27 Aprile, 2024
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Diteci la verità, siamo in grado di capirla…

In un articolo del numero di novembre di questo giornale venivano riportati dei dati sul fenomeno della denatalità in Italia e sulle soluzioni che altri Stati, fra questi la Germania, hanno adottato per invertire tale tendenza. La forte diminuzione dei nuovi nati è un dato che dovrebbe preoccupare chi governa il nostro paese, ricordiamo che nel 2050 con l’attuale tasso di decrescita, in Italia ci saranno 54 milioni di abitanti a fronte dei 60 attuali.

Invertire questa tendenza dovrebbe essere la priorità di tutti i governi. La Germania e l’Italia nel 2016 avevano un tasso di natalità paragonabile, rispettivamente 1,41 e 1,42 figli per donna, dopo quattro anni, nel 2016 tale tasso è passato a 1,34 per l’Italia e 1,59 per la Germania (Ester Bonomi, secondwelfare.it, 8/4/2022).

Naturalmente, i provvedimenti che hanno portato a tale incremento di natalità per la Germania sono stati adottati almeno 20 anni prima che manifestassero i loro effetti e si è agito su vari fronti per avviare un processo virtuoso che aumentasse la propensione ad avere figli da parte delle coppie tedesche.

E’ stata proprio Ursula Von der Leyen a creare i presupposti per tale cambiamento, agendo su di un aspetto che in Italia ancora non riusciamo ad affrontare, passando dal modello in cui è l’uomo l’unica fonte di reddito della famiglia a quello in cui tutti concorrono al reddito della famiglia, coniando il concetto “ogni persona che è in grado di lavorare dovrebbe farlo”. Vengono messi sullo stesso piano il padre e la madre nella cura dei figli. Per permettere tale cambio di paradigma, sono stati messi in atto tutta una serie di provvedimenti volti a migliorare la condizione economica delle famiglie e aumentare il numero di strutture che ospitano i bambini e le bambine. Il confronto tra il tasso di occupazione femminile tra Italia e Germania è ancora una volta impietoso, nel 2020 le italiane occupate erano il 49 %, praticamente stabili negli ultimi 10 anni, mentre le tedesche erano il 73% con un aumento di 10 punti percentuali nello stesso lasso di tempo. Basta copiare e la situazione può essere risolta.

Per quanto riguarda la cura dei figli, il Consiglio europeo di Barcellona del 2002 fissava che entro il 2010 almeno il 33% dei bambini UE sotto i 3 anni, avesse la possibilità di frequentare un asilo nido. Anche in questo caso l’Italia segna il passo, nel 2019, prima della pandemia, solo il 26,3% dei bambini italiani avevano frequentato per almeno un’ora un asilo nido, a fronte del 31,3% dei bambini tedeschi. E se quel valore medio del 26,3% viene spacchettato per aree regionali si assiste ad una vera e propria disfatta della omogeneità del sistema educativo da 0 a 3 anni, il centro ed il nord-est superano il target europeo, rispettivamente 36,1% e 35 %, mentre le isole sono al 15,9% e il sud al 15,2%.

Come si può vedere le soluzioni ci sono e chi le ha adottate dopo un lasso di tempo di circa 20 anni ha visto la propria popolazione crescere e avere un futuro, i segnali invece che arrivano dal nostro governo non sono incoraggianti, la rimodulazione del PNRR proposta dal Governo e approvata dalla UE, ha portato ad un forte ridimensionamento dei nuovi posti da attivare, da 264.000 a 150.000, esattamente in controtendenza con quello che sarebbe necessario. Se continuiamo così non posiamo che utilizzare il titolo di un celebre romanzo di  Geoffrey Holiday Hall, La fine è nota.

Salvatore Scaglione

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