19 Aprile, 2024
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Screening nelle scuole, via libera del Cts ai test rapidi “antigenici”.

Ecco in quali casi verranno utilizzati

I test rapidi “antigenici” potranno essere utilizzati in tutta Italia per limitare la diffusione del Covid-19 tra i banchi di scuola.

Lo ha deciso il Comitato tecnico scientifico, valutando positivamente la richiesta avanzata dal ministero della Salute. L’accordo prevede che questa tipologia di tampone possa essere impiegata negli istituti scolastici “ai fini esclusivi di screening“. Cosa significa? Che di fronte a un sospetto Covid, si potrà avere una prima risposta nel giro di 20-30 minuti ed eventualmente estendere l’esame a tutti i contatti stretti (ad esempio a un’intera classe). In caso di positività, però, bisognerà sottoporsi al tampone molecolare per avere la diagnosi definitiva. L’obiettivo, come si legge nella circolare emanata in serata dal dicastero guidato da Roberto Speranza, è infatti quello di distinguere in modo tempestivo chi ha solo una sindrome influenzale da chi, invece, è stato contagiato dal virus. Con la sua decisione, il Cts conferma quindi che i test “antigenici” hanno un’attendibilità sufficientemente elevata per essere impiegati in più contesti. Finora, infatti, sono stati utilizzati solo negli aeroporti come primo “filtro” ai turisti in arrivo da Paesi considerati a rischio e in alcune scuole-pilota, tra cui lo scientifico “Ignazio Vian” di Anguillara, in provincia di Bracciano. Adesso lo Spallanzani di Roma si dice pronto a condurre una sperimentazione su 800mila studenti, mentre il Commissario all’emergenza Domenico Arcuri ha lanciato una richiesta pubblica di offerta per 5 milioni di kit.

Il bando, simile a quello per i banchi monoposto emanato durante l’estate, è stato redatto su richiesta del ministro della Salute, condiviso nei contenuti dal Comitato tecnico scientifico e pubblicato su tutti i siti istituzionali. Le offerte per la fornitura degli “antigenici” (sia salivari che nasofaringei) dovranno essere presentate entro le ore 18.30 di giovedì 8 ottobre 2020. Le imprese che intenderanno rispondere, si legge nel comunicato diramato dallo staff di Arcuri, “dovranno indicare la disponibilità a fornire in comodato d’uso gratuito, qualora fosse necessario, un sufficiente numero di macchinari, presso i siti di distribuzione indicati dal Commissario straordinario, per la somministrazione dei test consegnati, nonché distribuire i test stessi sul territorio nazionale con mezzi idonei”. Secondo il commissario, si tratta di “un passo importante per intensificare ulteriormente le attività di prevenzione, messe in atto dal governo, per contrastare l’epidemia. Oggi, nel nostro Paese, già si effettuano in media centomila test molecolari al giorno. Il nostro obiettivo è quello di soddisfare i fabbisogni connessi ai movimenti internazionali di passeggeri da zone ad alto contagio e alle necessità derivanti dalla riapertura delle scuole, soprattutto in un periodo, come quello autunnale, di accertata, aumentata circolazione di tutti i virus respiratori”.

I primi dati provenienti dagli istituti sembrano infatti confermare l’urgenza di disporre le Asl di un nuovo strumento per tenere a bada i contagi.

Secondo il database messo a punto dai due ricercatori Lorenzo Ruffino e Vittorio Nicoletta, finora sono 738 le scuole in cui vi è stato almeno un caso di Covid. Nel 75,8% dei casi sono gli alunni ad essersi ammalati, mentre solo l’11,4% sono docenti. Gli istituti superiori sono i più colpiti con il 31% dei casi, ma in poche circostanze le autorità hanno disposto la chiusura dell’intera struttura. Il ministero dell’Istruzione ha invitato nei giorni scorsi i presidi a inserire su un sistema dedicato i relativi alla situazione della diffusione del contagio nelle loro scuole così da disporre di un quadro aggiornato anche per poter intervenire in caso di criticità. Emilia Romagna, Lazio, Toscana, Lombardia e Veneto le regioni più colpite. Una situazione che potrebbe complicarsi ulteriormente con l’arrivo dell’influenza stagionale, i cui sintomi sono analoghi a quelli del Covid.

