1 Maggio, 2024
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Il documentario sulla rivolta dei Burkinabè sorprende Bracciano

A Bracciano, in questi giorni, si è tenuta la seconda edizione della mostra internazionale del cinema, un evento, come è intuibile dal nome, è dedicato all’amore per il cinema e la diffusione di opere provenienti dalle più disparate parti del nostro mondo.

Le serate, patrocinate dal comune di Bracciano e di Oriolo Romano e organizzate dall’associazione di promozione sociale “Gasp”, dal collettivo “Papermoon – cinema dalla carta alla luna” e da “Cultura Movens”, si sono svolte in due location differenti, poiché le opere d’animazione e le sperimentali sono state proiettate nell’ Archivio Storico, mentre i documentari, i cortometraggi e altri lungometraggi sono stati mostrati ai Giardini del lago.

Le opere di questa seconda fascia andavano a trattare vari temi, alcuni più vicini e altri meno.

Durante la prima serata si è passati da film che raccontavano la quotidianità della guerra, come nel corto libanese “Idris”, alla violenza domestica, come nell’opera olandese intitolata “At a Glance”, per poi terminare con un documentario che mostrava le vicende che hanno caratterizzato l’insurrezione popolare in Burkina Faso.

Quest’ultima opera dal titolo  “Land of upright people”, ovvero la terra delle persone integre,  è stata girata dal regista Christian Carmosino Mereu.

Qualcuno si domanderà, giustamente, quale fosse la motivazione che ha spinto il regista a trasporre in audiovisivo questa vicenda e ciò che ne è conseguito.

La risposta, che si può trovare all’inizio del film, è che egli si è trovato fisicamente in mezzo alle mobilitazioni e volenteroso si imbarcato nel documentare la rivolta popolare che portò il dittatore Blaise Compaorè a scappare e, poi dopo anni a essere processato come uccisore del suo predecessore Thomas Sankara.

Carmosino Mereu ha seguito la vicenda connettendosi alle persone che cantavano, che discutevano di politica, che si radunavano in cerca di un futuro migliore e che si mettevano in gioco a costo della vita.

Tra le figure più interessanti incontrate durante l’esperienza, senza alcun dubbio forte, c’erano il cantautore e attivista Sam’sk Le Jah, che ha spiegato le motivazioni e le idee che hanno spinto i Burkinabè; Costant, amico e ai tempi aspirante politico, e Assana madre e studente di medicina che aspirava ad aiutare la sua famiglia.

Gli argomenti trattati sono ben più vasti e dettagliati da non entrare in un solo articolo, ma il documentario ha mostrato un mondo molto distante da come noi occidentali ce lo immaginiamo aiutandoci a comprendere meglio la realtà dei fatti e di questo bisogna ringraziare il cinema, non solo come arte, ma anche come mezzo di informazione e di cultura.

Claudio Colantuono
Redattore L’agone

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