20 Aprile, 2024
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Nuovi lockdown nel nord-est dell’Inghilterra

 A Londra torna l’incubo chiusure

Nel Regno Unito quasi 4.000 in più i contagi nelle ultime 24 ore

Tornano lockdown localizzati per  milioni di persone nel nord-est dell’Inghilterra. Lo ha formalizzato il governo il ministro della Sanità britannico, Matt Hancock, estendendo il giro di vite già reintrodotto nelle settimane scorse in città come Birmingham, Bolton o Leicester ai Comuni di Newcastle e Sunderland, nonché nelle aree del Northumberland, di North e South Tyneside, di Gateshead e della contea di Durham, dove dalla mezzanotte sono previste fra l’altro limitazioni più severe sui contatti sociali e sugli orari di apertura di pub e locali pubblici. Si tratta di “una risposta immediata” alle “preoccupazioni” per il nuovo incremento dei contagi da coronavirus nella zona, ha spiegato Hancock, con tassi d’infezione locali compresi al momento fra 70 e 103 casi diagnosticati per ogni 100.000 abitanti, nettamente superiori alla media nazionale.

Quasi 4.000 in più i contagi nelle ultime 24 ore nel Regno Unito,

record dai primi di maggio sullo sfondo d’un livello di test quotidiani oltre i 220.000. Lo certificano i dati diffusi oggi dal governo, segnalando anche un aumento di morti giornalieri (20) e un lieve ma costante rialzo di ricoveri in reparto o in terapia intensiva (900 e 115 pazienti totali, al momento, nell’intero Paese). Dati di fronte ai quali il premier Boris Johnson, durante un’audizione di fronte al coordinamento delle commissioni parlamentari a Westminster, assicura però che sarà fatto “tutto quanto è in nostro potere” per evitare un secondo lockdown nazionale potenzialmente “disastroso per l’economia”.

Incalzato dal compagno di partito Julian Knight, presidente Tory della commissione Cultura alla Camera dei Comuni, sulle preoccupazioni per le conseguenze di un eventuale lockdown bis, il premier ha ribadito di non volere un simile epilogo. E di aver reintrodotto limiti più stringenti ai contatti sociali, oltre a forme di lockdown localizzati nelle aree a più forte rimbalzo dell’infezione, proprio per evitarlo. “Faremo tutto quanto è in nostro potere” per scongiurare di dover richiudere il Paese, ha insistito Johnson, ammettendo che un secondo lockdownnazionale “sarebbe nient’altro che disastroso” per l’economia britannica in genere, nonché per settori “vitali” per il Regno come le arti o la cultura. Il primo ministro ha quindi ribadito l’impegno del governo a facilitare per quanto possibile una ripresa della normalità controllando la pandemia attraverso test sempre più capillari: in attesa che la scienza finisca di mettere a punto anche kit per l’individuazione super rapida del virus, “analoghi a quelli per la gravidanza”.

In precedenza, nel Question Time del mercoledì, Boris Johnson era stato tuttavia attaccato ai Comuni dalla vice leader dell’opposizione laburista,

Angela Rayner (chiamata a sostituire il leader Keir Starmer, isolato in casa a causa del sospetto contagio da Covid di un familiare, sebbene nel frattempo risultato negativo al primo tampone), che gli ha rinfacciato ritardi e carenze riemerse nelle ultime settimane per prenotare i test in alcune zone del Paese. Rayner ha inoltre denunciato sarcasticamente come il governo Tory – a dispetto delle emergenze sul coronavirus o sulla Brexit – abbia trovato il tempo per discutere in questi giorni “dell’abolizione della legge che vieta la caccia all’urogallo”. Una frecciata che il premier ha ignorato, rivendicando invece al suo governo di aver fatto impennare a circa 200.000 al giorno i tamponi nel Regno, “un livello record” in Europa. E giustificando certi intoppi locali con “la colossale richiesta” generata dal “successo del sistema di test and tracing” messo in piedi per controllare la diffusione dei nuovi contagi.

(La Stampa)

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