24 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

Breve analisi sulla fragile Unità dell’Italia

La pandemia Covid, che ha travolto la nostra nazione, ha messo in evidenza una serie di sostanziali differenze che insistono tra le varie regioni. L’inizio del processo di unificazione politico/amministrativo iniziò nel 1861, per proseguire con la proclamazione della Repubblica del 1946 e il varo della Costituzione del 1947 che sanciva la divisione dei compiti tra Stato e Regioni. Si rimanda a una attenta lettura della Costituzione per capire la sottile linea di demarcazione tra le due istituzioni, per cui nel 2001 il governo Berlusconi II, composto da Fi-An-Udc-Lega Nord, ha trovato facile il modificare il titolo V della Costituzione, che trasferiva molti poteri dallo stato centrale alle regioni, dando di fatto piena attuazione all’articolo 5 della Costituzione che riconosce le autonomie locali quali enti esponenziali preesistenti alla formazione della Repubblica, veniva in sostanza trasformato il nostro Stato in uno stato federale con la suddetta riforma chiamata federalismo a Costituzione invariata.

Il Servizio sanitario nazionale (SSN), comprendente strutture e servizi, ha il compito di garantire a tutti i cittadini l’accesso universale all’erogazione delle prestazioni sanitarie, nel rispetto dell’art.32 della Costituzione; quindi le Regioni devono garantire ai propri assistiti prestazioni e servizi inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il punto dolente è che ogni Regione abbia condizioni di equilibrio economico finanziario, e decidere di ampliare l’assistenza garantita ai propri cittadini residenti destinando ulteriori risorse ai cosiddetti “livelli ulteriori”, che vanno ad aggiungersi ai livelli essenziali. Nel caso in cui le Regioni si trovino in condizioni di disavanzo strutturale oche hanno sottoscritto un Piano di rientro dal deficit, non possono erogare “livelli ulteriori”.

Esempi pratici: la prevenzione di malattie gravi quali le tumorali screening di massa o mirati alla diagnostica di tumori di tipo ereditari solo in nove, e ripeto nove regioni, è possibile accedervi e ad esempio nel Lazio è previsto ma non ancora attuata.

Malattie rare, non essendo queste remunerative per le società farmaceutiche non viene sviluppata la ricerca, e quindi farmaci sono troppo spesso sono a totale carico del paziente

E’ chiaro e evidente come coloro i quali vivono nelle regioni ricche possano godere di prestazioni e assistenza migliore, ma da sempre risparmi e tagli ai bilanci delle Regioni o ai Comuni hanno in prima linea la Sanità.

Altra contraddizione: siamo e saremo in enorme deficit sul numero di medici di base e personale ospedaliero, specie nelle grandi città è difficile trovare un medico, nei piccoli paesi bisogna spostarsi anche di molti chilometri, e gli anziani o chi non è in grado di spostarsi? Per contrastare o porre parzialmente rimedio si assumono medici da Cuba e importiamo infermieri dall’est Europa. Per contro numero chiuso alle Università e difficoltà di accesso.

Viene da chiedersi perché in ospedali o ambulatori privati sia possibile eseguire test specialistici anche nei giorni festivi e 24ore su 24, la risposta è fin troppo ovvia.

Ma è il sistema Italia che andrebbe riformato alle sue radici, noi rifiutiamo qualunque tipo di programmazione e di analisi; ciò che è accaduto nelle Marche pone in evidenza come non sia matrigna la Natura, ma stupidi e complici tutti noi a non tenere conto di allarmi costanti e ripetuti dalla scienza in termini di prevenzione e manutenzione. Abbiamo costruito e continuiamo a farlo in barba a tutte le norme di buon senso, ma solo in nome di una falsa libertà: si costruisce vicino ai letti di fiumi e torrenti, sotto costoni di montagna, condoniamo tutto e tutti per di fare cassa. Non ci sono mai i soldi per la pulizia dei letti dei fiumi, canali, fossi, etc.

Pretendiamo che la scienza della meteorologia sia esatta, tutti guardiamo le previsioni più volte al giorno, ma ne rifiutiamo gli avvisi. Ripeto, la Natura ci ha avvertito con largo anticipo, ma l’umanità intera non vuole capire che i modelli imposti dal sistema economico, anche con il nostro tacito consenso, hanno generato un processo di sviluppo che porterà in un futuro non troppo lontano a eventi catastrofici. Non è pessimistica questa previsione ma solo vedere con spirito critico quanto aspettarci nei prossimi anni: scarsità di cibo e acqua, risorse energetiche che genereranno altre guerre, migrazioni incontrollate alla ricerca di migliori condizioni di vita, abbandono di isole o aree costiere per l’innalzamento dei mari, e tanti altri fenomeni causati dall’impoverimento delle risorse naturali.

Abbiamo tempo? Direi molto poco se non mettiamo in atto profondi cambiamenti alle nostre abitudini e ad una concezione differente dell’equità sociale.
Claudio Cappabianca

Ultimi articoli