26 Aprile, 2024
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Calcio e pepe: una rubrica per mettere un po’ di spezie sul campionato più commentato del mondo. La quindicesima Giornata.

Ce n’era bisogno ? Forse no, visto che l’Italia è l’unico paese al mondo che dedica ben tre quotidiani al tema, e paesi i cui club calcistici vincono di più (Spagna) o dove il calcio rappresenta un indotto vero e non un’attività mecenatista (salvo rare eccezioni) di qualche “patron” hanno dei (peraltro molto autorevoli) periodici.

Ma come resistere alla tentazione di entrare nell’agone bollente del vero sport preferito dagli italiani dopo la politica urlata: il calcio parlato !

E non ci tiriamo indietro: il grande sconfitto della quindicesima giornata è Fabio Paratici, già, non Sarri, che lavora con quel che ha, non ha messo parola sul mercato ed è arrivato come un oggetto misterioso dopo la sfiancante litania del “profeta” Guardiola. Fabio Paratici ha adottato una strategia ben precisa: puntare su CR7, e per i 3/4 anni di ammortamento ed ingaggio monstre dedicare ad un grosso colpo tutto il budget (quest’anno De Ligt) e rifinire la rosa con i parametri zero.

La scelta, almeno il primo anno non ha pagato, visto che CR7 non ha restituito gagliardezza in Champions alla vecchia signora, buttata fuori dai ragazzini terribili dell’Ajax lo scorso anno, si pensava che l’arrivo di un allenatore in grado di creare una mole di gioco maggiore avrebbe esaltato il portoghese, abituato a Madrid ad essere esaltato da una squadra padrona del campo in lungo e in largo e capace di innescarlo dai terzini alle ali/trequartisti fini ai compagni di reparto scudieri, ma nel frattempo il tempo è arrivato anche per una semidivinità come lui, sia chiaro Cristiano Ronaldo passerà alla storia, tra vent’anni, lontani dalle polemiche del presente da eterni tifosi lo collocheremo di diritto tra i 5/6 più forti di tutti i tempi, ma oggi da solo non può caricarsi per una stagione una squadra e farle vincere tutto; qui arriva la nota dolente però e la sconfitta della linea Paratici: i parametri zero, se lo sono ci sarà un perché: Ramsey e Rabiot se avessero giocato con continuità sarebbero tra i migliori in Europa per ruolo, ma non lo sono (e non hanno giocato) per problemi fisici e caratteriali (in rigoroso ordine d’attribuzione), aggiungiamoci che l’all-in su De Ligt ha consegnato un campione in prospettiva ma non un solido difensore nell’immediato (sommiamo il dato al brutto infortunio di Chiellini) e sono venuti fuori tutti i problemi cronici della Juventus. Paratici avrebbe voluto, sbagliando, disfarsi di Dybala e Higuain, che oggi appaiono i più in forma, è stato incapace di una politica di cessioni (e conseguente dimagrimento del monte ingaggi) efficace, perdendo e di fatto svalutando Mandzukic e Emre Can. Oggi i limiti della Juventus appaiono tutti: rosa da svecchiare, centrocampo logoro, difesa da registrare secondo i dettami del mister (in linea con pressing sul lato di gioco per costringere ad un più complesso gioco di cambio di fronte al portatore di palla) e una difficoltà a non scollare i reparti (difficoltà peraltro prevista da Sarri che aveva detto da Agosto che la squadra avrebbe impiegato almeno fino al 2020 per introiettare un modo completamente diverso di giocare) che spesso lascia un attacco, comunque straordinario (ci sono 3 o 4 squadre in Europa che possono vantare l’equivalente di Dybala, Cristiano Ronaldo, Douglas Costa, Higuain e Bernardeschi) senza rifornimenti, il risultato è stato che la Lazio l’ha letteralmente ribaltata, dopo aver rischiato lo 0-2 la squadra di Inzaghi l’ha messa sul piano del gioco ed ha trovato tre reti di cui una da incorniciare di Milinkovic, la Juventus, in dieci e frastornata dovrà pensare molto bene al mercato di Gennaio, intervenire in maniera chirurgica e di concerto con Sarri.

