28 Marzo, 2024
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Il crollo del turismo estivo avvantaggia Germania e Uk. Danni per le economie di Grecia, Portogallo e Croazia

l’Italia può beneficiare delle spese domestiche che sostituiranno in parte quella dell’estero. Più in crisi la Spagna: nel 2019 il turismo straniero ha pesato per il 6% del Pil. In Grecia il settore impatta sul 25% dell’occupazione.

Che impatto sta avendo e avrà lo shock del Covid sul turismo estivo in Europa? E con quali conseguenze sulle economie dei vari Paesi? A queste domande, tenendo conto dei dati della prima parte della stagione, gli analisti di Citigroup evidenziano che i danni maggiori si avranno in Grecia, Portogallo e Croazia, mentre a trarne beneficio saranno Germania e Uk. In mezzo l’Italia, che potrebbe limitare i danni molto meglio della Spagna.

Shock asimmetrico

«Le speranze di una ripresa di fine estate del turismo andranno deluse perché i nuovi focolai locali del virus stanno portando a restrizioni nei movimenti cross border – spiegano da Citi – e a soffrire di più saranno le piccole economie con grande surplus di servizi di turismo internazionale, come Grecia e Portogallo, mentre economie più grandi e con deficit nel “travel trade” come Germania e Uk ne beneficeranno, perché molti residenti trascorreranno le vacanze nei propri Paesi».

L’impatto delle limitazioni ai viaggi internazionali – dovute alle restrizioni imposte dai Governi o alla limitata disponibilità di mezzi di trasporto (o anche semplicemente al timore di difficoltà negli spostamenti) – avrà impatti differenti nei vari Paesi, confermando ancora una volta l’asimmetria dello shock del Covid. Per due ragioni principali. «Innanzitutto per il diverso peso del turismo sul Pil dei vari Paesi. Considerando solo l’impatto diretto del settore sulle economie, il turismo pesa per il 7-8% del valore aggiunto in Grecia e Portogallo contro il 4% di Francia e Germania (secondo i dati di Eurostat’s Tourism Satellite Accounts)».

Ben più ampio è il divario se si comprendono anche gli impatti indiretti del turismo sull’economia, che fa salire «il peso del settore al 20% in Grecia (e al 25% dell’occupazione totale) ma solo meno del 10% in Francia».

Consumi esterni e interni

La seconda ragione sta nella diversa quota di consumi esterni di servizi turistici rispetto ai consumi interni. «In piccole economie come Grecia, Portogallo e Croazia – si legge nel rapporto di Citi – i turisti esteri rappresentano quasi per intero il consumo dei servizi turistici dei tre Paesi. E anche una piccola riduzione delle loro spese ha effetti significativi sui consumi interni. Al contrario, il fatto che tedeschi e inglesi restino a passare le vacanze nei propri Paesi impatta positivamente sui consumi interni di Germania e Uk».

In questo contesto, Italia e Spagna si trovano in una situazione intermedia.

In entrambi i Paesi il turismo vale circa il 15% del Pil, scrivono gli analisti di Citi, «ma i residenti contano per una quota importante della spesa per turismo. Quindi è probabile che una parte delle perdite conseguenti alle restrizioni sui viaggi all’estero si trasformino in spesa domestica. E da questo punto di vista, l’Italia è posizionata meglio della Spagna».

Una dimostrazione arriva dai dati europei della bilancia commerciale nei servizi del turismo. «Per Paesi con una bilancia turistica in sostanziale pareggio, l’impatto netto sarà modesto – concludono da Citi – ma l’Italia potrebbe limitare meglio i danni rispetto alla Spagna. Nel 2019 i turisti esteri hanno speso l’equivalente del 2,5% del Pil, mentre la quota spesa dagli italiani all’estero è stata dell’1,5% del Pil. Più’ ampia la forbice della Spagna: i turisti esteri hanno speso il 6% del Pil iberico, mentre gli spagnoli all’estero hanno speso solo il 2% del Pil».

(Il Sole24Ore)

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