Una storia rosso sangue tra ammirazione e possesso
«La donna è mobile», ma non per capriccio come vuole lasciar intendere il “Rigoletto” di Giuseppe Verdi. La figura della donna e il suo ruolo sociale muta sulla scia della Storia. Da figura angelica, inarrivabile e degna di ammirazione platonica, a oggetto da possedere, sanguigno e passionale; è questo l’intricato percorso che l’immagine della donna ha subito nei secoli e che ha spesso limitato la sua libertà. Nel Trecento, la corrente poetica del dolce stil novo ci descrive la donna come un essere angelicato, capace di infondere salvezza con un semplice saluto della mano e mediatrice tra uomo e Dio. Ma quali caratteristiche doveva avere la donna per essere paragonata ad un angelo? Anche a quei tempi esistevano dei canoni di bellezza: «erano i capei d’oro a l’aura sparsi», scrive Francesco Petrarca nel suo “Canzoniere”, e non è un caso che i capelli descritti siano del color dell’oro. La donna angelicata doveva essere bionda, con la pelle e gli occhi chiari, criteri di bellezza che oggi sono cambiati, ma che alla base conservano lo stesso ragionamento: se non rispecchi un determinato stereotipo, sei da denigrare ed emarginare. La donna-angelo era l’incarnazione delle virtù e l’uomo-cavaliere che si poneva al suo servizio d’amore, non poteva far altro che lodarla, ammirarla, obbedirle; solo così l’animo del cavaliere poteva elevarsi e avvicinarsi a Dio. Un amore da lontano e al cospetto della dama. Tuttavia, l’obbedienza alla Signora tanto decantata nei romanzi cavallereschi quanto nelle liriche trobadoriche, poesie d’amore del sud della Francia, sembra non aver trovato ascolto nel mondo reale dove alla donna è stato imposto di obbedire in silenzio a uomini tutt’altro che virtuosi. Uomini-padroni che hanno instaurato con la figura femminile un rapporto di potere, dove la forza fisica e il ricatto morale hanno messo a lungo a tacere la sua voce.
La donna per essere virtuosa doveva mantenere un certo comportamento in pubblico e adempiere a specifici compiti e mansioni che limitavano le sue aspirazioni. Fino all’Ottocento, possiamo vedere come alla donna dell’alta società non fosse concesso di uscire da sola perché avrebbe rischiato di diventare oggetto di scandalo. Per questa ragione, la necessità di una “chaperon” al suo fianco, un’accompagnatrice solitamente anziana a salvaguardia della sua rispettabilità. Una figura molto presente nella serie televisiva “Bridgerton” disponibile su Netflix, dove troviamo personaggi femminili che rispettano in maniera ligia e composta il ruolo che è stato loro imposto e altre giovani donne che, al contrario, cercano di trovare la loro strada, anche a costo di essere colpite dalla penna di Lady Whistledown con conseguente esclusione da parte dell’alta società. La donna nel corso dei secoli ha voluto sempre più reclamare e mostrare la sua indipendenza; allo stesso tempo, però, quel suo essere “salvifico” volto ad elevare e migliorare l’uomo, l’ha inevitabilmente portata a correre coi lupi. Uomini che credono di essere innamorati, ma che vedono nell’oggetto del desiderio una preda da cacciare, conquistare e possedere. Un amore rosso sangue che macchia molti romanzi manifestandosi nella forma più tragica e violenta. Basta pensare alla tragedia shakespeariana dell’Othello: «Perdonami, Desdemona! Ho ucciso il mio amore, un uomo che ha ucciso la sua anima», in cui assistiamo alla morte di Desdemona accusata ingiustamente dal marito di averlo tradito. Un gesto estremo che sembra limitarsi alle pagine di un libro, ma che purtroppo ancora oggi è fin troppo presente e frequente.
Aurora Milana
Redattrice L’agone


