24 Aprile, 2024
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Rifiuti urbani e disagio psicologico, spazio alle riflessioni

Riflessioni della dottoressa Adelia Lucattini sul tema Emergenza rifiuti a Roma e disagio psicologico dei cittadini.

La mancata raccolta dei rifiuti in strada nei quartieri di Roma è ormai dilagante. Vige da tempo una situazione di estremo disagio con grandissime ricadute sui cittadini e anche sul turismo, può spiegare come si ripercuote tutto questo sui romani a livello psicologico?
L’accumulo di rifiuti rimanda a un senso di disordine ed è motivo di grande disagio, anche a livello inconscio. Sul piano consapevole, i cittadini hanno la percezione di vivere in un luogo non bello, in contrasto stridente con la pulizia e il decoro delle proprie abitazioni. Le persone mettono tante energie e impegno per avere una vita dignitosa, per vivere con la propria famiglia in un ambiente domestico confortevole, rassicurante e ‘sano’ soprattutto dopo più di due anni da pandemia. Se per strada, sotto le proprie case, trovano spazzatura, sporco e caos, vivono l’incuria come una mortificazione, la vanificazione di tutti i loro sforzi e anche un’implicita forma il disprezzo rispetto alal fatica e all’impegno quotidiano di fare una buona raccolta differenziata. Inoltre, è forte la sensazione di rabbia crescente poiché a fronte delle tasse pagate regolarmente, non c’è il servizio dovuto e necessario, a cui si è abituati. Vivere circondati dai rifiuti è deprimente, fa sentire abbandonati e ingiustamente gettati in una situazione di degrado. I servizi sono un diritto, quindi la vista dei rifiuti non raccolti, fa sentire calpestato il diritto fondamentale alla “pari dignità”, sancito anche dalla Costituzione. Per i turisti le strade sono la vetrina della città ma anche una rappresentazione delle abitudini dei suoi abitanti, lo specchio della vita dei romani. È facile, per analogia, che possano erroneamente pensare che all’interno delle case o delle strutture ricettive, vi sia la stessa trasandatezza. Inoltre, se una città è sporca, facilmente possono immaginare che sia un riflesso di ben altro “sporco”, simbolico e istituzionale. Il passaggio da sporco a ‘inquinato’ è rapidissimo.
Per cittadini e turisti, secondo la definizione del linguista Roman JaKobsòn, facilmente i rifiuti abbandonati per contiguità suscitano un’ associazione inconscia di parole e significati: spazzatura-rifiuti- incuria-povertà-precarietà-insicurezza-pericolo. Qualunque sensazione di disagio interiore che scaturisce da una protratta situazione di disagio esterno, tangibile, porta a insofferenza, aggressività e paura, a reazioni forti o a evitamento. Quindi, nel caso dei turisti, a evitare di visitare la città e, per estensione, il Paese percepiti come inospitali, arretrati e rischiosi.

In questa situazione critica per Roma, ma non solo, anche nel resto dell’Italia, spesso abbiamo sentito parlare di “Eco-ansia” a Suo avviso, come l’emergenza climatica influisce negativamente sulla nostra salute mentale provocando paura?
“Eco-ansia” è il termine coniato Gleen Albrecht, professore di Eco-Sostenibilità alla Murdoch University della Western Australia. Albrecht ha analizzato i fenomeni psicologici legati all’ecologia oltre che ai cambiamenti climatici. Secondo lo studioso, uno dei fattori principali che determinano questo specifico tipo di ansia, sono l’incertezza, l’imprevedibilità e la non controllabilità degli eventi. La frustrazione e il senso di impotenza inquietano profondamente, causano depressione e agitano al tempo stesso. Esistono delle forme di ansia così intense da inibire, ‘paralizzare’, e che impediscono di reagire. L’ansia e la rabbia non devono mai essere espresse in modo impulsivo, esplosivo o aggressivo poiché tornano indietro come un boomerang, peggiorando la situazione e lo stato d’animo. Esiste invece la possibilità che  la rabbia, se ben utilizzata, divenga come un ‘carburante emotivo’ che porta a cercare soluzioni, ad avere comportamenti positivi, ad essere attivi e intraprendenti, focalizzati sul risolvere i problemi.

