26 Aprile, 2024
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Omicidio Marco Vannini, il pg: “Condannare i Ciontoli a 14 anni”

l sostituto procuratore generale presso la corte d’appello di Roma Vincenzo Saveriano ha chiesto 14 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, la moglie Maria Pezzillo e i due figli Martina e Federico per concorso in omicidio volontario con dolo eventuale in relazione alla morte del 20enne Marco Vannini, avvenuta tra il 17 e il 18 maggio del 2015 a Ladispoli.

In subordine, il rappresentante della pubblica accusa ha chiesto di ritenere solamente i familiari del principale imputato, che ferì a morte Vannini con un colpo d’arma da fuoco, responsabili di concorso anomalo (ai sensi dell’articolo 116 del codice penale) e di condannarli alla pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione.

 

Nel procedimento di appello bis è imputata l’intera famiglia Ciontoli, dopo che la Cassazione ha disposto un nuovo processo di secondo grado per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Marco, ucciso da un colpo di pistola mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano.

Era la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 quando Marco Vannini rimase ferito da un colpo di pistola esploso in casa dei Ciontoli. Il ventenne della vicina Cerveteri, che poco prima aveva detto ai genitori che avrebbe trascorso la notte nell’abitazione della fidanzata, secondo gli inquirenti poteva essere salvato, ma sarebbe stato lasciato privo di soccorsi per due ore. Una condanna a morte.

In primo grado Ciontoli era stato condannato dal Tribunale di Civitavecchia a 14 anni di reclusione e gli altri imputati a tre anni.
In appello, però, il sottufficiale si era visto derubricare il reato di omicidio volontario in colposo e ridurre la pena a 5 anni di reclusione,

mentre per gli altri erano state confermate le condanne a 3 anni. Una sentenza annullata dalla Corte di Cassazione che, accogliendo i ricorsi della Procura generale e delle parti civili, ha disposto il nuovo processo che si sta tenendo davanti a un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Roma.

Per i giudici della Suprema Corte la morte di Vannini sopraggiunse quale conseguenza sia delle lesioni causate dal colpo di pistola sia dalla mancanza di soccorsi che se tempestivamente attivati avrebbero “scongiurato l’effetto infausto”. “Una condotta omissiva fu tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi”.

(La Repubblica)

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