Oggi, 18 ottobre 2025, l’Aula Magna del Liceo Scientifico Statale di Bracciano “Ignazio Vian” ha ospitato un incontro dedicato alla memoria di Peppino Impastato, figura simbolo della lotta contro la mafia.
Ospite d’onore è stato suo fratello, Giovanni Impastato, tra le voci più attive in Italia nella difesa della legalità e della memoria. Alla conferenza hanno partecipato la dirigente del liceo, Lucia Lolli, promotrice dell’evento, il sindaco di Bracciano Marco Crocicchi, il comandante della stazione dei Carabinieri, una delegazione dell’associazione Libera di Ladispoli, l’ex prefetto di Roma Filippo Curcuruto – che ha lavorato alla normativa antimafia al fianco di Giovanni Falcone – e una rappresentanza di studenti del Liceo Pertini di Ladispoli e dell’Istituto Superiore di Bassano.
Un incontro che ha ribadito l’importanza della collaborazione tra Stato e cittadini nella lotta contro la mafia.
La storia di Peppino Impastato è stata raccontata con chiarezza e lucidità dallo sguardo di suo fratello Giovanni, che ha descritto la loro infanzia e il modo in cui la mafia ha segnato le loro vite. Ripercorrendo i ricordi giovanili, è stato tracciato anche il quadro storico e politico dell’Italia tra gli anni Sessanta e Settanta.
Anni travagliati non solo dal terrorismo politico, ma segnati anche da profondi cambiamenti sociali: con la guerra del Vietnam sullo sfondo, si diffusero movimenti pacifisti e presero voce figure intellettuali come Pasolini, Moravia e Sciascia, critiche verso il potere e le ingiustizie. In quel contesto, le mafie si rafforzarono e si spostarono dalle campagne verso le città, infiltrandosi nella politica e nell’economia.
Un episodio decisivo nella vita di Peppino e Giovanni fu la figura di Cesare Manzella, boss di Cosa Nostra e zio della famiglia Impastato. A causa dei legami mafiosi del padre Luigi, la loro casa era spesso perquisita dalle forze dell’ordine e per questo i due fratelli furono affidati proprio a Manzella per un periodo della loro infanzia.
Cresciuti in un ambiente dominato dal silenzio e dalla paura, i due fratelli compresero presto la brutalità della mafia. Il 26 aprile 1963 Manzella fu ucciso in un attentato mafioso: quel giorno segnò una svolta. Di fronte all’orrore di quella morte, Peppino disse la frase che avrebbe guidato tutta la sua vita: «Se questa è la mafia, allora per tutta la vita mi batterò contro». Ed è ciò che fece. Nel 1965 fondò il giornale “L’Idea Socialista” e poi la radio libera “Radio Aut”, con cui denunciava pubblicamente i boss mafiosi del territorio.
Le sue denunce lo resero una figura scomoda non solo per la mafia, ma anche per suo padre Luigi, ancora legato a Cosa Nostra, che finì per allontanarlo da casa. Peppino però non si arrese e continuò il suo impegno politico e civile insieme a un gruppo di compagni, scegliendo di opporsi apertamente alla mafia e all’omertà.
Nel dialogo con gli studenti, Giovanni Impastato ha restituito l’immagine di un uomo coraggioso e libero, capace di ribellarsi alla cultura mafiosa nella quale era nato e cresciuto. Peppino ebbe la forza di scegliere da che parte stare, definendo la mafia con parole inequivocabili: «una montagna di merda».
Giovanni ha spiegato che oggi la mafia è diventata più subdola: non si presenta più solo con la violenza, ma assume sempre più i tratti di una “borghesia mafiosa”, capace di infiltrarsi nelle istituzioni e nell’economia, corrompendo invece di sparare.
Ma, come ha ricordato Giovanni, la mafia non è invincibile. Non si combatte con la violenza, ma con la cultura, la memoria e l’impegno civile. Solo costruendo una coscienza collettiva e unendo le forze di cittadini, scuole e istituzioni è possibile sconfiggere questo fenomeno.
La storia di Peppino Impastato dimostra che la mafia non è un destino inevitabile. Come ha ricordato Giovanni, la lotta contro ogni forma di criminalità organizzata richiede un impegno della comunità sociale. È solo attraverso la cultura, la partecipazione civile e il coraggio di scegliere da che parte stare che si può costruire una società libera e giusta, fondata sul rispetto della legalità e della dignità umana.
La memoria non è un semplice esercizio del passato: è uno strumento di libertà per il presente e una responsabilità verso il futuro.
Simona Siciliano








