1 Maggio, 2024
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Gli ultimi messaggi della maestra Lucia, la figlia: “Negazionisti, il covid esiste”

Anche medici e infermieri la chiamavano “La Maestrina” per i suoi modi dolci e gentili nonostante le sofferenze provocate dal coronavirusLucia Cosimi, 55 anni, maestra elementare di Reggello (Firenze), ha perso la sua battaglia contro il maledetto virus lo scorso 22 novembre. Era stata portata in ambulanza in ospedale il 6 novembre scorso, l’ultimo giorno che ha visto il marito Piero, coetaneo, e i figli Elia, 24 anni, ed Eleonora, 21.

Proprio quest’ultima, un mese dopo il decesso della madre, ha pubblicato un lungo post sui social, con tanto di conversazioni con la madre via whatsapp, per dimostrare ai negazionisti del covid che il virus purtroppo esiste e anche le polemiche sul vaccino sono strumentali.

Eleonora pubblica i messaggi che la madre, che non aveva malattie pregresse, inviava dal reparto covid dove era ricoverata. Conversazioni commoventi quelli scambiate tra la maestra Lucia e i suoi figli prima della morte sopraggiunta in seguito a un tracolo avvenuto nella notte.

 “La mia mamma è morta il 22 novembre. Lucia aveva 55 anni. Lucia lascia un marito della stessa età e due figli, di 24 e 21 anni. Lucia stava bene poche settimane fa, quando, come ogni giorno, l’ho chiamata al telefono. Erano giorni che tossiva ininterrottamente. Mi ha detto: “Tesoro, scusami, ci sentiamo quando mi passa questa tosse”.

La nostra mamma non ce l’ha fatta. La nostra mamma è stata portata via con un’ambulanza il 6 novembre. Qualche giorno con il casco. Eravamo preoccupati, senza dubbio, ma sereni. La nostra mamma non aveva alcuna malattia pregressa. La nostra mamma stava bene. La nostra mamma aveva 55 anni. Questi sono i messaggi che è riuscita a scambiarsi con noi quando aveva il casco. Cioè, quando aveva il casco e vedeva molto male la tastiera del telefono. Un giorno è stata intubata. Eravamo positivi: faremo tutto quello che bisognerà fare, aspetteremo tutto il tempo che bisognerà aspettare.

Dopo dieci giorni la tragica chiamata dall’ospedale: ci vuole un miracolo. Le fanno una terapia sperimentale, bisogna crederci e mandarle tanta forza, “il gioco di squadra di solito funziona” mi dice una dottoressa. È così. Migliora. Il primario è entusiasta, lo sono anche gli anestesisti, “che sono sempre i più cauti”. La mattina di due giorni dopo chiamo il mio babbo, come sempre. Siamo felicissimi. Attacco, e mentre lo faccio penso: “Che cavolo però.. Aspettare le due per avere buone notizie è un po’ una noia”. L’ospedale chiama sempre di primo pomeriggio, una volta al giorno. Dopo 15 minuti ci chiamano il primario e l’ospedale. La nostra mamma ha avuto un tracollo nella notte. È morta.

La ragione di questo post non è la nostra mamma. La nostra mamma che non doveva morire, la nostra mamma che poco più di un mese fa stava bene, la nostra mamma che era la persona più dolce del mondo, la nostra mamma che è morta a poco tempo dal vaccino, la nostra mamma che in quei tre giorni che non era sedata aveva diffuso così tanto amore che per tutti era “La Maestrina“, la nostra mamma che piangono anche i medici, la nostra mamma sulla cui bara, gli stessi, hanno messo delle luci. La nostra mamma che non può lasciare alcun vuoto, tanto ci ha riempiti. La nostra mamma che non ha mai dato solo a noi tre.

Il motivo è un altro: è l’uomo agitato in fila alla motorizzazione. Si mette la mascherina sotto il naso, sbuffa, se la sposta sul mento, sbuffa ancora, si muove nella stanza, allarga le braccia, soffia. Mi giro verso di lui, lo fisso. Lui mi guarda, io lo guardo. Sento qualcosa salire. Gira lo sguardo, continuo a fissarlo. Mi guarda, lo guardo. Non sono riuscita a dire niente, tanta era la rabbia. Non ce l’ho fatta. Dei negazionisti poi non me ne è mai fregato niente, tempo ed energie persi. Però leggere e sentire tanti contro il vaccino, non lo accetto. Non lo accetto e vi chiedo aiuto. Per favore, manteniamo alta l’attenzione, anche se siamo stufi delle distanze, delle limitazioni. Ci si ammala anche seguendo le regole”.

(Il Riformista)

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