5 Dicembre, 2025
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12 Dov’è il comunismo? (il mio viaggio in Cina)

Durante il mio viaggio in Cina, mi aspettavo di trovare ovunque simboli del potere, bandiere sventolanti, monumenti celebrativi, slogan roboanti. In fondo, si tratta di un regime totalitario, e in molti paesi simili l’autocelebrazione è parte integrante del paesaggio urbano. Eppure, la realtà mi ha sorpreso: i riferimenti visibili al potere sono pochi, discreti, quasi nascosti. Le bandiere davanti ai palazzi governativi sono rare, e anche le scritte ufficiali sembrano preferire toni pacifici.

La bandiera

La bandiera cinese fu disegnata da Zeng Liansong nel 1949: il rosso simboleggia la rivoluzione comunista e la tradizione Han, la grande stella gialla rappresenta il Partito Comunista, le quattro stelle minori indicano, secondo l’interpretazione ufficiale, le classi sociali: operai, contadini, studenti e soldati. Secondo Zeng, invece, rappresentano lavoratori, contadini, piccola borghesia e borghesia nazionale.

Il socialismo con caratteristiche cinesi

Ma al di là dei simboli, ciò che resta del comunismo cinese è soprattutto il nome del partito al governo. La Cina di oggi è definita come “socialismo con caratteristiche cinesi”, introdotto da Deng Xiaoping negli anni ’80, ha permesso la liberalizzazione dell’economia mantenendo il controllo politico ed ha trasformato la Cina nella seconda economia mondiale per PIL nominale. È una formula che unisce economia di mercato e partito unico. Un equilibrio che può sembrare contraddittorio, ma che ha permesso al Paese di crescere a ritmi vertiginosi. Deng Xiaoping, con la sua celebre frase: “Non importa se il gatto è nero o bianco, purché prenda i topi”, ha incarnato una visione pragmatica, lontana dalle rigidità ideologiche di Mao Zedong. Quest’ultimo, pur essendo anche poeta, ha lasciato un’eredità tragica: milioni di morti causati da politiche radicali, come la Rivoluzione Culturale, che puniva chi osava pensare, studiare, dissentire. La Rivoluzione Culturale, avviata nel 1966 da Mao Zedong, mirava a “purificare” la società da elementi borghesi e controrivoluzionari, ma ha causato la morte di milioni di persone e la distruzione di patrimoni culturali.

Oggi, la Cina è un Paese che corre, ma non tutti corrono alla stessa velocità. L’assistenza sanitaria, pur essendo universale e coprendo circa il 95% della popolazione, è un sistema misto, con spese personali elevate e forti disuguaglianze regionali. Si raccontano storie dolorose, come quella di genitori malati che rinunciano alle cure e si lasciano morire, per non gravare economicamente sui figli. In particolare le cure oncologiche e specialistiche possono essere molto costose e le aree rurali soffrono di accesso limitato e servizi meno sviluppati.

Questa realtà mi ha fatto riflettere. Avevo un’altra idea di cosa fosse il comunismo, e non posso che essere grato per il sistema sanitario italiano, nato anche grazie a figure come Tina Anselmi, partigiana e ministra, che ha reso l’assistenza medica gratuita e accessibile a tutti.

Il potere che non si mostra

In Cina, le scritte tradotte in inglese parlano di pace e fratellanza. Non sono slogan di potere, ma inviti alla convivenza. Come quello che ho letto vicino alla Grande Muraglia: un messaggio semplice, ma potente — non costruite più muri come confini.

E forse è proprio questo il paradosso più affascinante della Cina: un Paese dove il potere è ovunque, ma raramente si mostra. Dove il controllo è saldo, ma il messaggio è gentile. Dove il passato pesa, ma il futuro corre.

