di Betlemme, ogni alba, un canto di speranza. Il Natale non accade in una data. Accade in ogni istante in cui l’amore nasce nel silenzio.

 

Riccardo Agresti

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