27 Aprile, 2024
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Agricoltura, urbanistica e suolo, un bel trilemma

Di agricoltura se ne parla tanto, con trattori che sfilano in tutta Europa. Con l’urbanistica si confrontano quotidianamente gli amministratori locali. E il suolo? Questo strato dello spessore di qualche decina di centimetri è il “terzo incomodo”: sconosciuto, ignorato. Soprattutto danneggiato o irrimediabilmente distrutto.

Il suolo è indispensabile per la vita, e lo conosciamo pochissimo; noi cittadini e chi decide della sua sorte: amministratori, pianificatori, urbanisti, agricoltori. Chi sa che in una cucchiaiata di suolo vi sono nove-dieci miliardi di “unità di vita” tra batteri, funghi, formiche, lombrichi, mille- e centopiedi ecc. ecc., con dimensioni da qualche millesimo di millimetro a qualche centimetro? Più che la popolazione del pianeta! È questo che consente ai suoli – in Europa  più di 300 tipi – di svolgere le preziosissime funzioni di substrato per l’agricoltura ma non solo: filtrano le acque regolando il ciclo idrogeologico; sono un vasto bacino di biodiversità; accumulano carbonio con un ruolo centrale nella regolazione dei gas a effetto serra: il suolo conserva più carbonio di quello immagazzinato nell’atmosfera e nella vegetazione insieme, e può rimanere sequestrato nel terreno per migliaia di anni.

Tutto questo funziona a meraviglia se il suolo è “sano”, non danneggiato dalle attività umane; per non parlare del suo consumo quando lo si cementa o lo si asfalta. Occorrono fino a 1000 anni per formare circa 3 cm di terra fertile, e oggi l’equivalente di un campo da calcio di suolo è eroso ogni 5 secondi. Un suolo sano minimizza l’erosione dovuta alle precipitazioni, che con i cambiamenti climatici stanno aumentando in intensità e aumenteranno vieppiù vista la tendenza, per nulla confortante, delle emissioni di gas serra a livello globale. Suoli degradati e aumento di eventi estremi è una miscela micidiale, alla quale stiamo già assistendo. Attualmente il 47% dei suoli italiani è in uno stato di cattiva salute: suoli con tenore di carbonio organico basso, con elevati contenuti di fertilizzanti chimici e fitofarmaci, talora contaminati da attività industriali e/o rifiuti tossici e nocivi smaltiti illegalmente, compattati dall’uso di pesanti macchinari e via discorrendo.

L’effetto più catastrofico per il suolo è la sua cementificazione. I dati del Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale dicono che dei comuni sul lago, Bracciano ha consumato una quota pari al 4,01% (dato 2022); Trevignano 4,74%; Anguillara ben 7,37%, al di sopra della media nazionale che è 7,14%; e non solo: l’incremento dal 2006 al 2022 di suolo consumato è pari a 8,3%, contro il 7,8% di Bracciano e il 3,7% di Trevignano – Italia 6,1%. E sì che siamo in un’area con ampie zone tutelate come il Parco Naturale di Bracciano-Martignano! Nonostante la Legge Regionale 7/2017 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio”. C’è bisogno di ricordare come l’impermeabilizzazione indiscriminata è all’origine di frane, smottamenti, allagamenti in costante aumento per l’incremento di eventi estremi di precipitazione a causa del clima che cambia? Sulla necessità di invertire la rotta è indispensabile che gli amministratori, e tutte le forze politiche in campo, si facciano un esame di coscienza, perché con l’aumento di queste calamità non ci sono né vincitori né vinti: perdiamo tutti. Per non parlare della crescente carenza di risorse idriche: attualmente il lago di Bracciano è circa a meno 120 centimetri, e quanto sta accadendo con la siccità in Catalogna dovrebbe farci mantenere alta la guardia.

Il tema idrico interessa particolarmente il settore agricolo, che ne consuma la quota maggiore – a livello nazionale circa il 60% – e che anche nel nostro comprensorio necessita di una profonda rivisitazione verso modelli più rispettosi di acque e suoli. Sul punto il discorso si allargherebbe a dismisura, qui accenno solo che le proteste degli agricoltori in tutta Europa disvelano una crisi che parte da lontano, dal modello agro-industriale innescato dalla rivoluzione verde degli anni ‘50 del secolo scorso e che soffre – tra l’altro – del pesante condizionamento della grande distribuzione e dell’industria dei mangimi. Le proposte del Green Deal europeo, la cui finalità è di azzerare entro il 2050 le emissioni nette di gas serra nell’Unione Europea, dovevano essere implementate a partire da 25-30 anni fa, e a livello globale: evidenze scientifiche e strumenti c’erano, e più gradualità sarebbe stata meno deflagrante. L’umanità ha deciso diversamente. Adesso c’è una situazione più complicata, con tempi stretti, che trova resistenze non solo in agricoltura. Motivo per cui la decarbonizzazione in tempi stretti, necessari per contenere il riscaldamento globale entro i tanto conclamati 1,5 gradi, è più una pia speranza che altro. Non resta che mettere in atto a livello locale tutte le misure per limitare gli impatti di eventi estremi la cui intensità e frequenza è destinata a incrementarsi. Nella consapevolezza che “non esistono pasti gratis”, e questo deve essere chiaro sia ai cittadini che agli amministratori.
Mario Carmelo Cirillo

 

Per saperne di più:

Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, 2023, Rapporto SNPA scaricabile da internet.

https://www.focsiv.it/leconomia-della-biodiversita-e-la-politica-della-scialuppa-armata/

Il suolo italiano ai tempi della crisi climatica, Rapporto 2023, Re Soil Foundation, scaricabile da internet.

Paolo Pileri, 2021, L’intelligenza del suolo, Altreconomia edizioni.

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