26 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

Manziana, le interviste post convegno

Sabato 26 novembre a Manziana presso l’Aula Consiliare del Comune si è svolto il convegno “Origine, riconoscimento, contrasto della violenza di genere” a conclusione delle due giornate di iniziative ideate e realizzate grazie alla sinergia tra Biblioteca comunale di Manziana, tutte le associazioni manzianesi e l’Amministrazione comunale per la ricorrenza della ‘Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne’ del 25 novembre. Gli/le ospiti presenti: la vicesindaca di Anguillara Sabazia e responsabile dei servizi sociali Paola Fiorucci, Chiara Maldera psicoterapeuta e psicologa presso i servizi sociali di Anguillara S. e Simona Battaglia psicologa operante al CAV “Federica Mangiapelo” di Anguillara Sabazia per l’Ente gestore ‘Ponte Donna’, la scrittrice Chiara Ricci, Graziella Lombi la presidente  dell’Associazione “Spazio supporto donna”, Anna Maria Nami e Maria Grazia Sfregola rispettivamente la presidente e la vicepresidente dell’Associazione “Amore e rispetto – Rete Contro la Violenza di Genere A.P.S.”, Eleonora Mattia Consigliera regionale prima firmataria L.R. 7/2021, il Luogotenente Comandante della Sezione Mobile dei Carabinieri Fabrizio Salamone che ha parlato del ‘Codice rosso’. Presenti in sala, inoltre, il Sindaco Alessio Telloni, la madre di Federica Mangiapelo (alla quale, oggi, è intitolato il CAV di Anguillara Sabazia) e Riccardo Corbucci Presidente della Commissione Roma Capitale, Statuto e Innovazione tecnologica.

Abbiamo raccolto le testimonianze sul tema dell’incontro di alcun* degli ospit* presenti. Unico l’obiettivo: andare verso l’eliminazione della violenza contro le donne. Molteplici le angolazioni prospettiche sul problema, vediamole.

In primis vogliamo porre la testimonianza di Chiara Ricci, scrittrice e ricercatrice laureata al DAMS in Cinema televisione e produzione multimediale, perché il suo intervento al Convegno non è stato sulle sue importanti competenze professionali ma per raccontare con coraggio e generosità la sua esperienza di donna vittima di violenza. Tendendo la mano a chi ha bisogno di aiuto a orientarsi in situazioni analoghe alla sua. Lapalissiano aggiungere che il momento è stato molto forte e toccante per le/i present*.

Cosa la spinge a raccontare in pubblico un avvenimento così doloroso per lei e la sua famiglia?

 «Raccontare non è mai facile. Ogni volta è un po’ come rivivere quei momenti che comunque non ti abbandonano mai. È un dolore che non passa, ci fai i conti tutti i giorni perché inevitabilmente ti ha cambiata, traumatizzata. Si impara per quanto possibile a costruirci intorno. Alcuni giorni sembra più “semplice” altri assolutamente no. Raccontare, però, mi è di aiuto perché così posso essere di aiuto ad altre ragazze, donne che stanno passando quello che ho vissuto anch’io. Desidero che non si sentano sole, giudicate, in colpa, in difetto, sbagliate. A me è stato ripetuto in continuazione che “dovevo essere punita”. Ecco, voglio che nessuna donna, nessuna persona subisca il peso (fisico e psicologo) di una simile condizione. E racconto perché desidero che non si faccia il mio stesso errore: io non ne parlai praticamente con nessuno, non chiesi aiuto per non fare preoccupare la famiglia e perché convinta di potercela fare da sola. Non è così. Si deve chiedere aiuto e non si deve avere paura del giudizio di nessuno. Perché nessuno deve avere questo diritto».

Al convegno ha parlato di mancanza di consapevolezza (soprattutto all’inizio) nel subire comportamenti violenti, ha raccontato della domanda che poneva a sé stessa quando ha cominciato a essere vittima: “questo che lui mi fa è normale?” E di quanto sia difficile prendere coscienza della violenza che si subisce perché spesso si tende a giustificare il comportamento del partner.

Che ruolo gioca un confronto con gli altri quanto è importante e quanto lo è chiedere aiuto a persone vicine?

«Quando ti ritrovi in una situazione del genere non capisci più nulla. Non sei più tu. Tutti i tuoi punti fermi, le tue convinzioni cadono e anche quello che sembra più assurdo pare possibile. Ti chiedi persino se quello che ti capita, se quelle violenze siano normali, perché arrivi a pensare di meritarle.

