20 Aprile, 2024
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Mangiare in mensa a scuola, le regole per farlo in sicurezza

 

Ricominciate le scuole, si torna a pranzare in mensa.

In alcuni istituti il servizio è ripartito con la prima campanella dell’anno, in altri si sta ancora lavorando per farlo in sicurezza. A guidare la riapertura delle mense scolastiche, un documento del ministero dell’Istruzione, che ha definito il pranzo a scuola “di fondamentale importanza” da un punto di vista educativo e nutrizionale, e le linee guida della Società italiana di igiene (Siti). Il cibo, sottolineano gli esperti, non va temuto come mezzo di trasmissione: tutto si gioca nel distanziamento sociale degli studenti durante il pasto, nel rispetto delle norme-igienico sanitarie e nella pulizia e nella disinfezione di locali e ambienti condivisi.
“Rispetto alla classe, la mensa può esporre di più al contagio perché i bambini mentre mangiano devono togliere la mascherina – dice Patrizia Laurenti, professoressa di Igiene all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – Inoltre masticano e parlano tra loro, aumentando l’emissione di droplets. A genitori e insegnanti è richiesto uno sforzo educativo, perché gli studenti quest’anno devono imparare a non condividere nulla di ciò che hanno sul tavolo, dalla bottiglietta dell’acqua al pezzo di pane. Sono azioni fondamentali per affrontare la stagione autunnale in arrivo”.

Lo spazio

Se nelle mense manca lo spazio per assicurare il distanziamento di un metro tra gli studenti, le singole scuole possono trovare soluzioni ad hoc. Ad esempio possono dividere il pranzo in turni, oppure allestirlo in palestra, nell’aula magna, persino nei corridoi o in tensostrutture esterne alla scuola. In mancanza di alternative, si ipotizza la distribuzione del pasto in “lunch box” monoporzione: una soluzione che va limitata ai casi in cui non si può fare diversamente, un po’ per i costi, un po’ per la notevole quantità di rifiuti che produrrebbero. Alcuni genitori sembrano preferire il servizio in aula per il timore che la mensa, più affollata, aumenti il rischio di contagio, mentre altri identificano il lunch box come un pasto meno sano e buono.

Sul tema gli esperti si dividono: l’epidemiologo Franco Berrino, in un’intervista rilasciata a Foodinsider, un osservatorio non istituzionale delle mense scolastiche, ha dichiarato che le monoporzioni rischiano di essere una soluzione dannosa per la salute dei bambini. Secondo Andrea Vania, già responsabile del centro di dietologia pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, invece non si può puntare il dito contro le monoporzioni senza sapere effettivamente cosa c’è dentro. “Il problema non è il contenitore, a patto che sia fatto con materiali idonei al contatto con il cibo, ma il contenuto. Se il menù destinato ai refettori scolastici, che in genere viene ideato da una commissione mensa composta tra gli altri da un nutrizionista, un pediatra e un igienista, è di qualità, lo sarà sia che viene servito in contenitori monoporzioni sui banchi, sia su un piatto in mensa. E viceversa, se la qualità del pasto è scarsa, lo sarà in entrambi i casi. Non farei un discorso di salute nutrizionale, tenendo conto che siamo di fronte a una situazione temporanea di emergenza che, si spera, non durerà per sempre”.

Le linee guida

Le linee guida della Siti suggeriscono di eliminare il ricircolo dell’aria condizionata, per evitare il trasporto di agenti patogeni, e i buffet. Meglio un ricambio naturale dell’aria e un servizio diretto al tavolo. Inoltre, devono essere sempre disponibili spray o gel disinfettanti per le mani e quantitativi adeguati di mascherine. “Il disinfettante è uno strumento utile in molti contesti sociali, tuttavia sconsiglio ai ragazzi di utilizzarlo prima di mangiare per evitare residui di gel su cibo e posate, che possono essere ingeriti. Meglio lavare le mani con acqua e sapone”, consiglia Laurenti.

 

Chi lavora in mensa può anche indossare guanti monouso adatti al contatto con gli alimenti, ma l’esperta – come tanti all’interno della comunità scientifica – è scettica nel considerarla una buona abitudine. Analogamente al gel, “i guanti non devono sostituire il lavaggio delle mani, e sono pericolosi perché danno a chi li indossa un falso senso di sicurezza. Spesso vedo camerieri o baristi utilizzarli per più azioni e manipolazioni di cibo, aumentando le probabilità di contaminazioni crociate. Preferisco delle mani nude lavate spesso, piuttosto che guanti monouso indossati per ore senza mai un risciacquo”.

(La Stampa)

 

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