29 Marzo, 2024
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Editoriale IL PRIMO MAGGIO – La festa dei lavoratori

di Fernando Dell’Agli – consulente aziendale, formatore e counselor

In questo periodo di grave pandemia in tutto il mondo, di quarantena e di arresto forzato della maggior parte delle attività produttive, con conseguente  perdita del salario per moltissimi lavoratori, parlare di “festa dei lavoratori” può sembrare stridente se non addirittura provocatorio; eppure proprio la situazione che stiamo vivendo può aiutarci a fare riflessioni non retoriche o banalmente celebrative su quando e perché è nata, e soprattutto su come potrà e dovrà essere il lavoro quando torneremo alla normalità.

La Festa dei lavoratori viene celebrata il 1º maggio di ogni anno in molti paesi del mondo, per ricordare tutte le lotte per i diritti dei lavoratori, originariamente nate per la riduzione della giornata lavorativa. E’ una ricorrenza istituita nel 1889 a Parigi, ispirata da una vicenda accaduta a Chicago tre anni prima. Il 1° maggio 1886 era stato indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti con il quale gli operai rivendicavano migliori e più umane condizioni di lavoro: chiedevano una giornata lavorativa di 8 ore, e non di 12 ore o anche più, e di lavorare in condizioni di sicurezza. Ci furono proteste per tre giorni e scontri tra i lavoratori in sciopero e la polizia, al culmine dei quali ci furono dei morti tra i lavoratori e i poliziotti; uno sconosciuto gettò una bomba che uccise lavoratori e poliziotti, alcuni lavoratori furono arrestati e condannati a morte, in alcuni casi senza prove valide.

Come nasce la festa del lavoro e dei lavoratori

A Parigi nel luglio 1889, durante il primo congresso della Seconda Internazionale (l’organizzazione creata dai partiti socialisti e laburisti europei) fu lanciata l’idea di una grande manifestazione per chiedere la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore; ricordando quanto avvenuto a Chicago il 1° maggio 1886 si decise che la manifestazione per celebrare il lavoro equo ed i diritti dei lavoratori si tenesse il 1° maggio. In Italia il 1° maggio è divenuta Festa Nazionale del lavoro  e dei lavoratori nel 1947, e oggi è celebrata in molti paesi del mondo; in Italia si sono fatti successivi progressi, il più significativo dei quali è stato l’approvazione della legge 20 maggio 1970, n. 300 che ha istituito lo Statuto dei Lavoratori. Dobbiamo ricordare che il diciannovesimo secolo ha visto l’enorme sviluppo della produzione industriale, per cui il lavoro, che prima era essenzialmente il lavoro degli agricoltori nei campi e degli artigiani nelle loro botteghe, ha introdotto il rapporto uomo-macchina; in tutti i casi il lavoro era comunque sforzo fisico logorante, di qui le rivendicazioni per orari ragionevoli e condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro

Sviluppo della tecnologia e dell’informatica e mutamento delle condizioni di lavoro

Nel secolo appena concluso le macchine hanno progressivamente ridotto lo sforzo fisico dei lavoratori, i quali però erano spesso costretti ad operazioni ripetitive ed alienanti, anche se meno faticose. Un grande cambiamento è avvenuto negli ultimi decenni, quando l’enorme sviluppo della robotica e dell’informatica hanno ulteriormente ridotto la fatica fisica e creato nuove opportunità prima nemmeno immaginabili, ma hanno richiesto ai lavoratori, a tutti i livelli, dall’operaio all’impiegato al manager, di apprendere nuove tecniche, nuovi modi di pensare ed agire, nuove modalità di relazione.

Poiché siamo ancora, purtroppo, una società maschilista, parliamo sempre di operai, lavoratori, manager sempre al maschile, ma non dimentichiamo la crescente importanza della presenza femminile nelle fabbriche e negli uffici, fino ai più alti livelli di responsabilità, e del prezioso ruolo che svolgono, là dove la razionalità maschile può integrarsi con la sensibilità e la creatività femminile.

Come cambierà il mondo del lavoro 

Ma cosa cambierà nel mondo del lavoro, come persone e come organizzazioni, dopo la fine della pandemia? Perché è certo che questa quarantena, questa stasi forzata, ci ha costretto a ripensare tante nostre abitudini, a mettere in discussione tanti comportamenti, a scoprire nuove forme di lavoro da casa, grazie alla tecnologia. In un mio recente articolo pubblicato sia sull’Agone che sulla mia rivista professionale AIF Learning News, e intitolato “Co – Vi – D: Come Vivremo Dopo la pandemia” ho parlato dell’uso dei computers e delle reti di comunicazione per effettuare lo smart working e lo smart teaching, ovvero il lavoro da casa e l’insegnamento a distanza, cercando di metterne in evidenza sia i vantaggi che i limiti e i rischi.  L’augurio è quello che la pesante crisi economica innescata dal prolungarsi della pandemia, con la conseguente chiusura di tante fabbriche, nella maggior parte dei casi temporanea ma in alcuni casi anche definitiva, non si traduca nella perdita di molti posti di lavoro; se così fosse non si potrebbe proprio parlare di festa dei lavoratori!  In ogni caso dopo questa prolungata quarantena molte cose cambieranno; rimando il lettore al mio articolo citato sopra per valutare pregi e limiti dell’insegnamento a distanza, e desidero invece riprendere quanto ho scritto per mettere in evidenza cosa potrà mutare, a mio avviso, nel mondo del lavoro dopo questa crisi planetaria.

II telelavoro e le sue conseguenze

Crisi in greco vuol dire passaggio, scelta, trasformazione, e nella nostra lingua ha quasi sempre significato negativo; sta a noi indirizzare questa trasformazione verso conseguenze e risultati positivi. Il telelavoro, ovvero il lavoro fatto da casa usando i moderni mezzi di telecomunicazione, chiamato dagli inglesi smart working, permetterà a molti lavoratori (esclusi purtroppo quelli addetti al funzionamento di macchinari o al trasporto di merci) di avere risparmi di tempo e di denaro non dovendo recarsi ogni giorno in ufficio, e alle aziende di risparmiare sui costi di illuminazione e riscaldamento; alleggerirà il traffico e ridurrà l’inquinamento. Le persone avranno più tempo e denaro da dedicare a sé stesse, ai propri cari, ai loro hobbies. Però si ridurranno di molto i rapporti interpersonali tra colleghi, bisognerà imparare rapidamente nuove modalità lavorative e organizzative, c’è il rischio che alcune aziende decidano di ridurre il personale. In ogni caso dopo ogni grave crisi ci sono state profonde trasformazioni, non solo negative, nel modo di lavorare e di vivere, fatte di innovazioni, di scoperte, di nuovi modelli sociali, di benefici e di miglioramenti. Adesso dobbiamo preoccuparci profondamente di rispettare e curare la madre Terra, altrimenti non solo il lavoro ma anche il cibo verranno a mancare. E’ la sfida di fronte alla quale si devono impegnare politici, sindacalisti, uomini di cultura, semplici cittadini, tutti quanti noi;  è una sfida per l’intera umanità dove il ruolo di ognuno è fondamentale affinché l’unione sia la forza con la quale creare un mondo migliore.

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