26 Aprile, 2024
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Gli alunni della Corrado Melone in visita agli Eurofighter

Chi difende i nostri cieli? Noi della “Corrado Melone”, venerdì 16 novembre, ci siamo recati a Grosseto per visitare il IV Stormo dell’Aeronautica Militare, una delle più antiche basi militari e molto importante perché è stato la prima ad avere gli “Eurofighters”, gli aerei “caccia” che ci difendono da tutti i pericoli che possono provenire dal cielo.

Il IV Stormo di stanza a Grosseto, nato il 1° giugno del 1931, è un corpo dell’Aeronautica Militare la cui sede è dedicata al pilota Amedeo D’Aosta. Il simbolo dello stormo è un cavallino rampante (simile a quello della Ferrari, ma differente per la posizione della coda che, a dirla tutta, per la Ferrari è sbagliata: nessun cavallo ha la coda diretta in alto), quello stesso simbolo che era proprio sull’aereo di Francesco Baracca, il pilota che si era distinto nella prima guerra mondiale.

Una particolarità, che i nostri professori ricordano, è che proprio qui a Grosseto, l’11 dicembre 2003 (nessuno di noi era già nato) ci fu una sfida in velocità fra un Eurofighter e la F2003 Ferrari Formula 1 guidata dal grande Michael Schumacher. Una sfida vinta alla grande proprio dall’Eurofighter.

Appena arrivati, scesi dal pullman e consumato le nostre merende, un po’ infreddoliti, siamo entrati nella caserma per iniziare la visita guidata. Qui siamo stati accolti da un istruttore che, dopo averci salutato, ci ha spiegato tutte le regole da seguire all’interno dell’area militare, i compiti dello Stormo e cosa avremmo visto durante la visita. Il 4° Stormo è un corpo speciale che lavora nei cieli e difende lo spazio aereo e la popolazione da possibili attacchi aerei e impedisce eventuali atti terroristici.

Entrando nell’hangar, abbiamo visto l’Eurofighter Typhoon, il più avanzato aereo da combattimento mai sviluppato in Europa, molto efficace nella difesa aerea, per intercettare e identificare qualunque traccia aerea sospetta, rilevata dai radar, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, una vera opera d’arte ha detto la professoressa. Esso è il frutto di un progetto e della collaborazione industriale di Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna. Gli Eurofighters sono aerei “stealth”, ossia praticamente invisibili ai radar, così da essere efficaci nel loro ruolo: difendere lo spazio aereo italiano. Questi velivoli devono essere sempre efficienti e, quindi, sono controllati continuamente.

Le nostre “guide” ci hanno spiegato le caratteristiche di questo “caccia”. È molto stressante guidare un aereo come questo, perché la sua velocità arriva a superare i 2000 km/h (cioè oltre Mach 2, che significa il doppio della velocità del suono e quindi arriva prima ancora che si senta il suo terribile rombo) che raggiunge già a 400 metri di altezza. Ma perché vola un aereo? La velocità dell’aria sulla parte superiore dell’ala è maggiore della velocità sulla parte inferiore e, quindi, la pressione dell’aria sopra l’ala è minore di quella sotto e questa differenza di pressione dà origine ad un “risucchio”, cioè una forza diretta verso l’alto che solleva il velivolo. La forma dell’ala è progettata proprio in modo che, quando l’aereo è in volo, l’aria si muova più velocemente sulla superficie superiore rispetto a quella inferiore; così si crea una differenza di pressione e, quindi, una forza risultante verticale che spinge l’ala verso l’alto, ma la posizione dell’ala è mobile (quella degli aerei di linea è invece fissa) e questo permette a questi aerei anche di volare sottosopra e fare il “giro della morte”. La forza risultante si chiama portanza dell’ala.

Dopo la spiegazione, due alla volta, siamo saliti su di una scaletta e così abbiamo potuto vedere da vicino l’aereo, senza però entrare a bordo, peccato! Proprio in quel momento, sono decollati alcuni “caccia” che hanno provocato un rumore assordante! Il pilota, per prima cosa, deve mettere le cinture di sicurezza, ovvero si deve “legare”. L’Eurofighter, che pesa 18 tonnellate, alla velocità normale supera la velocità massima degli aerei civili; è un velivolo invisibile ai radar, in quanto è rivestito da una vernice particolare che riflette pochissimo le onde del radar. Esso possiede tre schermi collegati a un computer, che forniscono al pilota tutte le informazioni relative al volo, un mouse e una tastiera; vi è poi un altro schermo trasparente che riassume le informazioni presenti nei tre schermi. Il seggiolino è eiettabile, tramite una leva, e, ai suoi lati, ci sono tutta una serie di cinghie e cinture per proteggere il pilota, che servono, anche in caso di pericolo, per attivare una sequenza che dura 5 secondi, per espellere il pilota dall’aeroplano a duecento metri di distanza (se il pilota non fosse strettamente legato al sedile, un possibile urto contro l’aereo lo ridurrebbe in brandelli). Si attiva poi un allarme che dà ai radar il segnale e permette di localizzare il pilota. In effetti, il seggiolino nella parte inferiore, ha una carica esplosiva per lanciarlo fuori dall’aereo ed un paracadute con anche viveri necessari per la sopravvivenza. Ogni pulsante presente nella cabina di pilotaggio ha sette funzioni diverse che i piloti devono riconoscere al tatto. Gli Eurofighters sono di due tipi: un monoposto e un biposto. Un aereo di questa categoria costa circa 60 milioni di euro, senza accessori (l’armamento, le taniche…).

