28 Marzo, 2024
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Appello: «Basta con gli agguati»

Governo e dintorni. Intellettuali e personaggi di spicco della cultura firmano un appello per fermare la levata di scudi contro il governo Conte. Secondo i promotori la maggioranza viene attaccata strumentalmente in una fase delicata per il paese.

Non passa giorno senza che opinionisti (e politici in cerca di visibilità) mettano in croce il governo, con ogni più vario argomento. Dopo la conferenza stampa del 26 Aprile, l’accanimento ha raggiunto livelli insopportabili. I “retroscena” impazzano e molti fanno di tutto per accreditare un Conte poco autorevole e drammaticamente non all’altezza della situazione, oppure un Presidente del Consiglio che si atteggia quasi a dittatore calpestando i diritti e la Costituzione.

Ma siamo di fronte ad una “notizia” o piuttosto ad una “narrazione” artificiosa e irresponsabile? O anche all’espressione degli interessi e delle aspirazioni di coloro che vogliono sostituire questo governo e la maggioranza che faticosamente lo sostiene, per monopolizzare le cospicue risorse che saranno destinate alla ripresa?

Il governo Conte non è il migliore dei possibili governi, sempre che da qualche parte possa esistere un governo perfetto. In aggiunta, viviamo in una condizione di inedita emergenza e anche di straordinaria incertezza, di cui nemmeno le discipline scientifiche vengono a capo pienamente. È certo che i messaggi di Palazzo Chigi non hanno sempre la chiarezza necessaria e che, con l’intento di orientarci nei meandri della nostra vita quotidiana, possono generare ambiguità interpretative e incertezza.

Si possono (e si dovrebbero) discutere le priorità, comunque provvisorie, che il governo ha indicato e gli strumenti normativi che ha di volta in volta adottato (alcuni costituzionalisti e opinionisti lo hanno fatto). Non c’è dubbio, neppure, che siano stati limitati alcuni diritti fondamentali come quello alla libertà di movimento (limitazioni peraltro previste dall’art. 16 della Costituzione), e sia stato limitato il pieno esercizio del diritto al lavoro, all’istruzione, alla giustizia nei tribunali. Ma niente ha intaccato la libertà di parola e di pensiero degli italiani e questi interventi sono avvenuti nel rispetto delle prerogative emergenziali che la Costituzione assegna all’esecutivo.

In ogni caso, il nostro convincimento è che questo governo abbia operato con apprezzabile prudenza e buonsenso, in condizioni di enormi e inedite difficoltà, anche a causa di una precedente “normalità” che si è rivelata essere parte del problema. Molte di tali difficoltà dipendono infatti dallo stato di decadimento di gran parte del sistema sanitario, frutto di anni di scelte dissennate di privatizzazione e di una regionalizzazione sconsiderata e scoordinata. Ed invece sembra che tutto il male origini in questo governo, spesso bersaglio di critiche anche volgari e pretestuose, veicolate dai media.

Nessuno tra i critici si prende davvero la responsabilità di dire cosa farebbe al suo posto, come andrebbe ponderata una libertà con l’altra, una sicurezza con l’altra, e quale strategia debba essere messa in campo per correggere le lamentate debolezze dell’esecutivo. Negli ultimi giorni, questa campagna che alimenta sfiducia e discredito ha raggiunto il suo acme. Dietro alcuni strumentali e ipocriti appelli alla difesa dei diritti, o del sistema delle imprese e dell’occupazione, si coglie il disegno di gettare le basi per un altro governo: un governo dai colori improbabili o di pretesa unità nazionale, di cui non s’intravede nemmeno vagamente il possibile programma, tolto un disinvolto avvicendamento di poltrone ministeriali e la spartizione di cariche di alto rango.

Il problema di questo paese non sono gli italiani, che si stanno dimostrando in media più che all’altezza della situazione, peraltro aggravata in qualche caso da gestioni regionali arroganti e approssimative. Il problema sta nella sua classe dirigente, tra i registi dell’opinione pubblica o dentro quello che si diceva un tempo “il ceto intellettuale”. Dove il segmento per quanto ci riguarda più problematico è proprio quello “democratico”. Dalla destra populista non ci attendiamo nulla e ce ne guardiamo. Non ci incantano le sue repentine conversioni al liberalismo nel nome del “tutto subito aperto, tutti liberi”. Ci preoccupano gli altri, invece, i democratici “liberali”, i grandi paladini della democrazia e della Costituzione, i cui show disinvolti e permanenti non fanno proprio bene al paese, anzi lo danneggiano.

 

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