Come si legge nella circolare del ministero emanata dopo l’ok del Cts, infatti, è lecito ipotizzare “che la frequenza di episodi febbrili nella popolazione scolastica nel periodo autunnale e invernale sia particolarmente elevata, e che sia necessario ricorrere spesso alla pratica del tampone (antigenico, ndr) per escludere in tempi rapidi la possibilità che si tratti di Covid-19, nonché per individuare prontamente i casi, isolarli e rintracciare i contatti, facilitando la decisione di applicare o meno misure quarantenarie in tempi brevi e con un risparmio notevole di risorse, evitando un eccessivo sovraccarico dei laboratori di riferimento“. Di fronte a un caso sospetto e davanti al rischio di un possibile contagio del personale scolastico o degli alunni si potrà quindi ricorrere anche al test antigenico rapido, il quale “comporta la possibilità di risultati falso-negativi in presenza di bassa carica virale oltre alla necessità di confermare i risultati positivi mediante un tampone molecolare”. Tuttavia “ulteriori validazioni eseguite su campioni “freschi” (appena prelevati) hanno invece mostrato elevata sensibilità e specificità“. Grazie al loro uso, conclude il ministero, finora “è stato intercettato comunque un rilevante numero di contagiati, probabilmente con alte cariche virali, che non sarebbero stati individuati in altro modo”.

Cosa c’è di diverso rispetto agli altri metodi?

All’apparenza si presentano come il classico tampone molecolare, ma anziché identificare la presenza del materiale genetico del Sars-Cov2 nei secreti del paziente, vanno a caccia della famosa proteina spike che ricopre la superficie del virus. Il modello più diffuso al momento si basa sempre su un cotton-fioc che un addetto deve passare nel tratto naso-faringeo, ma il responso arriva entro pochi minuti direttamente sul posto e non serve alcuna analisi in laboratorio. Se la proteina virale del Covid (“antigene”) è presente in sufficienti quantità, si lega ad anticorpi specifici fissati sul kit e conferma la positività al virus. L’analisi viene effettuata grazie a una piccola apparecchiatura portatile. La prima fornitura disposta dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri prevedeva un prezzo compreso tra i 10,5 e i 12 euro a kit, ma nelle ultime settimane sono comparsi sul mercato internazionale nuovi produttori. E le stime del governatore Luca Zaia, prossimo a lanciare una gara d’acquisto insieme ad altre 4 Regioni, parlano di una tariffa intorno a 4,60 euro l’uno.

Ad occuparsi della validazione di diversi modelli è stato l’istituto Spallanzani di Roma.

Che ora si dice pronto ad avviare una prima sperimentazione su 800mila studenti. “Da lunedì prossimo verrà utilizzato anche il test salivare“, ha spiegato il direttore sanitario Francesco Vaia a Timeline su SkyTg24. “Testeremo nelle scuole di ogni ordine e grado in tutto il Lazio con test salivari da 3 a 6 anni, per i più grandi il tampone nasofaringeo antigenico”. Il motivo è che quello salivare è “meno invasivo” rispetto al tampone e “anche il bambino più piccolo può farlo”. Poi, nel caso di sospetta positività, “segue la conferma con il test molecolare, ma non va rifatto un altro prelievo del campione. Si usa il precedente”, ha spiegato Vaia. Il test salivare “ci dà grande attendibilità e affidabilità se usato nel modo giusto, ovvero per fare grandi attività di testing che deve essere l’attività prevalente che la sanità pubblica deve porsi”. Nella nostra esperienza, ha concluso il direttore dello Spallanzani, “non abbiamo avuto falsi negativi ma solo falsi positivi“: essendo molto sensibile, infatti, “rischia di rilevare anche basse cariche virali“.

È anche per questo che l’attenzione nei confronti dei test antigenici (salivari e non) sta salendo in tutto il mondo.

Negli Stati Uniti, come ha annunciato soltanto ieri il presidente Usa Donald Trump, è in arrivo una prima fornitura da 6,5 milioni di kit. L’Organizzazione mondiale della sanità ha invece siglato un accordo con il Centro africano di controllo delle malattie e una serie di fondazioni private per rendere disponibili 120 milioni di test rapidi nei Paesi africani a basso e medio reddito. Il pacchetto prevede l’uso di kit antigenici di alta qualità, garanzie di volume per i produttori e un fondo di assistenza ai governi per usare e acquistare questi test con un investimento iniziale di 50 milioni di dollari. La Bill & Melinda Gates Foundation si è accordata con due aziende produttrici per farli vendere ad un prezzo massimo di 5 dollari l’uno per un periodo di 6 mesi. “I test rapidi di alta qualità ci indicano dove si nasconde il virus – ha commentato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus – il che è fondamentale per tracciare rapidamente e isolare i contatti e interrompere la catena di trasmissione”.

(Il fatto Quotidiano)

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