Qualche traccia del comunismo è tuttavia rimasta. Ho scoperto che in Cina la terra non si possiede, ma si abita. Una sottile differenza che racconta molto della filosofia del Paese. La proprietà privata esiste, sì, ma non include il suolo: il terreno rimane di proprietà statale o collettiva, e i cittadini possono acquistare diritti d’uso per un periodo di 70 anni (residenziale), 50 anni (industriale) o 40 anni (commerciale). I diritti d’uso possono essere venduti, affittati o trasferiti e alla scadenza, è possibile richiedere il rinnovo, ma le politiche variano. Le case costruite su questi terreni sono di proprietà privata, ma poggiano su suolo pubblico. Attraversando enormi distese coltivate, ho visto serre, alberi da frutto, campi di cereali, ogni pezzetto di terra utilizzato, senza zone incolte. Se almeno il 70% del terreno è destinato alla coltivazione di cereali, l’affitto non è dovuto. Tuttavia, il prezzo di vendita di riso e frumento è regolato dallo Stato, mantenuto basso per garantire l’accessibilità.

Religioni

Nei campi ho notato piccole collinette adornate da fiori e nastri: sono le tombe dei defunti non cremati. In Cina, la cremazione è la norma, anche per i cittadini residenti all’estero. I cimiteri tradizionali sono rari e raccolgono solo le ceneri, in urne custodite con rispetto.

Il governo tollera tutte le religioni, ma promuove l’ateismo e nelle scuole si insegna il materialismo storico, scoraggiando l’affiliazione religiosa tra i minori. In ogni caso il culto familiare è più sentito della religione.

Il Grande balzo in avanti e la morte dei passerottini

Durante il “Grande balzo in avanti” (1958–1962), Mao Zedong lanciò la campagna delle Quattro Piaghe, che prevedeva l’eliminazione di ratti, mosche, zanzare e passeri. Quest’ultima misura, pensata per proteggere le semine, causò un grave squilibrio ecologico: senza passeri, gli insetti proliferarono, danneggiando i raccolti e contribuendo alla Grande carestia cinese, che provocò tra i 15 e i 55 milioni di morti. Carestia causata dalla proliferazione delle cavallette dovuta dalla strage dei passeri. La campagna fu interrotta nel 1960, sostituendo i passeri con le cimici.

Avendo intravisto pochissimi simpatici passerottini, discendenti della strage, ho pensato alla insensatezza delle politiche ambientali non ponderate o negazioniste.

Nel cielo ho osservato solo qualche anatra in volo, almeno nella vasta parte pianeggiante. I cani sono vietati in molte zone urbane, e i marciapiedi sono pulitissimi, percorsi solo da qualche gatto sornione. Alcune razze canine sono proibite, e gli animali domestici possono uscire solo in spazi pubblici designati. La curiosità è stata vedere la pesca con i cormorani: i poveri uccelli vengono lasciati liberi di tuffarsi e pescare, ma, una volta tornati sulla barca perché legati ad una corda, il pescatore li costringe, stringendone la gola, a “vomitare” i pesci ancora interi che l’uccello ha catturato.

La vita lavorativa

In Cina, l’età pensionabile varia: 50 o 55 anni per le donne, 60 per gli uomini. Un riconoscimento del carico familiare femminile. Tuttavia, dal 2025, il governo ha avviato una riforma graduale per innalzare l’età pensionabile. Entro il 2040, gli uomini andranno in pensione a 63 anni, le donne a 55 o 58.

Nei parchi, ho visto anziani danzare, praticare Tai Chi, giocare a dama o semplicemente passeggiare. Molti si occupano dei nipoti, accompagnandoli nei musei o nei centri culturali, gratuiti per loro.

La giornata lavorativa è generalmente dalle 8:00 alle 17:00, con weekend libero. Le ferie sono 5 giorni, che diventano 10 dopo 10 anni e 15 oltre i 20 anni. Se pensate che i cinesi non si concedano pause, sappiate che dormire dopo pranzo è socialmente accettato, anche negli uffici pubblici, anzi il riposo post-pranzo è considerato salutare. Questo è il motivo per cui si vedono persone dormire nei parchi, nei negozi o in ufficio: la cultura del lavoro è disciplinata, ma non priva di umanità

In Cina, la terra non si possiede, ma si coltiva. Il tempo non si rincorre, ma si danza. Anche il potere, il dolore e la memoria si intrecciano in un equilibrio che sorprende, che ha lasciato dolore, ma anche una attenzione ignota in Occidente. Il viaggio continua, e ogni passo è una rivelazione.

Riccardo Agresti

 

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