14 Dicembre, 2025
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Coronavirus Lazio giallo o arancione? L’ansia dei ristoratori: “Non possiamo essere solo noi gli untori”

Ore di attesa per i ristoratori romani che attendono le decisioni del ministero. Tutti pronti a rialzare la serranda già da domenica. “Non sappiamo come pagare l’affitto, i gestori dei bar non hanno più soldi per fare la spesa e portarla al casa. Abbiamo perso l’80% del fatturato”

Il tempo stringe. L’attesa logora. Soprattutto i ristoratori romani, i quali si dicono pronti ad alzare la serranda e a prendere le prenotazioni a pranzo, già a partire da domenica prossima. Sempre se il Lazio diventerà zona gialla. Per saperlo bisognerà aspettare domani, quando il ministro della Salute, Roberto Speranza , assegnerà (o confermerà) il colore alle regioni italiane.

“Aspettiamo con ansia che ci venga detto se resteremo arancioni o torneremo gialli, quando potremo riaprire, finalmente, le attività e ridare speranza ai ristoratori”, dice Sergio Paolantoni, alla guida di Fipe-Confcommercio Roma. La crisi è palpabile. La disperazione, anche. “Vedere i bar e i ristoranti chiusi, con attività di asporto limitata, è molto frustrante. I negozi e i centri commerciali sono rimasti aperti. Mentre noi restiamo a guardare”.

Quello della ristorazione è uno dei settori più colpiti dalla pandemia. “Ma il fatto di tornare gialli e poter riprendere le nostre attività ci rende ottimisti – dice Paolantoni, già presidente di Palombini Eur srl – anche in vista delle grandi perdite: solo nel 2019, a Roma e nel Lazio, il settore della ristorazione ha perso quasi 3miliardi di fatturato, l’estate 2020 è stata un’ecatombe per le nostre attività, che fanno della socialità il loro punto di forza”.

Quelle in arrivo sono ore cariche di tensione, insomma. Se il Lazio dovesse restare in zona arancione? “Non voglio nemmeno pensarci – risponde Paolantoni – dobbiamo diventare zona gialla. Non so più come tenere a freno la base. I numeri della pandemia, per fortuna, stanno migliorando”.

Gli ultimi dati sono incoraggianti. Ma non così scontati. “Regna il caos – taglia corto Valerio Laino, proprietario del ristorante di pesce, rione Monti – Siamo in stand by. Non so se chiamare o meno i dipendenti. Non so se conviene riaprire o restare chiusi. Col senno del poi, entro stasera dovrei ordinare il pesce per averlo domenica a pranzo”.

Una corsa contro il tempo. “Rischiamo di non riuscire ad organizzarci bene. Il locale è chiuso dal 23 dicembre. Andrebbe sistemato prima di riaprirlo. Il Governo non tiene conto delle nostre necessità, né tanto meno delle nostre ulteriori perdite economiche. Pensa solo a spartirsi le poltrone. Mentre noi aspettiamo ancora i ristori di Natale …”

“Non possiamo essere solo noi gli untori – si sfoga il presidente di Fipe Confcommercio Roma – Siamo pronti a mettere misure più stringenti e a distanziare maggiormente i tavoli, se è questo che vogliono. Ma queste regole devono valere anche per i supermercati, gli alimentari, i negozi di abbigliamento. Invece la fascia arancione colpisce solo noi”.

La differenza tra zona gialla e arancione riguarda principalmente la possibilità di consumare cibi e bevande all’interno di bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie. “Questo è incomprensibile”, tuona Paolantoni. “Fateci aprire. Vogliamo lavorare”.

È il grido di aiuto che lanciano i rappresentanti di categoria. “I ristoratori non sanno come pagare l’affitto del mese, i gestori dei bar non hanno più soldi per fare la spesa e portarla al casa. Hanno perso l’80% del fatturato – insiste Paolantoni – Ci sono dipendenti che preferiscono licenziarsi per prendere il reddito di cittadinanza piuttosto che la cassa integrazione. Non possiamo continuare così”.

(La Repubblica)

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