28 Marzo, 2024
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Vaccini, Protezione civile: potenziare la risposta delle Regioni. Cts: con scuole chiuse misure più restrittive

La decisione presa durante il tavolo convocato dal capo Dipartimento Curcio, d’intesa col Commissario per l’emergenza Figliuolo. Per il Comitato tecnico scientifico chiudere gli istituti ha un senso solo se si sospendono anche le altre attività.

L’allarme dei medici di famiglia: troppi ritardi, fragili a rischio

Intervenire per potenziare la capacità di risposta dei singoli territori, in particolare nella distribuzione e somministrazione dei vaccini, anche in vista del prossimo incremento di dosi disponibili. È quanto è stato deciso nel corso del Comitato operativo della Protezione Civile convocato dal capo Dipartimento Fabrizio Curcio d’intesa col Commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo. Nel corso della riunione si è fatta una “ricognizione puntuale” di quanto fatto finora dalle Regioni anche con l’obiettivo di garantire un’efficiente pianificazione e valutare su quali ambiti intervenire.

Il tavolo ha visto la partecipazione delle strutture regionali di Protezione civile, dei referenti sanitari locali e di tutte le componenti del servizio nazionale, anche in videocollegamento. “Nel corso dell’incontro sono state definite le attività e le azioni di raccordo tra le diverse strutture coinvolte. In particolare è stata ribadita la necessità di rafforzare in ogni regione tavoli di coordinamento tra referenti sanitari e di protezione civile i quali, con l’ausilio della struttura commissariale e del dipartimento della protezione civile, potranno fornire un quadro di sintesi delle singole realtà regionali” si spiega in una nota. “Proprio la ricognizione puntuale delle attuali attività messe in campo dalle regioni potrà garantire un’efficiente pianificazione e valutazione degli ambiti su cui intervenire per potenziare la capacità di risposta dei singoli territori, in particolare nella distribuzione e somministrazione dei vaccini, anche in vista del prossimo incremento di dosi disponibili”.

Solo 10 vaccini per ogni medico di famiglia

Un ritardo, quello della distribuzione dei vaccini, testimoniata anche dal segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) Silvestro Scotti, secondo cui sarebbero solo dieci le dosi di vaccino anti-Covid a settimana al momento disponibili per ogni medico di famiglia, nelle regioni in cui si è avviato il coinvolgimento dei camici bianchi nella campagna di vaccinazione. Precisa inoltre che sono ancora poche le regioni partite con la vaccinazione negli studi o asl sulla base di accordi territoriali. In questa prima settimana, “stimiamo in circa 100mila le dosi arrivate ai medici nelle regioni partite. Un numero ancora scarso, mentre va sottolineato il ritardo di varie regioni”.

C’è anche un altro aspetto da considerare per Scotti, cioè una possibile discriminazione nella somministrazione alle persone con patologie e più fragili: “Dal momento che il vaccino che sembrerebbe più disponibile è AstraZeneca, utilizzabile però solo nella fascia 18-65 anni senza patologie, molte dosi non si stanno utilizzando per la categoria dei vulnerabili ma sono dirottate su altri soggetti meno prioritari. Chiediamo al governo l’immediata tutela dei soggetti fragili e di velocizzare la disponibilità di tutti i vaccini utilizzabili”.

Cts: misure più restrittive con scuole chiuse

Intanto il Cts ha consigliato all’esecutivo, vista l’attuale situazione pandemica in Italia, un lockdown duro da subito. In alternativa, l’unico compromesso possibile è quello di una zona rossa automatica nel momento esatto in cui si supera la soglia dei 250 contagi per 100mila abitanti. Questa la posizione del Comitato che, secondo quanto apprende l’Agi, avrebbe ‘caldamente’ suggerito al governo di ancorare l’automatismo a questa soglia oltre la quale la gestione sanitaria diventa fuori controllo. Il limite dei 250 casi compare nel dpcm che entra in vigore oggi, ma rimette ai governatori la possibilità di decidere se attuare o meno la zona rossa. Per il Cts però il cambio di colore non dovrebbe essere facoltativo alla luce della condizione di stremo in cui versa il Paese.

D’altronde, i dati aggiornati del monitoraggio settimanale ieri parlavano chiaro: la situazione epidemiologica segna un peggioramento, l’Rt è in salita e si fissa a 1,06. E si tratta di dati in ‘ritardo’ di 15 giorni. Forse troppo vecchi, secondo gli esperti che fanno appello a una revisione del sistema.

Per il Cts, dunque, la ricetta migliore sarebbe il lockdown estremo. Come a marzo. Ma c’è chi, fuori dal Comitato tecnico scientifico, sostiene che si tratti di una medicina che salva dalla malattia ma uccide il paziente. E allora bisogna ricorrere a un’altra soluzione. Quella, appunto, della zona rossa automatica al superamento della soglia.

Non solo. Alla luce dell’attuale diffusione del contagio, lo stesso Cts, che molto si è speso nei mesi scorsi per mantenere la scuola aperta, avrebbe rilevato che ad oggi sospendere le lezioni in presenza è l’unica strada possibile. Questo perché poco o nulla sarebbe stato fatto in questi mesi in termini di tracciabilità e di identificazione dei cluster scolastici. Ma chiudere la scuola ha un senso solo se si sospendono anche le altre attività. Impedire ai ragazzi di frequentare le lezioni ma permettere loro di ritrovarsi nei centri commerciali, o nei luoghi della movida, significa non aver compreso la gravità della situazione.

(La Repubblica)

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