Domenica 8 giugno i seggi elettorali saranno aperti dalle ore 7 alle 23, mentre lunedì 9 giugno dalle ore 7 alle 15. Ricordiamo prima di tutto che si tratta di un diritto sancito dalla Costituzione e poi che la partecipazione alla vita democratica del Paese è anche un dovere, in difesa dei nostri valori ma anche della Libertà. I referendum popolari ci consentono di esprimere la nostra opinione su temi importanti, senza intermediazioni e senza delegare nessuno. Il risultato delle urne, se si raggiunge il quorum, è subito legge e la politica non può più discuterne. E’ fondamentale che vada a votare la metà degli aventi diritto più uno, altrimenti il referendum non avrà validità.
QUESITO 1 SI all’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Adesso, nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi, dopo un licenziamento illegittimo, non possono più rientrare nel loro posto di lavoro ma hanno diritto solo a un risarcimento economico.
QUESITO 2 SI alla cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. Oggi, in quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento. Questa è una condizione che tiene i dipendenti delle piccole imprese in uno stato di forte soggezione e ricatto.
QUESITO 3 SI all’abrogazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine, anche in somministrazione, per ridurre la piaga del precariato. Con il SI si disincentiva la precarietà, a favore di un lavoro più stabile.
QUESITO 4 SI a una maggiore sicurezza sul lavoro, abrogando le norme in essere per estendere la responsabilità dell’imprenditore committente, appaltante lavori o servizi, che ad oggi è esclusa, per i danni derivanti dagli infortuni sul lavoro subìti dai dipendenti dell’appaltatore e di ciascun subappaltatore. Nel nostro Paese ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro.
QUESITO 5 Sl alla modifica dell’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato da 5 a 10 anni il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia, necessario alla presentazione della domanda di concessione della cittadinanza italiana. Oggi oltre 1 milione e di cittadini sono di origine non comunitaria, di cui quasi 300mila minori. Tutte e tutti, arrivati o nati qui, crescono, abitano, studiano o lavorano nel nostro Paese.