È un mondo al contrario. Si è in un vortice. E non vuole dire essere poco furbe, stupide…come è stato detto anche a me. Entrano in gioco dei meccanismi psicologici perversi perché l’altra persona ti mette in una condizione tale da renderti nulla e tutto ciò che ovviamente NON è normale ti diventa possibile. Ed è una morsa. Ed è difficile ammettere quello che ti sta capitando. C’è la paura stessa di ammetterlo perché è qualcosa di enorme, di confidarlo per paura di non essere creduta o giudicata o allontanata, di essere lasciata ancora più sola o anche di proteggere chi ami, coma la tua famiglia. Ma è un rischio che va affrontato. In questi casi da soli si può fare poco, servono amici, famigliari, i vicini di casa, i centri antiviolenza, i docenti… Ma serve soprattutto la voglia di mettersi in salvo e di (af)fidarsi. Non si deve, non si può arrivare al limite di decidere tra sole due strade come è successo a me».

L’apertura del dibattito è stata della moderatrice Mirella Ferlazzo, direttore del personale del ministero dello sviluppo economico e presidente del comitato pari opportunità fino al 2017, ora in pensione, è componente del comitato scientifico degli Stati generali delle donne, associazione nazionale, che si occupa di diritti delle donne e che è stata la promotrice della campagna “panchine rosse” simbolo della violenza sulle donne. Ha moderato il Convegno aprendo l’appuntamento con dei dati agghiaccianti: nel 57,4% dei casi la violenza avviene all’interno delle mura domestiche, il 12,7% la subisce dagli ex, il 63% non riferisce l’accaduto e solo il 15% fa formale denuncia.

Per un cambiamento in positivo di questi dati, quanto è importante la comunicazione e appuntamenti come quello di sabato scorso a Manziana?

 «Ritengo assolutamente importante informare e diffondere una corretta e completa comunicazione su questi temi. Aiuta le donne ad uscire dall’isolamento e a trovare la forza e il coraggio per denunciare, aiuta le istituzioni a fare rete nel territorio e a migliorare i propri servizi, aiuta l’opinione pubblica a comprendere che è un fenomeno che riguarda tutti e che, oltre che un tema di diritti e dignità della persona, ha un costo sociale ed economico altissimo. La grande partecipazione all’evento di sabato dimostra quanto bisogno e interesse ci sia nelle comunità all’informazione e alla sensibilizzazione».

Di seguito Paola Fiorucci vicesindaco di Anguillara Sabazia, responsabile dei servizi sociali ha dato il suo contributo al Convegno in questione raccontando il CAV (centro antiviolenza) “Federica Mangiapelo” dalla scelta della libellula, come simbolo che lo rappresenta, alle iniziative svolte e di come i giovani le accolgano con entusiasmo.

Il convegno ha dato una chiara panoramica, da più angolazioni, di quella che è la situazione inerente alla violenza contro le donne e di cosa viene fatto per tentare di eliminarla.
Su cosa sente sia necessario porre l’accento? Per le nostre lettrici e lettori.

«Porre l’attenzione in assoluto sulla prevenzione e come emerso a gran voce, in sede di convegno, è fondamentale che la prevenzione avvenga, innanzitutto, nelle scuole. Non è più tempo di parole, il mio centro antiviolenza, e l’assessorato che io guido, è ogni giorno fattivo proprio per questo obiettivo.
Il fenomeno è diffuso, preoccupante e per questo le istituzioni devono essere presenti sul territorio.
Il centro antiviolenza ha una rilevante importanza perché accoglie e protegge…ma il mio obiettivo è di sensibilizzare le giovani generazioni».

La Presidente dell’Associazione “Amore è Rispetto – Rete Contro la Violenza di Genere A.P.S.” Anna Maria Nami ha illustrato la storia e l’attività della propria associazione, volta a sensibilizzare sui temi di violenza sulle donne e bullismo fra i giovani e, fin dall’inizio, mirata a far emergere il sommerso del fenomeno della violenza di genere, così presente e pervasivo nella nostra società.

La Presidente ha posto l’accento su come la parola Rete sia fondamentale nell’attività associativa, per un’azione più incisiva e capillare delle iniziative intraprese in sinergia con le altre associazioni del territorio.

La Vicepresidente di “Amore è Rispetto” Maria Grazia Sfregola ha parlando del recente convegno sul Linguaggio di Genere tenutosi lo scorso 22 Ottobre ad Oriolo Romano, rimarcando come il linguaggio incida profondamente sul nostro comportamento: «è pertanto di fondamentale importanza sforzarci di adottarne uno improntato al rispetto, sia per noi adulti che per i nostri giovani.