Successivamente, abbiamo visitato il XX Gruppo Addestramento Operativo, ovvero la scuola di volo, dove si può imparare a pilotare un Eurofighter. La scuola di addestramento per questo tipo di aereo dura dieci mesi mentre, per diventare piloti, bisogna frequentare 8 anni di scuola. Abbiamo incontrato due militari che ci hanno mostrato delle slides; il giovane, ma esperto, comandante, ci ha raccontato le sue esperienze di lavoro e di volo. A seguito di un ordine di “scramble” (che nel gergo militare significa far decollare un caccia intercettore per raggiungere e identificare un aereo sconosciuto), gli Eurofighters riescono ad essere in volo in pochissimi minuti, superando la barriera del suono. Quando riceve l’ordine di decollo immediato, il pilota non sa dove stia andando e chi stia andando ad intercettare. Solo a bordo del velivolo, prima di decollare, il pilota comincia a ricevere dai controllori della difesa aerea le prime indicazioni della missione. Per farci capire meglio la velocità che possono raggiungere questi aerei, il comandante soprannominato “Fibo” (da Fibonacci) ci ha raccontato che per andare a Milano, partendo da quella caserma, ha impiegato 18 minuti senza portare il velivolo alla massima velocità. Parlando delle scie chimiche il comandante ha sorriso ed ha spiegato che si tratta solo di scie di condensazione dell’acqua che loro cercano in tutti i modi di evitare in quanto devono risultare invisibili quando sono in volo, mentre una scia rimane visibile per chilometri di distanza, per cui, con i dati di temperatura ed umidità, fanno in modo di volare senza produrre alcuna scia. A chi ha chiesto di oggetti volanti non identificati, ha spiegato che tutti i segnali dei radar che non sono associati ad un velivolo autorizzato sono tutti degli “Unidentified Flying Object”, il loro lavoro è proprio identificarli, nel caso aiutare il pilota che non si è fatto identificare e, in caso di pericolo, abbatterlo; tuttavia sinora, per fortuna perché non siamo in guerra, gli UFO, sono stati tutti identificati senza necessità di sparare alcun colpo. Una curiosità: il loro lavoro li porta anche in missione al servizio di altre Nazioni europee che hanno una debole difesa aerea o che, per legge, non la hanno affatto.

Ci siamo spostati, in seguito, in un’altra sala, dove ci è stato mostrato l’equipaggiamento che ha in dotazione un pilota. Le sollecitazioni cui sono sottoposti i piloti in volo sono molto elevate. Per la sicurezza dei piloti, le tute “anti-g” (“g” in fisica rappresenta la accelerazione di gravità) sono tecnicamente studiate per gonfiarsi nella zona delle gambe per limitare la circolazione sanguigna e mantenere costante l’afflusso del sangue al cervello: quando il caccia fa un movimento rapido, la tuta si riempie di aria, per non far passare il sangue troppo rapidamente dalla testa ai piedi perché potrebbe causare uno svenimento del pilota. Oltre alla tuta, che ha un salvagente incorporato, ci sono altri dispositivi: un casco “base” dotato di microfono, che garantisce la protezione della testa e il contatto con la torre di controllo; un casco elettronico sulla cui visiera/schermo vengono proiettate tutte le informazioni del volo; un cappellino bianco che in caso di emergenza permette di farsi localizzare dai radar. Nella tasca della giacca sono presenti: una pistola lanciarazzi, da utilizzare per farsi localizzare, nel caso si effettui un atterraggio di emergenza, e una mini-radio per le comunicazioni tra il personale di bordo e quello di terra; un kit di medicinali e una busta termica. Nel caso in cui si debba sorvolare una zona oceanica, in aggiunta alla tuta, è in dotazione una muta termica. Infine, siamo entrati in un’altra sala, dove abbiamo scattato alcune foto e preso alcuni gadgets che ci sono stati donati.

La visita è stata interessante e istruttiva, perché abbiamo potuto vedere da vicino aerei potenti e tecnologici; le persone che abbiamo incontrato, molto preparate, si sono mostrate disponibili e simpatiche, con l’espressione di chi ama il proprio lavoro. A qualcuno di noi è dispiaciuto non poter entrare nella cabina di pilotaggio, come è stato permesso alle professoresse ed al preside, ma in conclusione, ci è piaciuta molto questa esperienza, bella e insolita; il tempo è “letteralmente” volato! Per alcuni di noi, di certo, questa rimarrà l’uscita didattica preferita.

Grazie ai docenti e al Preside che ci hanno accompagnati, permettendoci questa attività, e grazie anche al personale del IV Stormo che ci ha ospitati e al Ten. Col. Beneton, il “gancio” che ha permesso di organizzare questa uscita.

 

  1. Boccacci, T. Bozzelli, L. De Angelis, T. Peluso, E. Stachie, M. Venturini 2M

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