5 Dicembre, 2025
spot_imgspot_img

Giornale del Lago e della Tuscia edito dall'Associazione no-profit "L'agone Nuovo". Per informazioni su pubblicità e le nostre attività: 339.7904098 redazione@lagone.it

7 Il fascino disordinato del comportamento umano (il mio viaggio in Cina)

Viaggiare in Cina significa anche immergersi in un universo comportamentale che, a tratti, può sembrare caotico, ma che rivela una logica tutta sua. È come osservare una danza urbana, fatta di gesti, abitudini, rumori e silenzi che raccontano una cultura millenaria alle prese con la modernità. Una delle prime cose che ho notato è stata l’estrema variabilità nei comportamenti quotidiani. Alcune abitudini, ormai rare, ma ancora presenti, mi hanno riportato ai ricordi d’infanzia: il suono gutturale di chi scatarra e sputa a terra, senza distinzione di genere o contesto. Mi è stato raccontato che il governo cinese ha cercato di limitare questa pratica in occasione delle Olimpiadi del 2008, lanciando campagne di educazione civica per ridurre comportamenti considerati poco decorosi come il divieto di sputare, la promozione dell’uso delle code e l’incoraggiamento al saluto formale, per accogliere con maggiore decoro i visitatori stranieri. Eppure, in certi angoli, quel suono resiste come eco di un passato non del tutto svanito.

Proxemics

Altre abitudini mi hanno sorpreso: il camminare ciabattando, il masticare a bocca aperta, il chiamarsi urlando anche a pochi centimetri di distanza (magari con un malcapitato intermedio), e persino il ruttare a fine pasto, talvolta anche in contesti raffinati. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato il contatto fisico involontario, quasi sistematico. Essere urtati mentre si cammina, senza che nessuno si scusi o si offenda, è un’esperienza che può disorientare. Eppure, basta uno sguardo fugace per capire che non c’è malizia, solo una diversa percezione dello spazio. In effetti, in Cina, la “zona di rispetto” è molto più ridotta rispetto agli standard occidentali perché l’alta densità urbana e la vita in spazi condivisi hanno reso il contatto fisico accidentale socialmente accettabile. Insomma, gli studi sulla proxemics, indicano per la cultura cinese la tolleranza di una maggiore vicinanza tra individui, soprattutto in contesti pubblici

La prova più concreta l’ho vissuta a Xi’an, tra i corridoi affollati del sito dei Guerrieri di Terracotta. I visitatori si muovevano in formazione compatta, quasi come una testuggine romana, mentre le guide urlavano attraverso amplificatori portatili impostati a volume altissimo, forse per sovrastare il frastuono delle altre guide e dei turisti stessi. Le guardie, nel frattempo, lanciavano ordini dai megafoni per mantenere il flusso in movimento. Un concerto di voci, rumori e spinte che, paradossalmente, non generava tensione, ma sembrava parte integrante dell’esperienza.

In effetti, dopo la fine del lockdown, il turismo interno cinese ha vissuto un vero boom. I cittadini hanno riscoperto il desiderio di esplorare il proprio Paese, e in ogni luogo visitato ho trovato folle impressionanti di turisti, composte quasi esclusivamente da cinesi. Un fenomeno che ha trasformato i siti storici in oceani di curiosità e fotocamere. Nel 2023, la Cina ha registrato oltre 489 milioni di viaggi domestici, superando i livelli pre-pandemici. D’altro canto il turismo interno è favorito da infrastrutture moderne e da una crescente classe media desiderosa di esperienze culturali.

Vissuto altrove

Questa densità di presenze mi ha ricordato scene vissute altrove. A New York, ad esempio, durante una lunga coda per salire sul battello verso Liberty Island, un’anziana signora cinese continuava a spingermi sulla schiena, nonostante lo spazio disponibile e l’impossibilità di avanzare. Un gesto che, se interpretato con occhi occidentali, può sembrare invadente, ma che, in realtà, è solo un diverso modo di vivere lo spazio e il tempo.

In Cina, il comportamento non è sempre conforme alle nostre aspettative, ma è autentico. Se si riesce a superare il primo impatto, si scopre un mondo dove il rispetto non si misura in centimetri, ma in intenzioni. Dove il caos è parte dell’armonia. E dove, anche tra urti e urla, si può trovare la meraviglia.

Rispetto

Tuttavia, a contrasto con la quasi assenza di area di rispetto, una delle esperienze più sorprendenti e forse più toccanti è stata l’incontro con la gentilezza formale, discreta e profondamente radicata nella cultura locale. Non si tratta di semplice cortesia, ma di un vero e proprio codice di comportamento che affonda le sue radici nel pensiero confuciano, dove rispetto, armonia e gerarchia sociale sono pilastri della convivenza.

Ogni gesto quotidiano sembrava riflettere questa filosofia: il sorriso sempre presente, il porgere oggetti con entrambe le mani (segno di massima attenzione e rispetto), il non indicare mai nulla con le dita (si preferisce usare l’intera mano o un gesto più morbido), l’inchino appena accennato nel saluto (soprattutto verso persone anziane o di rango superiore). Anche i bambini (ne ho incontrati tantissimi, accompagnati da genitori o nonni) sembravano incarnare questa compostezza: mai un capriccio, mai un urlo, mai una scenata. Un equilibrio che, per chi arriva da contesti più rumorosi e impulsivi, può sembrare quasi irreale.

I bambini cinesi sono spesso educati fin da piccoli al rispetto delle regole e al controllo emotivo e la presenza dei nonni nella crescita è molto comune, contribuendo alla trasmissione dei valori tradizionali. La scuola, tenuta in massima considerazione, e la famiglia promuovono la disciplina come forma di rispetto verso gli altri.

Anche nei mercati, dove ci si aspetterebbe una certa insistenza, ho trovato venditori che proponevano i loro prodotti con garbo, senza pressioni. Le trattative commerciali si svolgevano con eleganza, e il gesto finale, quello che chiude l’accordo, sembrava più un favore che una concessione. Nessuna colpevolizzazione per lo sconto ottenuto, nessuna tensione: solo il piacere di aver concluso un affare con rispetto reciproco.

Questa gentilezza diffusa mi ha fatto riflettere. In certi momenti, ho provato un senso di disagio pensando a comportamenti che, da noi, sembrano ormai normalizzati: l’arroganza, la maleducazione, l’indifferenza. Eppure, un sorriso, un gesto gentile, un’accortezza non costano nulla, ma rendono il mondo infinitamente più vivibile.

La Cina mi ha insegnato che la gentilezza non è debolezza, ma forza silenziosa. È un linguaggio universale che non ha bisogno di traduzioni. E in un viaggio che mi ha portato lontano, è stato proprio questo linguaggio a farmi sentire più vicino.

Riccardo Agresti

 

La puntata precedente: 6 Volti diversi, sorrisi uguali

Il prossimo appuntamento: 8 Il sapere in Cina tra regole e rivoluzioni

Ultimi articoli