Come diretto risultato del Convegno, già due Comuni del nostro territorio (Bracciano e Canale Monterano) hanno dichiarato di voler adottare il Linguaggio di Genere nei propri atti amministrativi, insieme ad una delibera per mettere al bando le pubblicità lesive della dignità della persona. Fino ad oggi, parlando di violenza sulle donne, l’attenzione è stata giustamente portata sulle donne vittime di uomini aguzzini ma il nuovo impegno di “Amore è Rispetto” sarà quello di spostare il focus sugli uomini maltrattanti, con nuove iniziative volte ad educare e cercare di combattere il problema a monte.

Insomma, una volta di più, la dimostrazione che la vera vocazione di “Amore è Rispetto” è cercare quel cambio di passo nella cultura del rispetto per creare le premesse di un futuro senza violenza».

L’ultimo pensiero prima di concludere è andato alle donne iraniane ed afghane

Il contributo di Eleonora Mattia, Consigliera regionale, Presidente IX Commissione per le Pari Opportunità della Regione Lazio e prima firmataria della Legge Regionale 7/2021 che interviene con importanti disposizioni, per la promozione della parità retributiva tra i sessi, per il sostegno dell’occupazione dell’imprenditoria femminile di qualità e per la valorizzazione delle competenze delle donne.

 In che modo questa legge, oltre a ricollocare adeguatamente il valore dell’operato delle donne nel mondo del lavoro, è importante perché le donne non subiscano più violenze?

 Mi riferisco, tra le altre cose, al contrasto che la Legge crea alla scelta tra maternità e lavoro a cui spesso le donne sono state sottoposte.

«Grazie alle due leggi regionali di cui sono stata prima firmataria – la n. 7 del 2021 in materia di promozione della parità retributiva tra i sessi, sostegno all’occupazione e all’imprenditoria femminile di qualità e valorizzazione delle competenze delle donne e la n. 7 del 2020 sulla riforma del sistema integrato educazione istruzione 0-6 anni – abbiamo voluto mettere al centro l’autonomia e l’indipendenza economica delle donne lavoratrici e madri, come principale antidoto ad ogni forma di violenza legata alla dipendenza economica dal proprio partner.

Con particolare riguardo alla prima legge, abbiamo introdotto misure specifiche al fine di sostenere la professionalità delle donne e attribuire valore e dignità alla maternità e al ruolo di cura.

Tra questi: buoni per acquisto di servizi di baby-sitting e di indennizzo per l’attività di caregiver per le donne che si prendono cura di figli disabili o anziani over 65, congedi di paternità e l’incentivazione di orari lavorativi flessibili mediante la riorganizzazione dei servizi pubblici e privati convenzionati, accordi e protocolli di intesa con le organizzazioni imprenditoriali e sindacali.

E ancora: un microcredito di emergenza per sostenere le donne in situazioni di disagio sociale come vittime di violenza con figli a carico favorendo al contempo il reinserimento lavorativo per accompagnare a percorsi di fuoriuscita dalla violenza.

La violenza, così come la maternità, sono responsabilità collettiva.

Nostra pubblica responsabilità è anche quella di offrire strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e un supporto a coloro che sono più vulnerabili».

Inoltre, lei ha parlato del suo slogan “Con la testa e con il cuore”, come nasce?

«”Con la testa e con il cuore” è la frase con la quale sintetizzo la sfida colta cinque anni fa come Presidente della IX Commissione consiliare sui temi delle pari opportunità, lavoro, formazione, diritto allo studio e politiche giovanili.

Un lavoro portato avanti con grande responsabilità e dedizione, lavorando per essere garante delle donne, dei giovani, per le bambine e i bambini, per una buona istruzione e per un lavoro di qualità».

È intervenuto Riccardo Corbucci, nel 2021 eletto nell’Assemblea Capitolina di Roma dove ricopre la carica di Presidente della Commissione Roma Capitale, Statuto e Innovazione tecnologica e di vicepresidente della commissione Commercio, facente parte dell’Assemblea Nazionale del Partito Democratico e dal 2017 coordinatore del Partito Democratico di Roma, che ha dato il suo contributo al Convegno con una citazione de L’Agamennone, Tragedia di Eschilo in cui è insito non solo un unico femminicidio, per sottolineare quanto determinate posizioni patriarcali e violente siano radicate da tempi lontani. Noi gli abbiamo chiesto

Cosa si sta facendo e cosa ancora può essere fatto per arrivare a eliminare la violenza contro le donne e quanto sono importanti incontri come quello di sabato scorso?

