26 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

L’ingestibile pulsione degli istinti. Prendere o lasciare

Il “fattaccio” di Ladispoli innesca un ragionamento sull’uomo

Il concerto di Cristina D’avena, interprete delle sigle dei più celebri cartoni animati dell’ultimo trentennio, tenuto pochi giorni fa a Ladispoli in una sera di fine estate, è stato teatro dell’ennesimo atto di insolenza civile che costringe a riflettere: un uomo, denudatosi i genitali, ha iniziato a importunare una serie di ragazze presenti, strusciandosi a loro col favor della calca. L’intervento della polizia, che lo ha denunciato per violenza sessuale, lo ha salvato dal linciaggio dei presenti indignati. Questo è il fatto, che al di là di ogni istintiva reazione emotiva suscitabile, deve provare a passare attraverso il filtro dell’analisi nel tentativo di dargli, seppur mai una giustificazione, comunque una decifrazione non tanto degli effetti quanto delle cause.

Il labirinto degli istinti

Per farlo, bisogna addentrarsi nel labirinto degli istinti, quel dedalo di spinte all’azione, indipendenti dall’intelligenza in quanto congenite agli impulsi naturali e alle inclinazioni innate. Tendenza biologica ispirata alla conservazione e alla riproduzione, gli istinti connaturano anche l’essere umano, che seppur nel gradino più alto della scala evolutiva, fa parte del regno animale. Integrati dalla personalità, dalle aspettative e dalle imposizioni delle norme sociali, gli istinti costituiscono il comportamento umano, la cui decifrazione è molto più complessa di quanto si possa immaginare; sicuramente influenzata dal contesto sociale e culturale di riferimento, ogni condotta si consolida o si estingue a secondo del rinforzo positivo o negativo che ottiene.

La motivazione

Alla base dell’agire umano vi è la motivazione, certamente più articolata e complessa di quella del restante mondo animale: le motrici del comportamento umano non si ispirano soltanto a conservarsi (mangiare e difendersi) e riprodursi, dunque, ma spesso anche al conseguimento del piacere, meta inusitata delle finalizzazioni animali.

Questa, in una semplicistica sintetizzazione, è la teoria complessa delle predisposizioni psico biologiche dell’essere umano; se volessimo riportarle al caso di specie, capiremmo immediatamente che non si ravvede alcuna finalità biologica nel biasimevole gesto del nostro protagonista di cronaca. Lo scandaglio delle ipotesi potrebbe passare dallo sconfinato mondo delle parafilie, ovvero quelle anomalie psichiche nella ricerca del piacere e della soddisfazione degli istinti sessuali che, in soldoni, spingono l’individuo al conseguimento del piacere sostituendo l’accoppiamento sessuale con pratiche di altro tipo.

Il “frotterismo”

Qualora ontogeniche del caso in esame, lo ricondurrebbero al “frotterismo”, una pratica sessuale che consiste nello sfregamento delle parti genitali sul corpo di uno o più partner, anche non consenzienti, finalizzato al raggiungimento dell’orgasmo. Studiate e analizzate a metà ‘800 dal medico legale tedesco Von Krafft Ebing nel suo famoso trattato “Psychopathia Sexualis” che le emancipò dalla definizione di ‘perversione’ per conferirgli dignità scientifica, le parafilie classificate attualmente sono oltre trecento.

Senza passare necessariamente dal disturbo psichico, però (vi è disturbo parafiliaco quando la modalità anomala è l’unica capace di condurre l’individuo al raggiungimento del piacere), per dare un senso all’ignominia di taluni atteggiamenti, va considerato l’accesso alla sessualità dei tempi moderni, gravemente modificato dall’allentamento della morale ma soprattutto dall’accesso alla rete. Il sesso sempre più svincolato dai suoi caratteri biologici e di affettività, a cui è possibile accedere nelle abominevoli declinazioni della pornografia a età sempre più precoci, grazie all’uso incontrollato degli smartphone. Ciò può portare, in parte, alla disvalorizzazione del suo carattere istintivo, che può passare attraverso l’anestetizzazione degli impulsi fino alla sua strumentalizzazione per biechi obiettivi, tra cui la rivalsa narcisistica. Anche per questi aspetti, bisognerebbe avviare una seria trasformazione culturale di in-formazione partendo dalla scuola, ma anche dai ceppi familiari perché possano crescere sempre meno bestie e più uomini.
Gianluca Di Pietrantonio
criminologo forense

Ultimi articoli