28 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

CRISI ECONOMICA – Enrico Letta: “Ci giochiamo tutto, è l’ultimo appello”

(La Stampa)  «La politica si unisca come la Nazionale. E’ una settimana cruciale per la trattativa europea, davanti a noi c’è il baratro»

«Si profila una crisi economica e sociale drammatica, con un aumento della povertà e delle disuguaglianze: l’allarme rosso sta suonando, nessuno domani potrà dire di non averlo sentito. Gli alibi sono finiti per tutti». Enrico Letta, presidente del Consiglio di un governo di larghe intese nel 2013, oggi professore e direttore dell’Istituto di studi politici di Parigi, nella sua casa di Testaccio, dove trascorre il lockdown, si rigira tra le mani uno studio appena sfornato dalla Bce pieno di tabelle.

Cosa c’è scritto professore?
«La Bce fa tre scenari economici, il migliore di questi dice che ci vorranno almeno tre anni per recuperare il livello pre-epidemia. E quella dello studio ovviamente è una media europea, noi del Sud siamo quelli messi peggio».

Che stavamo male ce ne eravamo accorti, ma domani si riparte no?
«Il problema è che la classe dirigente italiana, in primo luogo la politica, non mi sembra avere la consapevolezza sufficiente del disastro che ci si prepara. Attenzione, non è come il 2011: è molto, molto peggio. Stavolta l’immagine che sta davanti a nostri occhi è quella dell’abisso che ci può inghiottire. Una classe dirigente all’altezza deve sapere che stavolta non ne usciamo senza uno sforzo di unità e solidarietà, anzitutto al nostro interno».

Molti italiani sono convinti che di solidarietà europea finora se ne sia vista poca, pochissima. Non è così?
«Rispetto alla lentezza europea della crisi di dieci anni fa non ci sono paragoni. Tra Bce, Sure, Bei e Recovery Fund, in poche settimane possiamo disporre di una panoplia di strumenti che prima della crisi sarebbero stati inimmaginabili. Ma deve essere anche chiaro ai tanti che guardano alla Cina, alla Russia o magari agli Stati Uniti, che senza l’Europa l’Italia non ce la farà. L’alternativa all’Europa semplicemente non c’è e chi in questi giorni dice che l’Ue fa schifo e non sta facendo nulla, vuole solo il male dell’Italia».

Nell’intervista al nostro giornale, il presidente Conte si è mostrato evasivo e riluttante sull’utilizzo del Mes, il fondo salva-stati. Cosa si dovrebbe fare?
«Usarlo, perché davvero non capisco il problema».

Dicono che ricorrere al Mes aprirebbe la strada all’occhiuta “sorveglianza rafforzata” sui conti italiani. Non sarebbe un commissariamento?
«La sorveglianza rafforzata è un non-problema, esiste a prescindere dal Mes. Sono regole già applicate che fanno parte del cosiddetto trattato “two-pack”, quell’insieme di nuovi poteri che la Commissione Ue ha avuto in dote dalla crisi del 2008-2012, ma non c’entrano nulla con la condizionalità che venne imposta alla Grecia. Ricordo poi che il titolare di quei poteri è un italiano e si chiama Paolo Gentiloni».

Questa settimana si riunisce l’Eurogruppo proprio per discutere di Mes e Recovery Fund. Cosa dovrebbe fare l’Italia?
«Ci dovremmo porre due obiettivi. Il primo tecnico: i prestiti europei dovrebbero avere una maturità lunga, a 10 o meglio ancora 20 anni, non i 2-3 anni che vogliono gli olandesi. Il secondo è politico: è molto importante che si lavori affinché tutti i nostri alleati europei, dalla Francia alla Spagna, utilizzino il Mes e non lascino sole l’Italia e la Grecia. Perché in questa vicenda anche il messaggio che si manda ai mercati è importante».

Conte dice che l’Italia punta tutto sul Recovery Fund…
«Va bene, ma i soldi del Recovery Fund devono essere trasmessi all’economia reale immediatamente, senza burocrazia. Perché le imprese stanno vivendo un drammatico bisogno di liquidità. C’è bisogno di un vero piano per la difesa e il rilancio della nostra industria come ha proposto ieri Prodi. Poi c’è la questione del debito…».

E’ dato in crescita del 155 per cento. Se sale così nella stratosfera le agenzie di rating ci faranno a pezzi?
«È probabile. Per questo gli incrementi di debito che ogni paese deve sopportare dovrebbero essere sterilizzati a livello contabile, per evitare ulteriori downgrading delle agenzie di rating. Giustamente Conte, nella vostra intervista, non enfatizza quello di Fitch ma, se arrivassero anche tutte le altre, per l’Italia l’effetto sarebbe devastante. Ricordiamo a tutti i teorici del “facciamo da soli” che, se non ci fosse in campo la Bce a comprare i titoli italiani, adesso non saremmo qui nemmeno a parlare. Anche sugli aumenti del debito servirebbe un nuovo “Whatever it takes”, non per l’Italia ma per tutta l’Ue».

La risposta del governo fin qui com’è stata?
«Conte ha chiesto scusa per i ritardi e ha fatto bene. Ma non è questo il momento delle critiche a chi guida. L’Italia deve andare unita in Europa».

In queste settimane “romane” avrà visto che di unità in giro se ne vede poca…
«Sì, purtroppo la politica non è lacerata, è proprio…a coriandoli. Non sembra capire che la crisi economica potrebbe anche provocare un malessere sociale profondissimo. L’opinione pubblica è spaventata, devono stare attenti e soprattutto stare uniti».

Altre volte in passato ce l’abbiamo fatta contro tutti i pronostici…
«Certo, a patto di capire che non c’è un girone di ritorno, il futuro dell’Italia ce lo giochiamo adesso. Dobbiamo fare come la Nazionale dell’82, quando Tardelli, Scirea, Zoff e Bearzot fecero un patto: mettiamo a parte le rivalità, silenzio stampa e andiamo a testa bassa contro gli avversari. Può finire male, ma male davvero, oppure può finire che il “mondiale” lo vinciamo noi, come quella volta. Mi fa piacere che un protagonista di lungo corso come Silvio Berlusconi lo abbia capito. Chi sfascia il paese oggi non può candidarsi a guidarlo domani».

Ultimi articoli