29 Aprile, 2024
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“Lee and me” graphic novel in bianco e nero sulla violenza di genere, disponibile su piattaforma Amazon Prime Video dal 25 novembre

Dal 25 novembre sulla piattaforma Amazon Prime Video e Google Play sarà disponibile il documentario del regista e sceneggiatore Alessandro Garilli Lee and me. Si è scelto proprio questo giorno, per la prima messa in onda del docu-film, in quanto dal 1999 – istituita dall’ONU – è diventata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Il documentario della Minerva Picture, prodotta da Angelika Vision è strutturata come una graphic novel in bianco e nero (i disegni emblematici sono firmati da Michele e Federico Penche) in cui due storie di violenza (subita in un caso e inferta nell’altro, dopo averne subita in primis) distanti molto tra loro, sia nello spazio che nel tempo, si incontrano in un punto di contatto doloroso che nel documentario è simbolicamente rappresentato – nella messa in scena – con lo scambio narrativo che caratterizza tutta l’opera.  Lee and me è un viaggio nella vita di una donna americana, Lee Miller nota modella, fotografa e fotoreporter del Novecento simbolo femminile di indipendenza emancipata che ha subito violenza e di un uomo, Sami, originario del Kosovo che nella sua permanenza in Italia ha commesso un abuso.

 All’opera di Garilli prendono parte Alice Lamanna (attrice) e Maria Rita Parsi (psicoterapeuta, saggista, docente e scrittrice) che intermezza la narrazione restituendo una prospettiva data dall’aspetto psicologico di certe dinamiche legate alla violenza, di genere nello specifico. Al documentario danno valore aggiunto gli interventi della Dott.ssa Cristina Matranga, Direttore Generale ASL Roma 4, la Dott.ssa Fabiola Elia Esperto Ex Art. 80, Psicologa e Psicoterapeuta, la Prof.ssa Lucia Lolli Dirigente Liceo Vian di Bracciano e il Criminologo Forense Investigatore Dott. Gianluca Di Pietrantonio.

La messa in onda sulla famosa piattaforma sarà in parallelo a un evento importante: il 25 novembre nella casa circondariale di Velletri, dove è stata girata tutta la parte con la voce narrante dei detenuti che hanno commesso abusi (sex offender), verrà proiettato il documentario alla presenza dei detenuti, degli addetti ai lavori e tanti ospiti esterni tra cui il regista, la produzione, gli attori, l’associazione culturale L’agone Nuovo, molti tra coloro che hanno partecipato al progetto e le istituzioni.  Il lavoro, di alto impegno sociale, è stato proiettato in anteprima stampa il 20 novembre al cinema Eden di Roma, all’evento hanno preso parte con loro interventi il cast tecnico, artistico, scientifico, le istituzioni coinvolte e chi ha sostenuto e sostiene il progetto. All’unanimità, gli interventi moderati da Marika Campeti, seppur da punti di vista diversi, vertevano sulla differenza che può fare la scuola e la capacità intrinseca in essa di educare i giovani – fin dalla primaria – per un cambiamento della forma mentis che deve essere incentrata sul rispetto dell’altro; sull’importanza del fare rete e connessione tra realtà diverse e sull’importanza della capacità, spesso persa, di ascolto dell’altro.

Maria Rita Parsi nel suo intervento ha spiegato alcuni meccanismi che ci sono dietro la violenza, lo ha fatto attraverso i simboli della vita e della morte; ha parlato del necessario controllo sull’inconscio e dell’importanza del conoscere sé stessi. Claudio Zamarion, produttore con Angelika Vision e direttore della fotografia del docu-film, nel suo intervento ha ringraziato tutti gli artisti, i tecnici e chi ha partecipato in ogni forma e chi ha permesso il film tra cui il MiC, la Regione Lazio (Fondo Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo), Tutto per amore Ugo Giorgio Bademer onlus e l’Associazione culturale L’agone Nuovo, Alessandro Bettarelli sindaco di Canale Monterano che ha patrocinato l’opera e la Fondazione Conad. 

Il regista ha esplicitato in questo modo la motivazione del punto di vista del documentario: «…la violenza sessuale, lo stupro non ha limiti temporali, spaziali, geopolitici, di età, non ha limiti di ceto sociale, relazionali e culturali. Si propaga all’interno di culture diverse… Come mai è senza confini questa terra desolata della violenza sulle donne? Io temo che abbia a che vedere con il discorso per cui manca una presa di coscienza maschile reale e forte di questo. C’è la negazione, il più delle volte, da parte dei sex offenders…ai miei occhi mancava una figura maschile che fosse realmente pentita, che avesse preso coscienza dell’errore fatto, che volesse chiedere davvero scusa e che anelasse al perdono. Questa per me era la conditio sine qua non per affrontare questo lavoro di Lee and me. Mi sembrava che come uomo raccontare un altro uomo che fosse pentito e che volesse chiedere scusa fosse come piantare un primo paletto che iniziasse a demarcare un confine in questa terra desolata, libera che è la violenza sessuale a danno delle donne».

Marzia Onorato
Redattrice L’agone

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