30 Aprile, 2024
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DOP, IGP e STG: territorio, tradizione e agroalimentare

Passeggiando tra gli scaffali del supermercato capita spesso di imbattersi in prodotti alimentari che sulle loro etichette riportano dei loghi dai colori brillanti con la scritta Denominazione d’Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) o Specialità Tradizionale Garantita (STG).

Ma di cosa si tratta esattamente? E che valore aggiunto danno ad un prodotto?

Le DOP, IGP e STG sono Indicazioni Geografiche (IG) e possono essere considerate dei veri e propri marchi distintivi, ufficialmente riconosciuti e rilasciati dall’Unione europea, che identificano un prodotto agroalimentare legato ad un determinato luogo di produzione che ne influenza significativamente la qualità e le caratteristiche.

L’Italia è il paese che in Europa ha il maggior numero di prodotti agroalimentari a Indicazione Geografica e a Denominazione di Origine. Può infatti vantare ben 318 prodotti DOP, IGP e STG, e 526 vini DOCG, DOC e IGT, a testimonianza del forte legame che c’è tra le nostre eccellenze agroalimentari, il loro territorio di origine e le competenze delle comunità che vi risiedono.

Indicazione Geografica Tipica (IGT), Denominazione Origine Controllata (DOC) e Denominazione Origine Controllata Garantita (DOCG) sono sigle nazionali applicate nello specifico solo sulle etichette dei vini, che dal 2010 sono state ricomprese nella classificazione europea e che approfondiremo in un altro articolo.

Nelle Indicazioni Geografiche sono racchiusi la storia e la cultura dei territori dove questi prodotti nascono. Non è infatti un caso che le denominazioni richiamino il nome di aree geografiche specifiche, come regioni o addirittura città.

Le IG sono uno strumento di differenziazione qualitativa perché evidenziano l’identità e l’unicità dei prodotti, e permettono di salvaguardare i metodi di produzione e le tradizioni gastronomiche di una zona geografica. Sono anche importanti per la tutela dell’ambiente, perché il territorio di origine è indissolubilmente collegato con la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità.

I produttori devono seguire le rigide regole contenute nel disciplinare di produzione per poter applicare il logo sui loro prodotti.

Ma vediamo in particolare cosa sono le DOP, IGP e STG e in cosa differiscono.

Denominazione di Origine Protetta (DOP)

DOP è forse la sigla più conosciuta ed è anche quella che ha il legame più forte con il territorio. Questa certificazione contraddistingue infatti alimenti le cui caratteristiche sono legate ad uno specifico ambiente geografico, che comprende sia fattori naturali, come il clima o caratteristiche di quel territorio, che fattori umani, ovvero tecniche di produzione peculiari sviluppate nel tempo in quella zona, la cui combinazione permette di avere un prodotto con delle caratteristiche inimitabili.

Altro requisito è che la produzione delle materie prime e la loro trasformazione deve necessariamente avvenire in una certa area geografica, che può essere inclusa nel nome della DOP.

Tra le DOP più famose troviamo sicuramente il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Basilico genovese
la Liquirizia di Calabria e il  Prosciutto di San Daniele, ma non mancano anche prodotti provenienti dal nostro territorio, come la Nocciola Romana DOP, l’olio di Canino, il Pecorino Romano e molti altri.

Indicazione Geografica Protetta (IGP)

Nel caso delle IGP, il legame con il territorio è meno stringente, anche se una certa qualità, reputazione o un’altra caratteristica deve comunque dipendere dell’origine geografica. Inoltre, almeno una delle fasi di produzione deve avvenire nell’area geografica determinata nel disciplinare.

Nonostante la maggiore permissività sulla provenienza della materia prima questa indicazione geografica tutela le ricette e i processi produttivi tipici di un territorio.

Tra le IGP più popolari troviamo l’Aceto balsamico di Modena, l’Arancia rossa di Sicilia, la Bresaola della Valtellina, il Cioccolato di Modica e la Cipolla rossa di Tropea della Calabria, mentre nel nostro territorio possiamo ad esempio citare l’abbacchio romano, il Carciofo romanesco del Lazio, il Kiwi Latina e il Pane casareccio di Genzano.

Specialità Tradizionali Garantite (STG)

Questa certificazione, pur rientrando sempre nelle indicazioni geografiche, si distacca dalle due precedenti dal momento che i prodotti che portano questo marchio non sono necessariamente legati ad un territorio e alle sue caratteristiche naturali, ma alla tradizione e alla cultura.

L’obiettivo in questo caso è infatti la valorizzazione e salvaguardia dei metodi di produzione, delle ricette tradizionali o della composizione di una produzione.

Per potersi fregiare di questo marchio un prodotto deve essere ottenuto con un metodo di produzione o una composizione che deve essere attuata da almeno 30 anni, ma senza un vincolo di appartenenza territoriale.

Si tratta del marchio meno diffuso tra le Indicazione Geografiche. In Italia infatti al momento ne esistono pochissime, tra cui l’Amatriciana Tradizionale S.T.G., la Mozzarella S.T.G., la Pizza Napoletana S.T.G. e la Vincisgrassi alla maceratese STG.

Sono quindi questi gli strumenti che le realtà rurali e le piccole aziende possono sfruttare per proteggere e valorizzare nel mercato i prodotti agroalimentari che hanno caratteristiche uniche e non riproducibili, determinate dal territorio, dalla tradizione o dal metodo di produzione.

Sara Fantini
Redattrice L’agone

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