È di queste settimane l’arrivo in commissione Sanità di una proposta di legge presentata lo scorso maggio. La legge, “Interventi a favore della famiglia, della natalità e della crescita demografica”, avrebbe lo scopo di favorire appunto la crescita demografica e la natalità. “Avrebbe”, perché in realtà è un nemmeno troppo velato attacco alla legge 194 sull’aborto, strizzando l’occhio ai cosiddetti “pro-life”. Un manifesto ideologico che sembra uscito da un’altra era geologica. Eppure sembra che la destra voglia tirare dritta, sorda agli appelli di associazioni e forze sociali.
La legge, presentata e voluta dall’assessora della Lega Simona Baldassarre, è composta da 27 articoli e mette a disposizione circa 12 milioni di euro (di per sé non sufficienti nemmeno allo scopo che proporrebbe) per il triennio 2025-2027. Un testo, di fatto, basato su bonus e misure estemporanee che non affronta le vere cause del calo delle nascite: precarietà del lavoro, perdita del potere d’acquisto dei salari, politiche per la casa, mancanza di servizi educativi pubblici e accessibili in quantità e qualità, come ben spiegato da un comunicato della CGIL di Roma e del Lazio.
La norma ha in ogni caso ricevuto il placet e il plauso delle associazioni pro-vita, cui la stessa assessora è vicina (è stata definita “amica” in Commissione), guarda alla famiglia tradizionale e alla tutela del nascituro già dal concepimento. Già questo lascia pensare a quale sia il vero intento di questa legge: più che favorire l’aumento delle nascite si traspare una visione ideologica fortemente limitante e anti-scelta per il diritto all’autodeterminazione delle donne. Principi che cozzano con la 194 e la libertà di abortire. Per non parlare dell’esclusione dei consultori pubblici, a 50 anni dalla loro istituzione, e del mancato recepimento e riferimento alla Convenzione di Istanbul.
Il quadro generale che fuoriesce dal testo è quindi pericoloso: oltre a disciplinare la vita delle persone ha il chiaro intento di stabilire il modello sociale della destra di governo. Una visione chiusa e cieca. Pensare e pretendere di introdurre la personalità giuridica del concepito (“salvaguardare la gravidanza e il nascituro dal momento del concepimento al parto”) e di legiferare in questo modo su un tema simile, porterebbe inevitabilmente a un sovrapponimento con le legge nazionali. In caso di approvazione, infatti, la norma verrebbe certamente impugnata. Ma evidentemente su questo, i precedenti, per la destra che governa la Regione, non sono sufficienti. Vedi il caso delle ultime richieste di intervento del Governo sulla legge 171, approvata lo scorso luglio, riguardanti l’urbanistica, che di fatto smontano l’impianto varato dalla Giunta.
Gli aspetti politico-culturali rendono quindi il dibattito sulla legge di per sé già inquinato e inquinante. Un testo ideologico che per molti aspetti ricorda la proposta di legge Tarzia del 2010, all’epoca dell’amministrazione Polverini, la quale venne fortemente contrastata dalle opposizioni, dai giuristi, dalle associazioni e dalle piazze. In quel caso finì con un ritiro della legge.
Va poi detto che leggi e strumenti per ottenere risultati sul tema già esistono, eppure si preferisce la promozione di un intervento legislativo fatto di piccole mance e voucher, senza tenere conto di un intero sistema cui non vengono messi i giusti finanziamenti. Nella Regione Lazio esistono già una parte importante di tutele, ma vanno finanziate. A partire dagli asili nido e dai consultori pubblici. In questo modo si definanziano ulteriormente.
Ciò che appare è la volontà di voler proporre un provvedimento da poter rivendicare e rilanciare a mezzo stampa e social per piazzare una vuota bandierina ideologica che realizzare effettivamente un impianto legislativo valido e utile. Una divisione del mondo fra un universo ideologico e un altro che porta solo conflitto e polarizzazione e che non interviene su nulla.