«Incontri come quelli organizzati dal Comune di Manziana sono appuntamenti importantissimi, ma che non sono sufficienti. Così come non basta partecipare alle iniziative del 25 novembre o ribadire a parole l’importanza che si combatta tutti i giorni contro la violenza sulle donne. La questione principale riguarda le azioni concrete da mettere in campo. La nostra cultura e di conseguenza la società è impregnata di stereotipi di genere che si sono sedimentati nelle nostre coscienze e che vengono reiterati dalle famiglie, dal sistema educativo e scolastico, dal mondo della pubblicità e della comunicazione che troppo spesso usa il corpo delle donne per finalità economiche e purtroppo anche dalla politica. Basti pensare che il reato di adulterio è stato abrogato nel 1968, mentre quello del delitto d’onore soltanto nel 1981. La parola femminicidio è stata osteggiata per moltissimi anni ed è entrata a far parte del vocabolario della lingua italiana soltanto nel 2009. D’altronde il reato di femminicidio è stato introdotto nel nostro codice penale nel 2013 e soltanto nel 2019 sono state inasprite maggiormente le pene per chi si macchia dei reati di violenza domestica e di genere.

Quando si parla dei ritardi nella battaglia per l’eliminazione della violenza contro le donne, lo Stato e la politica hanno avuto grandi responsabilità. Anzi la politica fatta per troppo tempo da soli uomini è stata complice di quegli uomini che maltrattano e uccidono le donne. Per questa ragione spetta ad ognuno di noi il compito di contribuire a rompere questi schemi, per disintegrare la sovrastruttura che ci circonda e continua a nutrirli. Nell’educazione dei nostri figli, nei comportamenti sociali e familiari e soprattutto nell’azione politica e civile, sostenendo le donne, gli uomini e i partiti che avranno il coraggio di proporre e portare avanti azione concrete che ribaltino questa culturale patriarcale ostile alle donne. Nel mio piccolo provo a farlo nella mia azione amministrativa al Comune di Roma con delibere che mirino alla parità di genere e sostenendo allo stesso tempo quello delle donne capaci come la consigliera regionale Eleonora Mattia, che in questi anni con passione e caparbietà ha fatto votare leggi regionali sulla parità di genere che hanno fatto da apripista per quelle nazionali».

Graziella Lombi la Presidente dell’Associazione “Spazio Supporto Donna” di Oriolo Romano ha parlato di tre importanti direttive quali la formazione dei giovani, rieducazione anche degli uomini e la possibilità, per chi ne abbia necessità perché vittima di violenza, di trovare un centro a cui rivolgersi in modo facile. Nel suo intervento ha citato il libro “Ferite a morte” di Serena Dandini.

Cosa intende per rieducazione degli uomini? 

«Io ho proposto una rieducazione per uomini maltrattanti, sono a conoscenza di alcune associazioni che operano in questo senso: uomini che aiutano altri uomini a muoversi verso una mascolinità più completa, matura e non tossica».

Quanto è importante che convegni come quello di sabato abbiano una ‘coda lunga’ fatta di altri avvenimenti che uniscano e permettano l’azione costante?

«Per quanto concerne le donne, penso che debbano tornare a far sentire, forte, la loro voce. Anni di lotte hanno consentito di ottenere indipendenza culturale ed economica, partecipazione alla vita pubblica, divorzio, maternità responsabile e molto altro ma questi diritti vanno continuamente difesi perché il rischio di una regressione è sempre in agguato.

Le Donne che hanno partecipato a queste battaglie sono più forti, solidali e soprattutto hanno cancellato determinati stereotipi di genere.

Le giovani vanno fortificate, costruendo per loro dei percorsi che ne facciano emergere capacità, creatività, merito e tanto altro.

Non debbono sentirsi in dovere di essere o fare ciò che i media quotidianamente propongono.

Destrutturare un linguaggio consueto e una routine di corpi appetibili, anche per acquistare una autovettura, non è facile ma si deve fare».

Cosa la colpisce del libro di Serena Dandini tanto da citarlo in questa occasione?
«Ho citato il libro di Serena Dandini ‘Ferite a morte’ (e se le vittime potessero parlare?), del quale è uscita la nuova edizione con il sottotitolo ‘Dieci anni dopo’, perché è un potente strumento di denuncia.  Nonostante le leggi varate nel nostro Paese, i numeri dei femminicidi sono sempre sconcertanti e quelle narrazioni sono attualissime. ‘Ferite a morte’ perché “ […] è uno strumento per chiunque voglia alzare la voce per esprimere il proprio dissenso”, come asserisce Serena Dandini».

 

 

 

Marzia Onorato
Redattrice L’agone

Ultimi articoli