Ci sono delle date che restano scolpite nella memoria e ogni volta che arriva puntuale l’anniversario, proprio per l’importanza dell’ evento, ci si chiede spesso: dove eravamo quando è successo? Che cosa stavamo facendo? Non sempre riusciamo a ricordarlo.
Nel caso della strage di via Amelio, avvenuta il 19 luglio del 1992, in cui persero la vita, bel trentatré anni fa, il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, il pensiero tende a rivolgersi all’ altra strage di mafia, quella del 23 maggio dello stesso anno, in cui furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della scorta, avvenuta cinquantotto giorni prima.
Come logica conseguenza, la stessa cosa accade quando arriva l’ anniversario della strage avvenuta a Capaci: il pensiero si rivolge direttamente a cinquantotto giorni dopo. Questi due monumenti della lotta alla mafia sono ormai indissolubili, si fondono in nome del coraggio di una vita dedicata al trionfo della giustizia e alla faticosa ricerca della legalità, lo dicono le tante strade e piazze dedicate a entrambi, i tanti murales che li vedono insieme, i tanti libri e film che li hanno ricordati.
Le immagini terribili di quello che la mafia è riuscita a fare per eliminarli scorrono nella nostra mente confondendosi, eppure sono così diverse, girate in luoghi che non si somigliano, anche se non distanti, così com’erano loro nella vita.
Sono riusciti a eliminarli fisicamente ma se dopo trentatré anni, un popolo intero è ancora impegnato a ricordare il sacrificio, oggi di Paolo Borsellino, poco più di un mese fa, di Giovanni Falcone, vuole dire che, nell’immaginario collettivo, osservare i veri eroi aiuta ad avere una maggiore sensibilità verso ogni forma d’ ingiustizia, e tornano a risuonare i famosi versi di una vecchia canzone di Francesco Guccini: “…ma nella fantasia ho l’ immagine tua: gli eroi sono tutti giovani e belli”
Lorenzo Avincola


