26 Aprile, 2024
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Paure antiche, perplessità moderne. E dati sempre più inquietanti

Statistiche più che preoccupanti per un popolo che non si sente protetto

 Prendo le mosse da alcuni articoli rimbalzati qualche giorno fa sui media: sembra che da autorevoli sondaggi, due italiani su tre non si sentono protetti. L’odierna riflessione mutua dalla genesi delle paure più ricorrenti: un italiano su quattro non si sente sicuro a casa sua, il 26% teme di subirvi un furto, il 17% di essere aggredito, l’11% lo scippo. Mentre l’integrità fisica resta tra le preoccupazioni preminenti, il 10% degli intervistati si è detto spaventato dal furto dei dati personali in internet e il 7% dalle truffe. Solo il 4,8% teme di essere vittima di violenza sessuale. Si potrebbe assumere che il tormento per il possesso predomini sulla decenza, dunque.

Obiettivo sopravvivenza

La sopravvivenza è lo scopo primario dell’esistenza, a cui rispondiamo generalmente in maniera inconscia, ed è strettamente legata al senso di sicurezza.

Gran parte dei nostri timori discende da paure ancestrali che hanno la funzione di proteggerci dalle minacce. Sono inquietudini antiche che avvertiamo fin dalla nascita, mantenute di generazione in generazione, campanelli d’allarme che inducono alla cautela e consentono la conservazione; la più arcaica matrice di ogni angoscia è quella per l’ignoto.

Parrebbe, però, che quel meccanismo innato di difesa sia diventato un prodotto dell’ambiente e del progresso. Talvolta usato dal potere che usa la paura come strumento di controllo.

Bisogno di aggregazione

La condizione di immanenza dell’uomo, lo rende bisognoso di aggregazione per poter vincere quel senso di insicurezza atavico ma determinati periodi della storia rendono particolarmente intensi quei sentimenti di sgomento e rendono l’esperienza esistenziale difficile. Se antropologicamente l’uomo si è costituito comunità per avere certezze e difese, dunque, può accadere che la prossimità e il contatto con l’altro diventino motivo di profonda insicurezza e timori.  Viviamo giorni difficili, certo, in cui aumenta il senso di insicurezza, accresce la paura e di conseguenza la sfiducia, la rabbia, e l’ansia che ci portano a essere sempre più soli, cercando disperatamente rifugio nelle cose.

Vivere di incertezze

Allertati da fonti plurime di pericoli, viviamo con incertezza sentimenti e relazioni affettive. Nella paura dell’altro trionfa l’egoismo, la comunicazione viene percepita come minaccia e spaventa, l’altro scatena soggezione e impedisce la comprensione e la condivisione. In queste condizioni, il sistema neuropsichico assume l’assetto di difesa e il aumenta il rischio di perdere il contatto con se stessi e la propria parte più umana. Così possiamo arrivare ad avere più paura di essere derubati che violentati, temere ciò che non dovremmo e non quello che sarebbe opportuno.

Recuperare la parte umana

Credo che oggi più che mai sia necessario recuperare la nostra parte umana per gestire l’insicurezza di un mondo che conosciamo sempre più virtualmente che realmente. Prendere atto della propria fragilità e legarla a quella dell’altro potrà farci recuperare il senso umano con cui vincere le paure, perché due paure possono diventare forza. Per dirla con le parole di Dante, nel canto 9 dell’Inferno: “Volgiti in dietro e tien lo viso chiuso; chè se il Gorgon si mostra e tu l’vedessi, nulla sarebbe del tornar mai uso”.

Gianluca Di Pietrantonio

Criminologo forense

 

 

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