Il contributo alla settima arte di Alice Guy-Blaché è stato sottovalutato e dimenticato per il semplice fatto che era una donna: Guy-Blaché produttrice cinematografica francese, fu una regista rivoluzionaria che inserì molte novità nei suoi film come le prime storie con audio sincronizzato e, successivamente, i primissimi colori. Uno dei contributi più importanti di Alice Guy all’industria cinematografica viene considerato l’uso degli effetti speciali, che ottenne utilizzando la tecnica di doppia esposizione, filmando delle sequenze a ritroso o con doppia esposizione del negativo. Ad esempio, nel film “Le noël de monsieur le curéusò” usò per la prima volta la sovrimpressione, mentre ne “A house demolished and rebuilt” proiettò le immagini in ordine inverso. Arrivò a produrre più di mille lavori, oltre ad essere stata la prima donna della storia a dirigere un film (a soli 23 anni) e a fondare uno studio cinematografico, la Solax Company (nel 1910) in New Jersey.
Nel 2019, su di lei, è uscito un documentario firmato da Pamela Green e prodotto da Jodie Foster “Be natural, la storia mai raccontata di Alice Guy-Blaché” che ha fatto conoscere meglio il nome quasi sparito dalla storia del cinema.
Il cortometraggio “L’uscita dalle officine Lumière” proiettato nel 1895 al Grand Café al Boulevard des Capucines di Parigi dai fratelli Lumière, viene considerato la prima proiezione di pellicola della storia, fornendo formalmente ai fratelli francesi l’attribuzione dell’invenzione del Cinema. Ci furono, però, altri che lavoravano alla possibilità di creare la cosiddetta settima arte, tra cui Georges Méliès il quale apportò grande creatività alle origini del cinema e presto fu coinvolta, dalla nuova invenzione, la giovanissima (nata il 1 luglio 1873 a Saint-Mandé) Alice Guy-Blaché, ma purtroppo – come detto – il suo nome finisce nell’oblio per il semplice fatto di essere donna.
Alice studiò dattilografia e stenografia che le permisero di essere assunta come segretaria, nel 1894, nel Comptoir général de la photographie, una fabbrica di fotocamere e forniture fotografiche dove cominciò a scoprire il magico mondo delle immagini. L’anno successivo Alice iniziò a lavorare come segretaria nell’impresa di Léon Gaumont, uno dei pionieri dell’industria cinematografica (tutt’ora esiste la casa di produzione omonima), anche se all’epoca la compagnia si dedicava ancora soltanto alla costruzione di apparecchi fotografici. Nel 1895, i fratelli Lumière invitarono Gaumont, e con lui Alice, a una dimostrazione del cinematografo del quale loro furono grandi divulgatori. Alice, che aveva già scritto alcune sceneggiature teatrali e aveva un dono per raccontare storie, cercò di far comprendere al signor Gaumont il florido futuro di quell’invenzione che impiegò non poco (un paio di anni) a comprendere e decidere di creare un reparto dedicato alla produzione cinematografica del quale la direzione fu affidata ad Alice a patto che continuasse a svolgere le sue mansioni di segretaria. Nel 1896 la signora Guy realizzò il suo primo film, che intitolò “La fée aux choux” (“La fata dei cavoli”): un adattamento di un popolare racconto europeo. Il fatto di essere donna giocò a sfavore su tutti i fronti e anche Léon Gaumont menzionò appena il lavoro di Alice Guy nelle proprie memorie, pubblicate nel 1930, ulteriore motivo per cui la cineasta è rimasta praticamente sconosciuta al grande pubblico.
Tra il 1902 e il 1907 Alice diresse più di cento fonoscene (pellicole girate per il cronografo, un apparecchio che permetteva di sincronizzare immagine e suoni registrati). Purtroppo, molte di queste sono andate perdute anche se sappiamo della loro esistenza da libri, lettere e riviste dell’epoca. Nel 1905 la Guy giunse in Spagna, dove girò “La malagueña et le torero”, pellicola colorata posteriormente a mano. Il suo film successivo fu “La naissance, la vie et la mort du Christ”, che si può considerare come la prima superproduzione della storia: durava trenta minuti, comprendeva venticinque set e si avvalse di più di trecento comparse, una cosa straordinaria per il tempo di allora.
Nel 1907 Alice sposò un cameraman britannico di nome Herbert Blaché, che fu incaricato di dirigere le officine Gaumont in Inghilterra e Germania. Dopo le nozze la coppia si trasferì negli Stati Uniti, dove in un primo momento Alice decise di lasciare il lavoro di regista per dedicarsi alla casa e alla prima figlia, per poi tornare a lavorare nel 1910 e fondare, con il marito, la casa di produzione Solax Company che dal 1913 divenne la Blaché Features. La casa di produzione giunse a girare un migliaio di pellicole, ma qualcosa non funzionò nella vita privata con il marito che intraprese una relazione extraconiugale con una attrice creando ripercussioni – anche sul suo lavoro – che videro Alice costretta a tornare in Francia dove non avrebbe più diretto film; così il suo nome fu dimenticato.
Nel 1912 Alice mise mano nuovamente a una pellicola filmata nel 1906, “Les résultats du féminisme”, traendone un film intitolato “In the year 2000”: un lavoro di fantascienza in cui le donne esercitavano un potere assoluto sul mondo e i ruoli di genere si invertivano. Malgrado il tema rivoluzionario, in generale, non fu particolarmente propensa a girare pellicole di taglio femminista, probabilmente perché avrebbero potuto avere ripercussioni sul suo lavoro.
Nel 1953 Alice Guy ricevette la Legione d’onore, il più alto encomio del governo francese. Qualche anno dopo, nel 1957, ricevette un riconoscimento dalla Cinématheque française per essere stata la prima regista della storia. Nel 1964 Alice decise di tornare negli Stati Uniti in compagnia delle figlie per tentare di recuperare la propria filmografia, ma non ritrovò quasi nessuna delle sue pellicole e le poche che riuscì ad individuare erano state attribuite a registi maschi.
Alice Guy morì in una residenza per anziani a novantacinque anni, nel più completo anonimato. Da parte della stampa non le è stata dedicata alcuna riga per ricordare il suo contributo al cinema. La sua autobiografia, in cui elencava tutte le sue pellicole, non ebbe eco. Colleghi e, non ultimo, l’ex marito presero il merito dei suoi film.
Il talento e l’operato di Alice Guy è caduto nel quasi totale oblio solo per il fatto di essere nata donna. Molti passi sono stati fatti da allora ed ancora tanti ne dovranno venire per superare totalmente la discriminazione di genere, che questo avvenga nel più breve tempo possibile è il mio augurio alle donne e alla nostra società.
Marzia Onorato
Redattrice L’agone