La commemorazione dei defunti con Frammenti di Sacro esalta la vita ed emoziona.
Il 2 novembre cade di domenica quest’anno, la celebrazione dei defunti, quel giorno dell’anno in cui anche i meno propensi alle visite sepolcrali vanno comunque al cimitero a portare un fiore o un pensiero; viali di ghiaia di solito silenziosi che risuonano inconsuetamente di passi e vocii mesti, recrudescenze di dolore riflesse su volti seri, spesso tristi, talvolta disperati.
Non ti aspetteresti di uscire da quel luogo di perdita con l’animo rasserenato, mai penseresti di distendere le contrazioni della malinconia in sorriso; di norma non aneli che a uscire e allontanarti, tornare alla vita, sebbene con il tuo bagaglio di mestizia e dolore.
Eppure stamattina, al cimitero di Bracciano, qualcuno ha avuto l’intuizione giusta per sconvolgere questa logica di cupezza, ha intrattenuto tanta gente in una silenziosa intimità della memoria; chi era lì ha potuto sentire i propri cari accanto ancora una volta, in una declinazione d’amore e di bellezza di quei legami spezzati.
Un’idea, otto tonalità diverse, otto professionisti che con la propria hanno restituito la voce ai cari estinti, mondati da ogni sofferenza e vestiti d’incanto.
Chi l’ha pensata, questa encomiabile possibilità, l’ha titolata “Frammenti di Sacro”, come è sacra ogni vita e ogni ricordo, come è sacro il rispetto postumo e la commemorazione a chi ci ha lasciato il testimone della vita.
Un progetto che ha intrecciato emozioni, voci, stili musicali che vanno dal pop al polifonico alle colonne sonore.
Nel cuore del camposanto, tra le colonne della cappella neorinascimentale, Labirinto Vocale, accompagnato al pianoforte da Diego Procoli e diretto da Giuliano Mazzini, ha rotto quel muro di separazione tra la morte e la vita riunendo le anime dei presenti e dei trapassati in un limbo di bellezza, quella che solo la musica e l’arte sanno creare.
Labirinto Vocale è un ottetto di voci di alto profilo, musicisti del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha saputo alternare atmosfere diverse con il denominatore comune della serenità e della pace.
Capacità e garbo stilistico, tra il sacro e il pop, hanno riempito di bello il vuoto di quel luogo di silenzio, rendendolo leggero, armonico, gradevole.
Il programma dell’evento musicale ha proposto brani Pop, l’Intreccio di Voci e La Coralità nel Cinema – brani celeberrimi come la fortunatissima “Hallelujah” di Leonard Cohen nell’arrangiamento Pentatonix, all’Ave Verum di Wolfgang Amadeus Mozart, alle colonne sonore tratte da Il Laureato, Schindler List e Sacco e Vanzetti. Voci e brani hanno intrecciato anche brani di Williams, Handel, Copland e Morricone in un dialogo di spiritualità e bellezza condivisa. Accanto ai capolavori del repertorio, anche una composizione originale, scritta da Carlo Putelli, testimonianza della vivacità creativa interna al gruppo.
Labirinto Vocale si può collocare a giusto titolo tra i grandi gruppi vocali a cappella internazionali, capaci di fondere tecnica e intensità espressiva in un unico respiro vocale.
Il sindaco di Bracciano, Marco Crocicchi, ha introdotto l’ottetto vocale sottolineando l’importanza della memoria del cimitero, l’effimera demarcazione tra chi è stato e chi è ancora anima della comunità. La storia e le tradizioni, aneddoti e curiosità riposano in quello spazio che non può considerarsi staccato dal resto del paese.
Averci portato la musica è stata una sfida riuscita, perché oltre i fiori, per due ore, si è diffusa la delicata manifestazione di come si può essere comunità in maniera più appropriata, connotando quel luogo tradizionalmente triste di delicata quiete.
Al termine del concerto, la direttrice del museo civico di Bracciano, Cecilia Sodano, ha ricordato il progetto “Bracciano sotto sopra”, che vuole rendere il cimitero un luogo vivo, una piazza aperta, un’enciclopedia umana preziosissima; accanto a lei il giornalista Marco Pastonesi ha definito il cimitero “un condominio dove non si litiga”, sigillando quel sorriso che così raramente entra all’ombra dei cipressi.
Nel rientro a casa, mi riecheggiava ancora “The sound of Silence”, il suono del silenzio sussurrato dalle parole dei profeti e dei residenti del Regno dei Giusti.
Gianluca Di Pietrantonio, redattore L’agone











