5 Dicembre, 2025
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6 Volti diversi, sorrisi uguali (il mio viaggio in Cina)

Non si può viaggiare in Cina senza confrontarsi con il pregiudizio, come quello che ti fa pensare, a torto, che i volti si somiglino tutti, che ogni persona sia parte di una massa indistinta. Ma appena si apre lo sguardo con curiosità, tutto cambia. La Cina è uno degli Stati più etnicamente diversificati al mondo: 56 gruppi etnici ufficialmente riconosciuti, ognuno con lingua, costumi, tradizioni e anche aree di residenza proprie, spesso concentrate in regioni autonome. Gli Han, quelli che consideriamo come “cinesi”, costituiscono circa il 91% della popolazione. Tra le etnie minori spiccano i Tibetani, gli Zhuang, i Miao, i Dong, i Mongoli, i Uiguri (musulmani turcofoni) e molti altri e ogni gruppo celebra feste tradizionali e indossa abiti cerimoniali tipici, spesso visibili durante le festività regionali.

Questa pluralità è una ricchezza silenziosa. Non la percepisci nei numeri, ma nei dettagli: nei tratti del viso, nei colori degli abiti, nei suoni delle lingue parlate nei mercati. E se noi occidentali fatichiamo a distinguere le sfumature dei volti asiatici, sappiate che il processo funziona anche all’inverso: anche per i cinesi, noi europei sembriamo tutti “uguali” e “strani”. Durante la mia permanenza, ho vissuto una delle esperienze più divertenti e curiose del viaggio: venire trasformato, inconsapevolmente, in attrazione. Ragazze e ragazzi, ma anche adulti e anziani, si avvicinavano sorridenti per chiedere, rigorosamente a gesti, un selfie con noi turisti. Era un gioco gentile, pieno di curiosità. In alcune aree, la presenza di stranieri occidentali è ancora rara e l’entusiasmo con cui venivamo accolti ricordava quello riservato a pacifici alieni pacifici atterrati in visita da un pianeta lontano. Ora, sono presente in almeno sei telefonini cinesi, immortalato accanto a volti felici. Immagino che molti altri scatti siano arrivati “di nascosto”, con discrezione. Ma va bene così: io stesso ho collezionato diverse foto al volo durante le passeggiate, cercando di catturare l’attimo.

Ho scoperto che il selfie con lo straniero è considerato un gesto di buon auspicio o forse semplicemente una divertente novità, ma su piattaforme locali come Weibo o Xiaohongshu, circolano interi thread di selfie con turisti “esotici”.

Naturalmente, anche in Cina esistono tensioni. Le autonomie concesse ad alcuni gruppi etnici, come gli Uiguri, cui fu derogata la politica del figlio unico (ricevettero deroghe che consentivano due o più figli), hanno generato malcontenti. Invece di criticare la rigidità della norma, talvolta si è preferito indirizzare l’invidia verso chi ha beneficiato di una deroga, senza considerare le difficoltà e le limitazioni che quelle stesse minoranze affrontano in altri ambiti.

Nel caleidoscopio di questo viaggio, una cosa è diventata evidente: la diversità è reale, profonda e tangibile, ma gli sguardi, anche se curiosi o stupiti, sono sempre stati rispettosi. La bellezza della Cina non è solo architettura, natura o tecnologia, è anche nelle persone che la abitano, che ti osservano come parte di un mondo che vogliono conoscere e accogliere.

Sorridere davanti a un cellulare insieme a una persona sconosciuta, in una lingua mai parlata, può diventare un atto di comunione. Ed è lì che il viaggio acquista la sua meraviglia.

Riccardo Agresti

 

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Il prossimo appuntamento: 7 Il fascino disordinato del comportamento umano

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