25 Aprile, 2024
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Progetto PLURALS: L’intervista agli autori della smartserie

Abbiamo intervistato Francesco Iezzi e Ettore Conte, gli autori di “Plurals – la serie” per raccontarci qualcosa di più di questo progetto innovativo e prossimo alla visione.

Partiamo dal principio: come nasce, che cos’è “Plurals”?

Diciamo prima come nasce, perché dire cos’è potrebbe essere un po’ complicato! Plurals è un progetto realizzato dalla casa di produzione Angelika Vision, una società Soft Strategy Group, in ATS con i Comuni di Manziana e Canale Monterano, con l’IIS Luca Paciolo di Bracciano e l’Associazione Culturale L’Agone Nuovo, con il contributo del Dipartimento delle Pari Opportunità.

• E quindi cos’è?

Eh, bella domanda! “Plurals” è una smartserie crossmediale composta da 7 puntate. Facile, no?

Beh, non proprio!

In realtà siamo anche noi abbastanza sorpresi dal risultato! Forse dobbiamo fare una piccola premessa, che poi non è piccola affatto: il passaggio dal film al telefilm, ha richiesto un adattamento al formato del nuovo strumento, il 4:3 del televisore, che – per quanto costava – chiaramente non doveva cadere a terra ma nemmeno poteva occupare l’intero salotto! Questo cambiamento ha generato una nuova forma espressiva – lo sceneggiato televisivo – che ha richiesto sperimentazioni nell’estetica, nella narrativa e nella durata, fino a creare veri e propri standard, come la sit-com, il drama, la telenovela, la fiction. Poi, con l’avvento di internet, sono nate le web-serie, produzioni a bassissimo budget, per lo più amatoriali, che basavano tutta la loro forza sulla efficacia della narrazione in sé e la fruibilità, intesa anche come brevità e gratuità. Questo è, però, un panorama ideale: in realtà telefilm come il “Trono di Spade” sono a tutti gli effetti delle grandi produzioni di stampo cinematografico e l’ingresso di piattaforme come Amazon e Netflix, che nascono e vivono della Rete, ha innalzato il mondo delle web serie a vette inimmaginabili, al punto che, ora, è anche difficile distinguere una serie televisiva da una web. Persino gli stessi televisori ormai sono connessi! In questo processo di omologazione e di rincorsa alla ricostruzione dell’atmosfera del cinema in casa, il fatto nuovo è l’avvento dello smartphone: uno schermo verticale, appendice di quello che non è più uno spettatore ma un utente. Le produzioni hanno già tentato numerosi approcci verso questa nuova dimensione: la serie norvegese “Skam” ha creato profili realistici per i propri personaggi, ma anche “Don Matteo” (!) ha sperimentato, organizzando videochat con gli attori durante la programmazione in prima serata. La crossmedialità è una necessità impellente, ma fino ad ora la prospettiva è rimasta screen to smartphone. Il televisore è al centro di ogni strategia comunicativa.
Poi arriviamo noi. Il Dipartimento, nel 2017, ci chiedeva di intercettare l’attenzione dei giovani, e da subito abbiamo pensato agli smartphone. Immaginare un formato verticale venne quasi spontaneo, ma accantonammo in un primo momento l’idea, ritenendola troppo trasgressiva. Fu a ridosso dell’inizio delle riprese che il produttore – e direttore artistico -, Claudio Zamarion, ci mostrò delle sue prove di girato in formato verticale. Il risultato ci impressionò tanto che decidemmo di percorrere questa strada.

Cosa vi ha colpito del formato verticale?

I video pensati sfruttando l’altezza dell’immagine, permettono di ritrarre al meglio le persone riproducendone fedelmente la fisicità, catturandone i gesti, il linguaggio corporeo e le espressioni. C’è qualcosa di primordiale nel poterci concentrare nelle piccole pieghe del labbro, in quelle sfumature facciali… Del resto noi siamo scimmie! Non abbiamo piume colorate per comunicare ma abbiamo evoluto l’empatia, e quindi la capacità di cogliere i dettagli nei volti delle persone che ci circondano. Non a caso in inglese la modalità di visione verticale si chiama portrait mode e quella orizzontale landscape: ritratti e panorami, appunto. Trasformando il 16:9 in 9:16 si creano ritratti che danno intensità, vicinanza e attenzione ai caratteri dei personaggi.

Ma perché Plurals sarebbe una smartserie? Cosa c’è di smart in una serie a puntate?

Ci arriviamo subito: con “Plurals” non parliamo più di screen to smartphone ma di native mobile: lo smartphone non è più la frontiera da raggiungere ma un mondo nuovo che pensiamo possa generare una nuova forma narrativa, la smartserie: un prodotto crossmediale studiato appositamente per essere fruito sul palmo di una mano, mentre si viaggia, ci si rilassa, ovunque ci si trovi. Parliamo di un panorama innovativo, con enormi margini di sviluppo: qual è la durata ideale? Qual è il grado di interazione raggiungibile? Quali sono gli ostacoli che si frappongono tra la serie e l’utente? Noi non abbiamo le risposte a tutte queste domande. Riteniamo Plurals, da questo punto di vista, un esperimento ma siamo convinti che la prospettiva sia quella di un ulteriore passo verso la sospensione dell’incredulità: per noi autori le opportunità sembrano infinite – e anche i produttori di smartphone sono d’accordo, non a caso la Apple ha appena lanciato un corto in verticale diretto dal regista di “La La Land” – ma siamo sicuri che ci sia spazio per tanto altro: siamo abituati a vedere le partite in orizzontale, ma come sarebbe assistere ad una finale di Champions dalla curva?

Erica Trucchia 

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