27 Aprile, 2024
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Galleria Borghese e le opere di Rubens

A Galleria Borghese si conclude oggi la mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la cultura a Roma a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato. In questa cornice storica quale palazzo Borghese ci si immerge nei due piani dell’esposizione in cui troviamo la mostra nella mostra: la collezione privata di Scipione Borghese in cui c’è, come sappiamo, anche il triclinio con il ritratto di Paolina Borghese Bonaparte del Canova (sorella di Napoleone Bonaparte e moglie di Camillo Borghese) e oltre 50 opere di Pieter Paul Rubens (1577-1640) provenienti dai più importanti musei al mondo tra cui il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmusem di Amsterdam, per citare solo alcuni. Il pittore fiammingo è messo in relazione a Caravaggio, Tiziano, Bernini e l’arte scultorea romana, testimonia il ruolo di Rubens per l’arte Barocca e l’importanza della sua riflessione su naturale e copia. Interessantissimi e delizia per il visitatore i suoi studi, con carboncino e sanguigna su cartoncino, dell’anatomia umana e animale messi in relazione alle sculture di terracotta e di marmo di Gian Lorenzo Bernini. La mostra è una armonica e ricercata fusione tra le opere di Rubens e dipinti e sculture permanenti tra cui spiccano l’autoritratto in veste di Bacco (Bacchino malato), La madonna dei palafrenieri, il Davide con la testa Golia di Caravaggio; Amor Sacro e amor profano di Tiziano; Dama col liocorno di Raffaello; Il ratto di Proserpina,Apollo e Dafne, Enea, Anchise e Ascanio di Bernini (solo alcuni tra molti altri).

Per noi ha risposto ad alcune domande la dott.ssa Francesca Cappelletti direttrice della Galleria Borghese e professoressa ordinaria – attualmente in congedo – di Storia dell’Arte Moderna all’Università di Ferrara, dove fa parte del Comitato Scientifico del tecnopolo Teknehub e dei Comitati Scientifici dell’Istituto di Studi Rinascimentali e del MEIS (Museo dell’Ebraismo Italiano e della Shoah).

Prof.ssa Cappelletti quale è stato l’aspetto più interessante dell’aver organizzato l’esposizione?

«L’aspetto più interessante dell’organizzazione di questa mostra risiede nell’opportunità di esplorare approfonditamente il ruolo di Peter Paul Rubens nel contesto artistico del Seicento. La mostra fornisce un’occasione unica per analizzare dettagliatamente come Rubens abbia contribuito in modo significativo alla ridefinizione di concetti fondamentali come l’interpretazione dell’antico, la concezione del naturale e l’approccio all’imitazione artistica. L’attenzione dedicata al rapporto di Rubens con la cultura italiana e il suo impatto sulla scena artistica romana nel primo Seicento offre uno sguardo approfondito su un periodo cruciale della storia dell’arte. La mostra è stata così un crocevia di riflessioni sulla cosmopolita Roma del tempo e sul ruolo determinante che Rubens ha svolto nello sviluppo del linguaggio artistico europeo.

L’organizzazione di questa mostra ha costituito una preziosa occasione per gli studiosi di esplorare il modo in cui le intuizioni formali iconografiche di Rubens si sono diffuse e hanno influenzato il ricco e variegato panorama artistico romano degli anni Venti del Seicento».

L’esposizione si sviluppa attraverso parallelismi tra Rubens e altri artisti, ci parli di questo aspetto fulcro per la mostra.

«L’approccio centrato sui parallelismi tra Rubens e altri artisti rivela una serie di significative prospettive. Innanzitutto, consente di esplorare come il contesto culturale e artistico del Seicento fosse un terreno fertile per la circolazione e lo scambio di idee tra artisti provenienti da diverse tradizioni regionali. Inoltre, questo approccio consente di identificare le influenze reciproche e le interconnessioni tra Rubens e i suoi contemporanei. Sviluppandosi attraverso parallelismi tra Rubens e altri artisti, si evidenzia l’importante influenza che il pittore fiammingo ha avuto su una generazione di artisti italiani. La presenza in città di pittori e scultori che si erano formati come Rubens ad Anversa, come Van Dyck e Georg Petel, o che erano entrati in contatto con le sue opere nel corso della formazione come Duquesnoy o Sandrat, ha garantito l’accessibilità die suoi modelli a una generazione di artisti italiani. Questi artisti italiani, ormai abituati a confrontarsi con l’Antico alla luce dei contemporanei esempi pittorici e sulla base di un rinnovato studio della Natura, hanno assimilato e reinterpretato gli insegnamenti di Rubens. In particolare, la figura di Gian Lorenzo Bernini emerge come uno dei protagonisti di questa interazione culturale. I gruppi borghesiani di Bernini rileggono celebri statue antiche, come l’Apollo del Belvedere, conferendo loro movimento e traducendo in carne il marmo.

La mostra si propone di esplorare questo momento cruciale, sottolineando la centralità di Roma come luogo di studio dell’antico, dove si cominciarono a scoprire i capolavori della pittura. Attraverso gli occhi di Rubens, la mostra cerca di offrire una prospettiva privilegiata sull’esperienza dell’”altrove”, ossia la visione di un giovane pittore straniero immerso nella ricchezza culturale di Roma. Inoltre, ha offerto uno spunto per comprendere in modo più approfondito come gli artisti contemporanei, tra cui Bernini, abbiano recepito e rielaborato le innovazioni di Rubens nel loro lavoro, contribuendo così alla formazione del linguaggio artistico barocco».

Come nasce l’idea dell’esposizione temporanea nella cornice dell’esposizione permanente di Galleria Borghese?

«L’organizzazione della mostra “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma” all’interno della collezione permanente della Galleria Borghese è motivata dalla volontà di esplorare e approfondire il contesto artistico e culturale della collezione attraverso un punto focale su Peter Paul Rubens e il suo legame con Roma. Questa esposizione rappresenta una tappa significativa all’interno del più ampio progetto “RUBENS! La nascita di una pittura europea”, realizzato in collaborazione con la Fondazione Palazzo Te e il Palazzo Ducale di Mantova. Nel contesto della collezione permanente, l’obiettivo è evidenziare l’eccezionale contributo di Rubens nel ridefinire concetti quali antico, natura e imitazione. Peter Paul Rubens non si limitava a emulare meccanicamente le opere antiche, bensì le trasformava con un tocco distintivo. L’esposizione si propone di analizzare in dettaglio come Rubens, nel corso del suo soggiorno a Roma, conferisse vita e dinamicità alle opere antiche mediante la sua pittura vivace e la precisione dei suoi disegni, lasciando un’impronta duratura sulla cultura artistica del XVII secolo. L’obiettivo fondamentale della mostra consiste nell’instaurare un collegamento significativo e approfondito tra le opere permanenti custodite nella Galleria Borghese e l’incisiva esplorazione tematica offerta dall’esposizione dedicata a Rubens».

Marzia Onorato
Redattrice L’agone

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