Giovedì 12 giugno, presso la libreria Mondadori Point di Manziana, si è tenuta la partecipatissima presentazione del nuovo romanzo di Giulia Caminito, Il male che non c’è. L’incontro è stato introdotto e condotto da Eleonora Brini, ex assessora alla Cultura del Comune di Manziana, attuale libraia Mondadori e responsabile dell’Ufficio Stampa Editoriale.
A impreziosire l’evento, la presenza di figure di spicco del panorama culturale nazionale e locale: Giovanni Solimine, professore ordinario di Biblioteconomia e Culture del libro, presidente della Fondazione Bellonci – Premio Strega, Emanuele Rallo, sindaco di Oriolo Romano, e Maria Angela Mecca, presidente dell’associazione culturale Crescere con i libri. Hanno inoltre partecipato i gruppi di lettura di Trevignano (rappresentato da Stefania Di Michele), di Bracciano (con Luigia Luisa De Michele), e di Oriolo Romano (Valeria e Francesco per Crescere con i libri), contribuendo con entusiasmo alla vivacità dell’incontro.
Ad aprire la presentazione è stato Giovanni Solimine, con parole affettuose:“Provo un grande piacere a essere qui perché Giulia la conosco da 35 anni e l’ho vista crescere come scrittrice. L’acqua del lago non è mai dolce ha rappresentato per lei una svolta importante: l’ha portata nella cinquina del Premio Strega 2021, segnando il suo ingresso tra le voci più originali e interessanti della letteratura italiana contemporanea.”
Eleonora Brini ha ricordato il percorso dell’autrice:
“Giulia è una talentuosa scrittrice under 40” – “Per poco”, aggiunge divertita Caminito, suscitando risate tra il pubblico – “che ha fatto moltissima strada. Dal suo esordio nel 2017 con La grande A (Giunti), passando per La ballerina e il marinaio (Orecchio Acerbo), Un giorno verrà e naturalmente L’acqua del lago non è mai dolce, fino a questo nuovo romanzo, che presentiamo oggi con grande gioia.”
Silvia Aprile, intervenuta durante la serata, ha sottolineato la profondità della narrazione: “Il male che non c’è non si smentisce. È un romanzo potente. Caminito riesce a descrivere la precarietà esistenziale dei millennial con una precisione spiazzante. Loris, il protagonista, mi ha ricordato Jo di Piccole donne: un caso?”
L’autrice risponde sorridendo:“Il parallelismo non è casuale. Jo March e Loris (o Lorens) sono come due facce della stessa medaglia. Loris, però, è anche una copia imperfetta, contaminata, e molto vicina a mia madre che ha sempre amato Piccole donne.”
Caminito ha raccontato l’origine del personaggio Catastrofe, alter-ego psico-fantastico di Loris, rivelando l’influenza di un suo racconto del 2016: “In quella storia, una donna malata sentiva rumori da un armadio. Dentro trovava una bambina: la malattia prendeva corpo. È da lì che ho iniziato a raccontare queste presenze fantastiche come manifestazioni psicologiche interiori. Catastrofe è la materializzazione dell’ipocondria di Loris, la sua unica compagna quando tutto il resto crolla.” L’autrice ha spiegato come la patologia psicologica sia spesso un peso invisibile:
“L’ipocondria, l’ansia, la depressione diventano compagnie invasive. E la scrittura di Loris nasce da una vera patologia: l’iperlessia. Una donna me ne parlò a una cena. Da bambina leggeva compulsivamente ogni cosa scritta, al punto da non riuscire a vivere normalmente. Quella storia mi ha ispirato.”
Una delle riflessioni più intense è stata quella sullo scontro generazionale: “Molti miei coetanei capiscono Loris e la sua paralisi esistenziale. Ma lettori più grandi spesso non comprendono il perché del suo blocco. Si chiedono perché non reagisca. Ma per noi, cresciuti in un mondo instabile e senza garanzie, la precarietà non è solo economica: è esistenziale.”
Sollecitata dalle domande di Eleonora Brini e del pubblico, Giulia Caminito ha condiviso momenti toccanti del proprio vissuto, ha raccontato di suo nonno, della sua vita sul lago di Bracciano, della sua capacità di adattarsi: “è stato lui ad ispirare Tempesta, figura concreta e affettuosa dell’infanzia di Loris. La sua morte rappresenta per Loris una frattura. Senza di lui, il personaggio perde il contatto con il proprio passato.” Con emozione, Caminito ha ricordato il ragazzo rumeno ospitato a casa loro dal nonno, Gelo, figura reale dietro il personaggio omonimo del romanzo.
“Volevo parlare di Santa Maria di Galeria, di Testa di Lepre. Sono luoghi dimenticati, attraversati da storie invisibili. Mio nonno mi portava lì da bambina: quella geografia è parte della mia identità.”
Alla domanda se scrivere il romanzo sia stato terapeutico, Caminito ha risposto con sincerità: “Sì, è stato terapeutico. Ma non l’ho scritto per guarire. Avevo già superato quel momento grazie alla psicanalisi. Il romanzo mi ha permesso di rielaborare e trasformare ricordi dolorosi in qualcosa di narrativamente forte e condivisibile.”
A conclusione dell’incontro, Eleonora Brini ha chiesto se Caminito scegliesse personalmente i titoli:
“Sì, sempre. Tranne La grande A, suggerito da Sandro Triulzi, uno studioso post coloniale a cui mi sono rivolta per la consulenza storica Ora sto lavorando a quello che sarà il terzo libro di una trilogia cominciata con L’acqua del lago non è mai dolce e proseguita con Il male che non c’è. Il titolo ce l’ho, ma non lo svelo. Per scaramanzia.”
L’autrice ha anche annunciato una nuova edizione collettiva di Amatissime, prevista per settembre, insieme ad altre cinque scrittrici. La sesta? Maria Bellonci.
L’evento si è chiuso con l’immancabile firmacopie, durante il quale la scrittrice ha potuto incontrare e dialogare con i suoi lettori più affezionati. Un momento intimo e corale che ha suggellato una serata intensa, in cui letteratura, esperienza personale e impegno civile si sono fusi in una narrazione potente, profondamente umana e generazionale.
La Redazione


