19 Maggio, 2024
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Galli e il Covid: «Parlai di rischi a riaprire e invece l’Italia migliora molto. Dai vaccini svolta permanente»

Il virologo dell’ospedale Sacco: «Non sono catastrofista, parlo in base ai dati. Ad aprile il ritmo delle vaccinazioni era ancora lento e le consegne un’incognita. Felice che sia andata così»

Professore, si aspettava che la curva dei contagi da Covid sarebbe migliorata tanto rapidamente?

«Il mio è un compiaciuto stupore – dice Massimo Galli, direttore delle Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano – perché in Italia i numeri dell’epidemia sono in netto miglioramento, al di là delle più rosee aspettative. Con le riaperture c’era un 10% di probabilità che le cose seguissero questa via, ma alla fine è andata bene e ne sono davvero felice».

Lei però non era d’accordo con le riaperture di fine aprile. Parlò di «rischio calcolato male».

«È vero, ma io sono un medico, mi baso sui dati, non sulle opinioni. Quando il 26 aprile si sono aperte molte danze, la situazione non faceva presagire che le cose sarebbero andate così bene. I numeri non erano per niente rassicuranti, i contagi e i decessi erano ancora elevati, non era inverosimile pensare che ci sarebbe potuta essere una ulteriore crescita dei contagi. Non avevamo ancora raggiunto la soglia promessa dei 500 mila vaccini al giorno e persisteva l’incognita delle dosi: non avevamo la certezza che davvero ci sarebbero state consegnate quelle promesse».

E invece che cosa è accaduto?

«La campagna vaccinale ha comportato una svolta, che non sarà temporanea. I vaccini stanno facendo da scudo per morti e ricoveri, hanno spostato gli equilibri più velocemente di quanto mi aspettassi e lo zoccolo dei vaccinati sta crescendo ulteriormente. Inoltre l’immunizzazione ha funzionato meglio nel nostro Paese rispetto altrove, in proporzione ai vaccini fatti. Merito anche degli anziani e dei fragili che hanno fatto in modo di esporsi il meno possibile al virus. E mi permetta, merito anche dei costanti inviti alla prudenza, senza assumere posizioni facilone».

Lei è stato sempre considerato un catastrofista, ha cambiato idea?

«Mi perdoni, ma respingo questa definizione. Direi che per motivi molto politici e poco nobili questa etichetta è stata appiccicata addosso a me e ad altri miei colleghi dai giornali di destra. Ma tra l’essere ottimisti per piacere, in assenza di dati, (li chiamo riduzionisti) e raccontare come stanno davvero i numeri passando per catastrofisti c’è differenza. In una certa fase i dati non ci spingevano all’ottimismo e c’era la necessità di mantenere ben chiaro che non si poteva abbassare la guardia, soprattutto dopo il precedente dello scorso anno, quando eravamo in pochi a dire che il virus sarebbe tornato a farci visita, come puntualmente è successo».

Siamo protetti dalle varianti?

«Nuove varianti, come quella indiana, sono un’incognita. Tuttavia sappiamo che per ora i vaccini funzionano almeno per evitare la malattia grave. Meno si sa sull’infezione».

Come sarà il nostro futuro con il virus?

«Dovremo imparare a conviverci cercando di contenerlo e nel frattempo proseguire in modo serrato con la campagna vaccinale. Non abbiamo una soluzione completa del problema, ma abbiamo un andamento che rende meno pesante l’ingerenza della malattia sul nostro quotidiano e la prospettiva che la ripresa sia un fatto concreto».

Che cosa dobbiamo ancora fare per evitare errori?

«Vanno vaccinati gli adolescenti per impedire al virus di circolare e riaprire così le scuole con serenità a settembre. I giovani rappresentano un serbatoio importante e, seppur quasi sempre asintomatici, mantengono vivo il problema che va risolto a livello globale, se davvero vogliamo liberarci del coronavirus. Esistono invece enormi disuguaglianze nella campagna vaccinale, con interi Paesi in Africa e Sud America che non hanno mai visto neppure un vaccino. Questi Paesi vanno aiutati».

Che autunno dobbiamo attenderci?

«Sono ottimista. In virus, è vero, sta circolando ancora molto tra le fasce di età più giovani, spesso del tutto asintomatiche e che per questo non fanno il tampone. Ma anche tra queste categorie sta aumentando e crescerà ancora il numero di vaccinati. La gente è stanca, in estate si prenderà la sua libertà, ma i vaccini stanno avendo un impatto tale che non credo possibile una nuova ondata autunnale comparabile a quella che abbiamo subito lo scorso anno. A meno che di non imbatterci in una nuova variante talmente cattiva, ma spero proprio di no, da eludere la risposta vaccinale. Oggi sappiamo che si possono aggiornare rapidamente i vaccini, se dovesse essere necessario».

(Corriere della Sera)

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