La sentenza del processo sull’omicidio del poliziotto nel 1989 certifica una verità nota da tempo

“L’agente di polizia Nino Agostino fu ucciso perché cercava i boss mafiosi latitanti”. Lo scrive il gup Afredo Montalto nelle motivazioni alla sentenza con cui ha condannato all’ergastolo il boss Antonino Madonia per l’omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta Ida Casteluccio uccisi a colpi di pistola il 5 agosto 1989.

La sentenza è stata pronunciata lo scorso 19 marzo nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, 32 anni dal delitto. Nino Madonia, sotto processo per duplice omicidio aggravato aveva scelto il rito abbreviato. Con il rito ordinario sono sotto processo il boss Gaetano Scotto, accusato di duplice omicidio aggravato e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Domani si terra’ la seconda udienza del processo ordinario.

La ricerca dei latitanti, si legge nelle 147 pagine delle motivazioni, “viene prevalentemente, anche se non esclusivamente, indicata dai collaboratori di giustizia, quale causa della decisione mafiosa di uccidere il poliziotto. Sono stati acquisiti agli atti anche importantissimi riscontri su questa attività di Agostino che si rivelano assolutamente significativi, se non decisivi, per confermare l’attendibilità delle dichiarazioni soprattutto perché l’attività di ricerca dei latitanti non rientrava tra i compiti di servizio assegnati ad Agostino presso il commissariato di Ps dove lavorava e, pertanto, non vi è traccia documentale, ma è stata svolta da Agostino come da altri su sollecitazioni e stimolo, ovviamente informali, di appartenenti ai servizi di sicurezza”.

Il gup nelle motivazioni ripercorre i punti salienti delle indagini, tra cui numerosi depistaggi, anche da parte di “colleghi” di Agostino, come quello del poliziotto Guido Paolilli. Un intero capitolo è dedicato al depistaggio operato dai fratelli Graviano, i pericolosi boss di Brancaccio e fedelissimi di Totò Riina.

(AGI)

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