14 Dicembre, 2025
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“Mia madre persa nel buco nero delle Rsa: scheletrica e abbandonata…

L’ho portata a casa e l’ho salvata dal Covid”

La storia della signora di 79 anni, malata di Alzheimer, finita in ospedale dopo una caduta e spostata in varie residenze sanitaria per la riabilitazione durante il lockdown. La figlia: “Nessuno se ne prendeva cura. Ho deciso di farlo io”

Mia mamma – malata di Alzheimer, 79 anni l’8 dicembre – Γ¨ viva per miracolo. È stata ricoverata in una Rsa poco prima che scattasse il lockdown. Dal 4 marzo, e fino al primo giugno scorso, non l’ho piΓΉ vista. Solo in videochiamata. Quando io e mia sorella l’abbiamo incontrata di persona, ci ha preso un colpo: era magrissima, scheletrica, pesava 39 chili – prima 69 – per 1,75 di altezza. Adesso sta bene, anche se Γ¨ in sedia a rotelle. Finalmente Γ¨ a casa”.

Francesca Benecchi, 51 anni, di Civitavecchia, puΓ² tirare un sospiro di sollievo. E riabbracciare sua madre, Anna Maria, tutte le volte che vuole. “Se fosse rimasta un altro mese lΓ¬, si sarebbe spenta piano piano. Abbiamo rischiato di perderla”. Sua madre, dopo essere caduta accidentalmente in casa e aver sbattuto la testa, Γ¨ stata ricoverata all’ospedale di Civitavecchia. Un mese dopo Γ¨ stata mandata in una casa di cura a Santa Marinella. E poi ancora in un’altra Rsa a Civitavecchia, “giusto il tempo di farle fare la riabilitazione e di rimetterla in sesto: era questo l’obiettivo”.

Ma la pandemia ha stravolto i piani di tutti. Anche della famiglia Benecchi. “Oltre a mia madre, pure il Covid Γ¨ entrato nella casa di cura”. Da lΓ¬, Γ¨ iniziato il calvario. “L’accesso ai familiari Γ¨ stato negato”. Come se non bastasse, “il virus si Γ¨ propagato anche tra gli operatori. Molti anziani si sono contagiati, la metΓ  sono morti. Io potevo vedere mia madre solo tramite videochiamata per 5 minuti, al massimo 10, a volte neppure quelli”. Pochi attimi e cosΓ¬ da vicino. “Vedevo solo il suo volto. Null’altro. Mi diceva che stava bene. E invece mangiava da sola, nessuno la controllava. Sapevo che era in una stanza con tre anziani, di cui una positiva. Essendo risultata piΓΉ volte negativa al tampone, Γ¨ stata trasferita in un’altra struttura a Morlupo. E poi ancora in una Rsa a Tolfa”.

Una gimkana, da una casa di cura all’altra, cercando di schivare il virus. Ma Γ¨ a Tolfa che viene data la possibilitΓ  a Francesca di incontrare la madre, a distanza:

“Mi hanno chiamato per dirmi di raggiungerla e per vedere se le condizioni di mia madre fossero come quelle di quando l’avevo lasciata”. Francesca quell’immagine ce l’ha ancora impressa nella mente: “Vedere che non si reggeva in piedi, Γ¨ stato mentalmente devastante. Mi Γ¨ crollato il mondo addosso. Quel giorno non l’ho potuta neppure abbracciare”. Anna Maria Γ¨ rimasta sotto osservazione per qualche giorno, vedeva la figlia in una stanza da dietro a un vetro: “Quando mi hanno detto che potevo andarla a prendere, sono salita in macchina, l’ho presa e l’ho portata a casa. Pesava 42 chili. Adesso 47. Sta recuperando forza e peso. Mi sento fortunata”.

Ogni giorno Francesca accudisce la madre e se ne prende cura. Nonostante le complicazioni, legate al Covid e alla malattia di Anna Maria. È una delle pochissime persone che ha deciso di prendere il genitore da una Rsa e portarlo a casa. “Le piace giocare a rubamazzetto”, dice col sorriso.

“Mi dΓ² il cambio con papΓ  Bruno. Da quando mamma Γ¨ tornata, anche lui Γ¨ rinato: era depresso, aspettava il suo rientro giorno e notte”. Le difficoltΓ , certo, non mancano. “Ma le strutture per anziani non sono sicure. E hanno costi elevati. In quei mesi ho resistito anche grazie a un comitato che raggruppa i familiari dei pazienti nelle Rsa, ci siamo dati coraggio. Ora cerco un equilibrio, dopo la tragedia, scampata, che si Γ¨ abbattuta su di noi. Ma ce la caviamo. Con l’amore si trova la forza”.

(La Repubblica)

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