Quali conseguenze può comportare l’emergenza rifiuti per la salute dei cittadini e in particolare nei bambini e negli anziani?
Non dobbiamo sottovalutare il fatto che i rifiuti sono maleodoranti. Per tutti sono fastidiosi ma nei bambini in cui l’olfatto media il rapporto con la realtà, i cattivi odori sono fortemente disturbanti ed hanno ripercussioni emotive, mettendoli a disagio. Per i bambini esiste il rischio che possano toccarli o ingerirli accidentalmente. Possono altresì ferirsi con oggetti appuntiti e taglienti. Inoltre, in questi tempi di pandemia, possono venire in contatto con i rifiuti domestici da Covid-19 (tamponi rapidi, fazzoletti, etc.) che per legge sono smaltiti nel secco non riciclabile poiché destinati alla combustione. In aggiunta, vi possono essere dei rischi per la salute pubblica legati ad alcuni tipi di animali attratti dagli scarti alimentari, tra questi piccioni, gabbiani, topi, ratti, cinghiali. Questi animali che vivono nelle città o vi si avvicinano alla ricerca di cibo, nella maggior parte dei casi non possono essere monitorati costantemente dai servizi veterinari pubblici poiché selvatici e numerosi. Per gli anziani Il problema è più squisitamente psicologico, la presenza di rifiuti provoca sconforto, scoraggiamento e demoralizzazione.  Le persone anziane vivono con irritazione e delusione il degrado e il mancato rispetto del diritto di vivere dignitosamente in un ambiente pulito. Può accadere che frustrazione e delusione siano proiettate su condòmini e vicini di casa divenendo causa di dispute e discussioni in cui il problema è spostato dalle Istituzioni preposte alla raccolta dei rifiuti (Comune, Enti, Stato, etc.) ai singoli individui che producono rifiuti urbani. I problemi di salute più seri si verificano solo in caso in cui ci siano degli incendi dei cassonetti o dei rifiuti abbandonati, poiché si sprigionano sostanze tossiche derivate dalla combustione di plastiche e di alcuni componenti presenti nei rifiuti.

Quali consigli si possono dare intanto ai cittadini per fronteggiare nel migliore dei modi questa situazione emergente di certo non facile per loro?
Il primo consiglio è quello di essere molto ordinati e di utilizzare in modo appropriato i cassonetti e la raccolta porta a porta, non lasciando i rifiuti al di fuori. Il disordine e la trasandatezza confondono, turbano, mortificano e demotivano non solo quando è opera di altri ma anche quando se ne è i diretti responsabili. La seconda è un’educazione fin da piccolissimi alla riduzione degli sprechi e alla raccolta differenziata. L’aspetto educativo in famiglia e a scuola, la sensibilizzazione alle tematiche ambientali e al buon uso di cibo e risorse, è la chiave per la risoluzione di molti problemi. I bambini crescono e un giorno saranno loro stessi i protagonisti della propria vita, gli amministratori e gestori della “cosa pubblica”, del bene comune. Importante è la solidarietà tra i cittadini, che si possono aiutare a vicenda nella vita quotidiana e quando necessario, utilizzare vie legali e azioni politiche affinché i propri diritti vengano rispettati, esercitando le debite pressioni sulle Istituzioni affinché venga fatta una raccolta regolare e adeguata. Psicologicamente è fondamentale sapere che vivere in un ambiente ‘inquinato’ dai rifiuti rimanda una sensazione di instabilità, precarietà e povertà. Anche inconsciamente l’immondizia è associata alle favelas, periferie povere di grandi città di paesi poveri e alle immense discariche a cielo aperto dove vivono persone che non hanno nulla e che tentano di sopravvivere cercando tra gli scarti di cibo e oggetti riutilizzabili o vendibili. Sapere che l’impatto psicologico è forte, aiuta a sopportare i periodi di crisi dovuti a fattori contingenti e trovare delle soluzioni. È necessario ricordare che il fenomeno dei rifiuti non raccolti, è relativamente recente. Le persone più anziane lo ricordano molto bene. È legato a fattori complessi, ai cambiamenti sociali e ai mutamenti delle grandi città metropolitane, non solo ha problemi organizzativi periodici. Fino agli anni Sessanta a Roma la raccolta dei rifiuti avveniva porta a porta, dagli anni Settanta in poi l’addetto (operatore ecologico) attendeva nel cortile, era una figura attesa e apprezzata, a cui condòmini facevano un regalo per feste comandate. È importante stimolare il senso civico individuale, far crescere il senso di appartenenza alla propria città, dire che il proprio palazzo le strade non sono entità anonime esterne e lontane ma proprietà di tutti e di ciascuno. L’appartenenza è decisiva perché si sviluppi il desiderio di prendersi cura dell’ambiente in cui si vive, di partecipare alla sua manutenzione, di contribuire all’ordine e alla pulizia. La solidarietà di per sé è un forte impulso all’innesco di un circolo virtuoso. Sentirsi protagonisti, sapere di aver dato il proprio contributo, essere utili, rinforza la stima di sé stessi e infonde fiducia sull’efficacia delle proprie azioni. Certamente, non è possibile né è richiesto sostituirsi alle istituzioni e alle agenzie preposte, ma ognuno può dare il proprio contributo traendone un beneficio psicologico personale. La casa in cui viviamo è il teatro del nostro mondo interno, accoglie le nostre proiezioni e rappresentazioni con le sue stanze, gli oggetti, l’arredamento, custodisce i nostri ricordi. Allo stesso modo, passando dal micro al macro, il proprio quartiere e la propria città hanno una funzione psichica importante, sono un’estensione del proprio mondo interiore popolato di fantasie, affetti, desideri, bisogni, progetti, sogni che nelle strade possono passeggiare e prendere vita.
Scrive Bruce Chatwin “La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada. La vita stessa è un viaggio da fare a piedi”, per questo è importante che le vie siano sia pulite, profumate, curate, accoglienti, sane, sicure.
Marialuisa Roscino

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