5 Dicembre, 2025
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Astensione alle regionali: il silenzio di metà elettorato

Alle ultime elezioni regionali, sia nelle Marche sia in Valle d’Aosta, ancora una volta, il dato che più preoccupa è l’alta percentuale di astensione. In quest’ultima tornata elettorale, mentre nella più piccola regione d’Italia sono andati a votare un buon (di questi tempi) 62,98%, nelle Marche, sicuramente più al centro dell’interesse politico nazionale, dove si sono spesi tutti i leader dei maggiori partiti, sono andati a votare il 50,1% degli aventi diritto al voto, mi piace chiamarli così perché è un’espressione che, meglio di ogni altra, indica l’idea di cosa si sono persi gli altri 49,9%: l’esercizio di un diritto che, più di ogni altro, è stato conquistato molti anni fa con il sacrificio di molti cittadini.

Qualcuno dirà che è meglio essere liberi di non votare piuttosto che non essere liberi di farlo, questo è anche vero ma quando la metà dei cittadini decide di non recarsi alle urne la differenza tra le due cose si assottiglia sempre di più, perché i programmi della coalizione vincente fanno riferimento a una platea sempre più limitata di cittadini, per poi rivolgersi, nelle scelte, nell’azione del fare quotidiano, alla stragrande maggioranza di cittadini che non l’hanno votata.

Le domande sul perché esiste questa disaffezione nei confronti del dovere civico del voto, del perché si sia scesi dal 59,74% (già molto basso) delle precedenti elezioni regionali del 2020 nelle Marche, al 51,1% di oggi, sul perché più di 120.000 persone abbiano ulteriormente deciso di rinunciare a quello che dovrebbe essere un obbligo morale, rendono ancora più complicata qualsiasi risposta.

difficoltà di capire nasce dal fatto che ognuno ha la pessima abitudine di veder proiettate nell’astensionismo, le proprie ragioni. C’è chi sostiene che la gente non va a votare perché delusa dall’atteggiamento radical chic di una sinistra che ha abbandonato le periferie e gli ultimi, oppure ci sono quelli che pensano che i cittadini non si fidano più tutta la classe politica, di destra e di sinistra, poi ci sono quelli che sono sicuri che moltissimi non vanno più a votare perché avendo raggiunto un buon livello economico e sociale non hanno più bisogno della politica.

Forse molto più semplice è analizzare i numeri delle elezioni regionali. Mentre nelle elezioni regionali della Valle d’Aosta, l’Union Valdotaine e i suoi alleati (Partito Democratico e Autonomisti di Centro) hanno preso il 54% dei voti contro un centro destra che si è fermato sotto il 30% (una percentuale inferiore alla percentuale della sola Union Valdotaine 31,97%), la vittoria della coalizione di destra nelle Marche è stata piuttosto netta: 52,4 % rispetto al 44,4% del campo progressista e il Pd con il suo 22, 5% non è più il primo partito, superato nettamente da Fratelli d’Italia con il 27,4%.

Sono numeri che danno l’impressione che la coalizione di centro destra viaggia molto più unita, senza esprimere pubblicamente quelle divisioni che sappiamo esistono da sempre, la conseguenza di questo andare uniti è che tutti i loro elettori appoggiano senza dubbi la coalizione,  mentre per quanto riguarda la coalizione di centro sinistra, si ha sempre l’impressione che, anche quando riesce a trovare un accordo fra tutte le forze politiche che la compongono, condizione necessaria per avere una speranza di vittoria, poi non riesce ad avere il totale consenso da parte dei cittadini che si sentono vicini ai singoli partiti. È una sensazione che si ha persino quando si vince.

Credo che l’unica risposta da dare, ricordando che le coalizioni progressiste, in questo paese sanno anche vincere, come hanno fatto anche ultimamente (contemporaneamente anche in Valle d’Aosta) sia continuare sulla strada dell’imprescindibile unione delle forze progressiste. Dare al Paese una prospettiva credibile, presentarsi con un progetto alternativo a questa destra di governo, soprattutto abituare l’elettore d’area alla convivenza di forze politiche e candidati, diversi tra loro (altrimenti sarebbero tutti in un unico partito) ma uniti in un progetto comune, con sensibilità, valori e principi, condivisi, molto distanti da questa destra. Non si può andare a manifestare il proprio sdegno di fronte alle ingiustizie sociali, agli orrori della guerra o alla strage d’innocenti e poi rimanere a casa perché non si trova un partito, una coalizione, perfettamente in linea con il proprio pensiero politico.

Lorenzo Avincola redattore de L’agone

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