8 Maggio, 2024
spot_imgspot_img

Chi ha chiuso un’attività ha diritto a un indennizzo, dice l’amministrativista Cintioli

AGI – La pandemia di coronavirus è un evento imponderabile e per molti aspetti imprevedibile, che comporta un costo sociale enorme. In questa prima fase di risposta all’emergenza, “nella speranza che il lockdown dia frutti importanti nella ‘guerra’ contro il virus, è indubbio che i lavoratori autonomi subiscono il costo maggiore”.

Parte da questo assunto l’analisi di Fabio Cintioli, giurista e professore ordinario di Diritto amministrativo all’università di Studi Internazionali di Roma, che all’AGI spiega: “C’è un problema di distribuzione del costo sociale dell’emergenza, che l’ordinamento deve assicurare sia equilibrato tra le varie categorie di lavoratori, tutte egualmente incolpevoli di fronte a una simile calamita’”.

Per farlo, come l’esperto sottolinea anche nel paper pubblicato su un sito specialistico, “è necessario riconoscere ai lavoratori autonomi il diritto a un indennizzo, la cui entità dovrà essere determinata in modo da garantire, per quanto possibile, questo equilibrio. Il che mi porta a dire che la misura dei 600 euro mensili non sia adeguata. E certamente non lo è per le persone meno abbienti”.

Continua nel ragionamento il professore, che è stato anche segretario generale dell’Antitrust e consigliere di Stato: “Pensiamo ai barbieri, ai negozianti, alle guide museali. C’è un enorme mondo di autonomi colpito da questo evento drammatico. Il nostro è un ordinamento che assicura diritti ai cittadini – osserva ancora – anzi quello dei diritti in Italia è stato un tema fin troppo centrale, sino a sottovalutare i doveri, che però stavolta mi sembra sia stato trascurato”.

Molti lavoratori autonomi, fa poi notare, “oltretutto esercitano la loro attività sulla base di autorizzazioni amministrative e l’ordinamento prevede la possibilità che lo Stato revochi una licenza per ragioni di interesse pubblico sopravvenuto. Sicchè le misure emergenziali equivalgono ad altrettante revoche temporanee dell’autorizzazione.

E la legge dice che in questo caso bisogna dare un indennizzo – sottolinea Cintioli – e non un’aspettativa di solidarietà sociale come secondo me è l’indennità una tantum dei 600 euro. C’è un vero e proprio diritto ad avere un serio e ragionevole ristoro”, insiste. Quindi, tira le fila delle sue riflessioni, “siccome c’è già una norma che dice questo e siccome si tratta di una revoca temporanea, l’idea di fondo è che una equa distribuzione del costo sociale debba passare per il riconoscimento di un vero diritto”.

Auspicio del professore è che il Governo tenga conto di questo “perché è ancora in tempo per porvi rimedio”. Se non lo farà infatti, secondo l’analisi del giurista, i lavoratori autonomi che operano sulla base di una licenza commerciale possono fare ricorso e richiedere “un serio ristoro”.

Sulle dichiarazioni del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, che oggi ha parlato di 800 euro e non più 600, il professore ha infine osservato: “La nuova cifra non cambia molto le prospettive per chi si trova in una situazione di difficoltà, perché l’adeguatezza dovrebbe essere correlata anche al tipo di costi che si hanno. Per esempio, in Germania sono state previste misure ben più incisive e immediate. E questa è una strada che secondo me è corretto seguire”.

Ultimi articoli