27 Aprile, 2024
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La sinistra collaborazionista sdogana i neofascisti a 5Stelle

Nicola Zingaretti e Massimo D’Alema non sono esattamente Molotov, Giggino Di Maio ha una caratura un pizzico inferiore a von Ribbentrop e ammettiamo che le vicende enormi del Pianeta verso il precipizio della seconda guerra mondiale non sono propriamente comparabili a quella di un governicchio italiota del 2020. Ma l’alleanza nazi-comunista sul finire degli anni Trenta ha un fondamento culturale non diverso rispetto a quello che santifica il consorzio della sinistra postcomunista con il “populismo gentile” (definizione fatta propria dal citato Massimo D’Alema) del Movimento 5Stelle.

E la comunanza è molto semplicemente questa: il finalismo. Non si tratta qui, come si trattava là, di ricavare un biennio per riorganizzare l’Armata Rossa e avere intanto mano libera nei Paesi sul Baltico e in Bessarabia, qui parliamo di minuta e routinaria corruzione vernacolare: ma le abdicazioni di diritti e di libertà imposte all’Italia in omaggio alla convenzione grillino-progressista trovano, du côté gauche, una medesima giustificazione appunto finalista e cioè l’idea che quelle violazioni, quegli arretramenti civili, quelle rinunce alla protezione dei diritti comuni assumano un profilo tollerabile perché a patrocinarne l’attuazione c’è lo sponsor necessariamente “democratico” dell’alleato che costituzionalizza il barbaro. Questo è un segno distintivo non dismesso dalla sinistra postcomunista, per la quale il crimine antidemocratico è connaturato nell’avversario nella misura in cui è avversario e finché è tale, per scriminarsi e anzi sparire quando la stessa materia è adoperata per la costruzione di un potere buono per forza siccome ad avvicendarvisi o a condividerlo è appunto l’esponente di turno di quella tradizione.

In quest’ottica è perfettamente comprensibile la rivendicazione di merito che si solleva da sinistra a proposito del collaborazionismo con il potere sostanzialmente neofascista dei 5Stelle: il presidio progressista non ha contenuto in nessun modo l’aberrazione illiberale del governo, il cui corso è una lunga teoria di violazioni di pressoché ogni criterio democratico e costituzionale, ma occorre soprassedere perché l’inefficienza e la prepotenza statale, il sistema rappresentativo ammutolito davanti alla proliferazione dei decreti personali del presidente del Consiglio, la protervia dei super commissari che insultano chiunque contesti l’appropriatezza della loro gestione, la giustizia rimessa al potere sempre più incontrollato dei pubblici ministeri, l’ignominia delle carceri e un livello di tutela dei diritti personali dei cittadini mai così basso da che esiste la Repubblica, ecco, tutto questo si rigira in inevitabilità democratica perché dopotutto si tratta di “populismo gentile”, un esperimento cui manca solo l’ultimo illuminato endorsement per farsi costola della sinistra. È l’eterno dramma di questa sinistra: per non tentare di essere meglio di ciò che è, riesce a essere peggio di quel che è.

(Il Riformista)

 

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