25 Aprile, 2024
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Acqua pubblica: che fine hanno fatto i referendum del 2011? blog di Grillo e commento de L’Agone

Beppe Grillo, in un suo articolo pubblicato sul “Blog di Beppe Grillo Magazine”,

ricordando i referendum sull’acqua pubblica del 2011 rimasti disattesi, e l’esigenza di dare loro corso, si domanda: Cosa stiamo aspettando?

Nel seguito una riflessione de L’Agone, e quindi il testo completo del blog di Grillo

Nota de L’Agone

Possiamo aiutare noi il gran simpaticone Beppe Grillo a dare un senso alla sua domanda: “Cosa stiamo aspettando?”.

Non è difficile, basta ripercorrere soltanto la storia in questa ultima legislatura: dai proclami rassicuranti – per tutti quanti si sono battuti per la vittoria dei referendum e continuano a farlo per la loro applicazione -, alle affermazioni del tipo “ci sono contrari ma per noi è una priorità”, alle dichiarazioni sempre più caute fino a quelle decisamente ambigue di alcuni parlamentari M5S, per arrivare alle iniziative formali volte a scardinare l’impianto della proposta di legge ripresa nel Conte2 da Federica Daga.

La domanda dovrebbe essere rivolta ai suoi parlamentari (M5) che si occupano di altri fatti sicuramente importantissimi, relegando però in terza o quarta priorità – praticamente mettendola da parte – la questione dell’acqua.
Analogo discorso vale per il Lazio, che ha approvato nel 2014 una legge per la gestione pubblica dell’acqua, che però non può essere applicata perché mancano alcuni “corollari”, e cioè la definizione degli Ambiti di Bacino (in sostituzione dei vecchi ATO) e l’approvazione delle “regole” di governo: non sono dettagli, e proprio su questi si gioca la battaglia per scardinare il monopolio privatistico di ACEA. La domanda è: ma i consiglieri regionali del M5S, che appoggiano la giunta Zingaretti, che fanno? Anche qui prevale l’esigenza di non mandare in crisi la maggioranza, come per il governo centrale? Oppure – tanto in Parlamento quanto in Regione – hanno rivisto le loro convinzioni, come parrebbe da svariati atti e dichiarazioni?

Per non parlare poi di Roma, dove la Sindaca Raggi, che  governa con una maggioranza tutta M5S, sta avallando le politiche di ACEA, assumendo iniziative a dir poco sconcertanti: certo incassare gli introiti in quanto azionista di maggioranza può far bene al bilancio comunale, ma certamente stride con i proclami sull’acqua pubblica.

 

Blog di Beppe Grillo Magazine

 di Beppe Grillo – 12 e 13 giugno 2011: 9 anni fa, oltre 27 milioni di italiani hanno votato SI all’acqua pubblica, definendo con il loro  voto l’acqua come bene comune, prezioso e inalienabile, e come tale va trattato.

Per noi adesso è la grande occasione per passare dalla teoria ai fatti. Abbiamo sostenuto da sempre il diritto umano all’acqua, che la gestione idrica debba essere pubblica, che si debba investire e tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione. Abbiamo l’opportunità per mettere in campo lo sforzo necessario, per realizzare il nostro sogno. Un progetto dove la persona è al centro e non il profitto, perchè è importante ripeterlo, non si possono fare affari sull’acqua.

Abbiamo tutte le più sofisticate tecnologie da utilizzare, intelligenza artificiale, droni, algoritmi, blockchain, realtà aumentata etc… con le quali possiamo garantire una condizione di benessere per tutta la popolazione, in perfetto equilibrio con la natura.

Il 90% delle risorse idriche nel mondo sono consumate tra quello che ci serve per allevamenti e coltivazioni, e quello che usiamo per produrre gli alimenti trasformati. Solo l’agricoltura, ne utilizza il 70%. E questo mentre 2 miliardi di persone nel mondo hanno difficoltà ad accedere all’acqua. Per questo va ribaltato completamente il sistema, cambiando la visione di come produciamo cibo, di come fabbrichiamo prodotti e di come li trasportiamo, o di come nell’agricoltura viene utilizzata l’acqua. L’acqua è un bene prezioso ma il suo spreco ne fa un bene di poco valore, perchè non usata con intelligenza.

