13 Ottobre, 2024
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Zuccatelli si è dimesso; Salvini e Meloni: per coerenza, andate a nascondervi

Strano il paese in cui viviamo, dove a caldeggiare le dimissioni di un commissario che ha detto, a maggio scorso, che ‘le mascherine non servono a un cazzo’ è uno che a luglio ha organizzato un convegno negazionista.

Giuseppe Zuccatelli si è dimesso. Finalmente, dicono alcuni. Ma terminata l’isteria di massa che ha seguito la sua nomina, amplificata – giustamente, bisogna dire – dalla gestione della sanità calabrese che definire disastrosa è fargli un complimento, è necessario ricondurre tutta questa assurda situazione, così squisitamente italiana, a un discorso coerente. Quantomeno per farsi un’idea dello strano paese in cui viviamo, dove a caldeggiare le dimissioni di un commissario che ha detto, a maggio scorso, che ‘le mascherine non servono a un cazzo’ è uno che a luglio ha organizzato un convegno negazionista.

Parliamo sempre di lui, Matteo Salvini. Che oggi gongola: “Il commissario del governo Zuccatelli, quello dei consigli su ‘lingua in bocca per 15 minuti’, si è dimesso. Bene, giusto così”. Quando Zuccatelli era stato nominato, sempre Salvini aveva detto che era la prova che “Conte non vuole bene alla Calabria”.
Un po’ di contesto: Zuccatelli è nominato come sostituto di Saverio Cotticelli, che è uscito di scena con disonore: aveva infatti scoperto nel corso di un’intervista che il piano Covid per la Calabria avrebbe dovuto stilarlo lui, circa una settimana prima. “Domani mattina mi cacciano” diceva Cotticelli in un fuori onda mandato in onda lo stesso. Non servivano particolari abilità profetiche per azzeccare, ma la scelta di Zuccatelli non avrebbe potuto essere più infelice. Quasi immediatamente salta fuori il famoso video, mai del tutto dimenticato in realtà: maggio, per quanto ci sembri lontanissimo, era appena sei mesi fa.
Ma, per l’appunto, sei mesi fa eravamo da tutt’altra parte: era appena terminato il primo lockdown. L’Italia, primo paese occidentale a essere investito dalla prima ondata di Covid-19 è il primo a uscirne, tutto sommato vittorioso. La curva si è abbassata, malati e vittime sono ogni giorno di meno. L’estate si avvicina e con essa un parziale ritorno alla normalità.
È in questo contesto che Zuccatelli dice, per esteso: “Le mascherine non servono a un cazzo. Quella che serve, in realtà é la distanza. Per trasmetterti il virus io, che sono positivo, devo baciarti standoti 15 minuti con la lingua in bocca. Altrimenti, stai tranquillo, il virus non lo becchi”.
Una colossale sciocchezza, ovviamente, ma di sciocchezze ne abbiamo sentite parecchie. Abbiamo sentito virologi definire il virus ‘solo un ‘influenza’, ‘clinicamente morto’, ‘meno letale di quanto ci raccontano’. E le abbiamo sentite tutte in quel momento lì, in quei mesi in cui al panico del lockdown si andava sostituendo l’amore viscerale che gli italiani hanno per le polemiche. E con esso, tornavano a fare banco i personaggetti che nel corso della quarantena erano stati oscurati dall’entità dell’emergenza. Salvini ricominciava a girare gli stabilimenti balneari, le fabbriche di parmigiano, i comizi pieni di anziani che baciava e abbracciava regolarmente senza mascherina, che evidentemente anche lui pensava ‘non servire a un cazzo’. Giorgia Meloni, dal canto suo, riuniva lavoratori davanti a Palazzo Chigi con cartelli e tricolori, caldeggiava la riapertura delle discoteche insieme all’amica Santanchè.
Insomma, se fossimo in un paese coerente, sono tantissime le persone che, come Zuccatelli, andrebbero rimosse da qualunque incarico per manifesta incompetenza. Ma, come ha detto lo stesso Zuccatelli, questo è ‘un gioco più grande di lui’. Un gioco, a quanto sembra dalle sue parole, da cui è ben felice di sfilarsi. Un gioco in cui la posta sono le vite delle persone.

(Globalist)

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