26 Aprile, 2024
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Saldi, a Roma dopo il flop monta la protesta: “Orari dei negozi da cambiare”

I saldi? “Era già tutto previsto”.

David Sermoneta responsabile della Confcommercio per i negozi del centro usa le parole di una famosa, quanto malinconica, canzone di Riccardo Cocciante per descrivere la débacle di questi primi giorni di sconti. “Volete le percentuale del crollo delle vendite? Non le abbiamo: impossibile calcolarle rispetto allo scorso anno perché una disfatta del genere non si può paragonare a nulla”, dice chiuso nel suo negozio con affaccio sulla Barcaccia di piazza Spagna. L’unico dato certo è che la sua boutique “Alexander” con gli abiti lunghi in seta che in vetrina sembrano quadri dipinti di Monet, per la prima volta dagli anni Settanta, ad agosto, chiuderà.

“Si va in ferie due settimane tanto non serve a nulla restare aperti, non si vende né ai turisti né ai romani.

Non hanno portato incassi neanche le offerte al 50 per cento fatte nei mesi dopo il lockdown. Gli stranieri sono pochissimi e i romani sono in smart working, quindi hai voglia a fare i saldi fino al 70%: nessuno compra”. E per fare capire come il lavoro da casa abbia dato l’ultima mazzata al comparto, rilancia con una domanda. “Sapete qual è l’unico capo che sta andando alla grande? I costumi da bagno. E non scherzo. Se ne vendono molti di più rispetto al 2019. E non perché la gente parte e va in vacanza. Ma perché tantissimi impiegati stanno lavorando collegati col pc dalle case al mare”.

Anche dalla Confesercenti ammettono: “I saldi in centro stanno andando malissimo.

E anche in periferia e nei quartieri, dove le cose vanno lievemente meglio, gli affari sono in picchiata”. Nei grandi store a “portata di tasca” come Zara e H&M ieri mattina un po’ di via vai c’era. File al camerino poche, buste in mano anche. Bagliori di compere anche alla Rinascente di via del Tritone dove la bellezza della struttura e il fresco dell’aria condizionata invogliano sempre. Parla di “ottimi afflussi e un forte interesse dei romani”, l’ad della Rinascente, Pierluigi Cocchini che racconta di come l’interesse maggiore si concentri al piano dedicato alle scarpe e a quello del cibo grazie anche alla strategia di comunicazione che ha chiarito come si potesse fare shopping in piena sicurezza. Ma la protesta dei commercianti è anche nei confronti del Comune. “Distante dalle nostre esigenze – dice Giammaria – il paradosso è che ancora i negozi devono seguire gli orari di apertura e chiusura stabiliti subito dopo il lockdown”.

Insomma, si saldi chi può. Anche se Sermoneta, nonostante le ferie forzate, è convinto che “Roma sarà la prima città a riprendersi dalla crisi. Non fosse perché questa è la capitale del turismo, della politica, perché ci sono due ambasciate per ogni Paese, perché i dipendenti pubblici prima o poi torneranno a lavorare in ufficio”. E allora addio costume, addio infradito. Che ritorni la cravatta.

(La Repubblica)

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