5 Maggio, 2024
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A proposito della guerra, a proposito della scuola…

Un mio post, in cui affermavo di non essere posizionato né dalla parte di Putin né da quella di Zelensky, ma di essere dalla parte del popolo russo e del popolo ucraino, ha destato polemiche e critiche sulla linea gestionale delle scuole che dirigo nelle quali sia chi picchia, sia chi reagisce picchiando a sua volta subiscono la stessa sanzione.

La politica internazionale è un tema nel quale non voglio entrare perché non sono uno statista, anche se credo sia chiaro che, al di là di ipotetiche ragioni di Putin, l’invasione di uno Stato libero e indipendente è più che condannabile. Quando poi a morire sono dei bambini non c’è più alcuna ragione, seppure esista, che tenga. Resto dell’idea che l’esistenza delle frontiere, per l’esistenza delle quali non vedo alcun vantaggio per nessuno, sia solo un modo per provocare conflitti e guerre. Personalmente, continuo a pormi una domanda: un contadino russo o a un operaio ucraino cosa avrebbero concretamente da guadagnare nel caso l’Ucraina resti una Nazione indipendente o divenga una provincia russa? Nessuno mi offre risposte a questa domanda, mentre osservare ospedali bombardati con donne e bambini uccisi sono una chiara risposta a cosa serva la guerra.

Il mio campo è invece la didattica. Io non ho mai detto che non bisogna reagire a chi importuna, infastidisce, prevarica o usi violenza. Gesù suggeriva di porgere l’altra guancia; io non sono capace di tanto e insegno che la reazione alle prevaricazioni debba provenire non dal singolo, ma dalla comunità in cu si vive, la quale è più forte del singolo. A Scuola esiste una autorità, nelle figure dei docenti, ed è a loro che occorre riferirsi, però non per avere “giustizia” o vendetta, ma per far comprendere come i soprusi siano da cancellare. La scuola ha il compito di insegnare e non di fare giustizia, sarebbe sciocco se si mettesse a scimmiottare Polizia, Carabinieri o Tribunali semplicemente perché non ha le competenze né le capacità che hanno Polizia, Carabinieri o Giudici.

Ovviamente prima di arrivare alla riunione del Consiglio di classe, che commina le sanzioni, senza eccezioni di sorta e senza guardare in faccia a nessuno, abbiamo i docenti e il team antibullismo che svolgono un lavoro di riappacificazione e risoluzione dei problemi e delle incomprensioni. Inutile confermare che, troppo spesso, certi atteggiamenti derivano dalle famiglie degli studenti e si evidenziano proprio durante le riunioni di alcuni Consigli di classe dove certi mancati papà minacciano di picchiarmi all’uscita da scuola (sto ancora aspettando) allo stesso modo in cui i loro figli hanno picchiato il compagno. Insomma spesso la prima vittima (della famiglia e della società) è proprio il bullo che ha imparato dalla famiglia come comportarsi.

Per questo motivo i regolamenti delle scuole che dirigo non hanno alcuna flessibilità legata ai soggetti o al singolo caso, come è giusto faccia invece un tribunale. La loro funzione è solo quella di far conoscere con precisione quale sarà la reazione della comunità a una violazione delle sue regole di comportamento. Mio compito è applicarli senza deroghe ribadendo quali siano i comportamenti errati. Pertanto, sia chi importuna, sia chi reagisce malamente, viene sanzionato in egual modo. Questo insegnamento serve a proteggere i ragazzi come cittadini facendo comprendere loro che, dopo i 18 anni, farsi “giustizia” da soli è un grosso rischio perché, così facendo, si potrebbe violare la legge e cadere nel torto.

Riccardo Agresti

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