Dobbiamo creare una cultura del valore dell’acqua; sviluppare, ad esempio, sistemi di irrigazione computerizzati che possano dirigere i flussi d’acqua direttamente sulle piante, utilizzando magari l’acqua  dissalata di mare, laddove è meno agevole l’approvvigionamento, potrebbe essere uno degli innumerevoli esempi da mettere in atto.

Ripensare i sistemi idrici domestici, per limitare gli sprechi di acqua in casa, attraverso un recupero dell’acqua piovana e un suo riutilizzo per lavatrici, lavastoviglie etc… così come per il settore industriale. Quando ho fatto visita al Morigasaki Water Reclamation Center di Tokyo, il più grande centro di bonifica delle acque del Giappone, le acque depurate venivano gettate in mare! Uno spreco pazzesco!

O prendere spunto dalla nostra natura di esseri umani per reinventare i servizi igienici: abbiamo due “uscite” nel nostro apparato urinario-intestinale, perchè non separiamo i rifiuti solidi da quelli liquidi?  I vantaggi sarebbero infiniti: la separazione delle urine consente di utilizzarle come fertilizzante agricolo, risparmiando acqua ed evitando così che le grandi quantità di fosforo in esse contenute giungano nei fiumi favorendo la proliferazione di alghe. (Abbiamo approfondito un altro utilizzo delle urine in questo articolo). E dalla parte solida si potrebbe ricavare compost per l’agricoltura o carburante ecologico a bassissimo costo.

Le innovazioni tecnologiche ci sono, così come le soluzioni che possano favorire il processo di ripubblicizzazione: la creazione di una nuova figura di azienda pubblica, che realizzi l’acqua di comunità; la concessione di benefici fiscali; una pianificazione più vicina ai territori e compatibile con l’esercizio delle prerogative dei Comuni, che devono tornare, così come le Regioni, a fare la propria parte; l’esclusione del profitto dagli obiettivi, a parità di costi per la collettività, consentirà gli investimenti per la riduzione delle dispersioni, la ristrutturazione e la creazione delle infrastrutture. Non possiamo mettere a rischio le fonti d’acqua, cedendo il nostro bene più prezioso, ciò porrebbe gravi limiti alla sovranità del nostro Paese e ci esporrebbe agli appetiti delle mafie.

Dobbiamo intervenire sui grandi adduttori dell’Italia del centro sud ponendo gli oneri a carico di un sistema di contribuzione, cosicché le fasce più agiate della popolazione si possano impegnare in proporzione alle proprie capacità e non siano i poveri a pagare più dei ricchi.

Le multinazionali francesi sono entrate nelle gestioni idriche con l’acquisizione di quote di numerose società pubbliche e ne hanno preso il controllo esautorando la politica.  Il Governo e il Parlamento, Regioni, Provincie e Comuni devono tornare ad esercitare a pieno le proprie funzioni. Non possiamo mettere a rischio le fonti d’acqua del Mezzogiorno, dobbiamo ripubblicizzarle ponendo rimedio agli errori del passato. Molte sono già nelle mani delle Corporation straniere (Suez e Veolia), ce le dobbiamo riprendere!

Creiamo un sistema di sicurezza nazionale dell’acqua, con la ricostituzione di un corpo di Polizia Idraulica 2.0, e di una Protezione Civile dell’Acqua, che garantisca a tutti la disponibilità della preziosa risorsa anche nell’ipotesi di calamità. Contribuiremo così alla nascita di nuove occupazioni e saremo un esempio per tanti Paesi.

C’è molto lavoro da fare per tutti. E più coraggio da mettere in campo. Il Parlamento dovrà correggere alcune norme discriminatorie che negano l’acqua alle persone più fragili. Il Governo e le Regioni dovranno pianificare le soluzioni, i Comuni dovranno ascoltare i territori e tutti insieme dovremo rimboccarci le maniche, per dare solide basi al rilancio del paese, per noi tutti e per le generazioni che verranno.

Cosa stiamo aspettando?

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