Il vincitore della giornata è Simone Inzaghi, di un’incollatura sopra Antonio Conte (vero artefice di una stagione che potrebbe riservare molte soddisfazioni ai tifosi della beneamata). Inzaghi ha a che fare con un DS coi controfiocchi e con un presidente “complicato”, ma ha forgiato uno spogliatoio compatto, in un calcio di presidenti commercialisti a caccia di plusvalenze pur essendo fondamentalmente aziendalista (ma con Igli Tare te  lo puoi permettere) si è saputo imporre almeno nel trattenere i giocatori ritenuti funzionali quando non indispensabili. La Lazio gioca a memoria, pressa alto, ha buona densità a centrocampo e non si tira indietro quando si tratta di gestire la palla (Leiva, Milinkovic, Luis Alberto e Correa contro la Juve sono stati una sinfonia) e sfoggia uno dei centravanti più in palla del momento. Immobile è un killer e le cifre parlano per lui. L’attuale ritmo è da scudetto. Non si può dire se alla lunga reggerà il passo di Juventus ed Inter ma per ora, che in testa ci siano tre squadre in così pochi punti rappresenta una novità che dovrebbero accogliere bene tutti gli amanti del calcio.

Il vincitore quasi ex equo, malgrado una vittoria buttata con la Roma (che ha concesso più di un match point) che avrebbe permesso una mini fuga è Antonio Conte, che ha trasformato un gruppo che con Spalletti era tornato stabilmente in Champions e quindi nei primi 4 posti, ma ora sembra davvero in grado di scucire il tricolore all’armada bianconera. I meriti di Conte si amplificano se si pensa che le ultime partite le ha giocate praticamente senza i nuovi acquisti infortunati o retrocessi nelle gerarchie (Lukaku a parte, a proposito, ma dopo due partite non era un bidone per metà della stampa nostrana ?) ma con tutte le pesanti cessioni estive (Icardi, Nainggolan e Perisic). Conte ha saputo dare fiducia ed adrenalina a mille ad un gruppo in cui di fatto ruotano in 13/14 e gioca ogni 3 giorni ogni partita con una rabbia agonistica impressionante. E’ presto per cantare vittoria (non me ne vogliano i nerazzurri) c’è da battere il Barcellona b (ampio turnover per i catalani in CL) per svoltare la stagione e se il mercato di gennaio non aggiungerà nuovi tasselli la brevità della rosa (arma in più per compattare il gruppo) potrebbe essere un handicap nel rush decisivo di Primavera.

La Roma di Fonseca è bella e balla (in tutti i sensi, il pareggio contro l’Inter ha la firma della dea bendata) segna molto, ha un potenziale enorme (speriamo che questo ciclo non vedrà la vendita sistematica dei migliori) sia dietro che in mezzo al campo (Mancini si destreggia alla grande si a centrocampo che in difesa, Spinazzola potrebbe tornare ai livelli che hanno ammirato a Bergamo, Veretout, Pellegrini, Cristante, Diawara, Under e Kluivert, sono un bel presente e molto probabilmente un ottimo futuro, Zaniolo ha i numeri ed il fisico del predestinato) ma ancora soffre il pressing a centrocampo (quello rabbioso dell’Inter l’ha messa in difficoltà) e a volte qualche calo di concentrazione in difesa mette a rischio le coronarie dei tifosi, ma la squadra si sta formando e se a Gennaio Petrachi saprà puntellare la retroguardia (con un colpo alla Smalling magari: da bacio accademico) e trovare un’alternativa credibile al sempiterno Dzeko già dalla prossima stagione gli amanti della “magica” potranno tornare ad ascoltare la musica più emozionante sui campi d’Europa.

A contendersi con i giallorossi la quarta piazza oggi ci sono le squadre che forse hanno fatto vedere il calcio più bello: Atalanta e Cagliari, alla Dea siamo abituati ormai, e il Gasp anche senza il suo bomber Zapata fermo ai box mette in campo sempre un undici che canta e porta la croce (vedasi vittoria all’ultimo respiro); Maran dopo una campagna acquisti azzeccata (Cacciatore) e sontuosa (Nainggolan, Nandez, Simeone) ha colto l’occasione ed ha offerto agli amanti del campionato un interprete di assoluto livello, questo è il miglior Cagliari dai tempi di quello scudettato, e lo dimostrerà fino alla fine.

Capitolo a parte per due grandi del nostro calcio in difficoltà: il Milan lo è da tempo purtroppo, cambi di società e di management, campagne acquisti sbagliate e gestione non proprio felice di alcune situazioni (l’esonero ingiusto di Gattuso e quello oltremodo frettoloso di Giampaolo) hanno messo il Diavolo nella situazione di rincorrere, nell’ultima giornata un rocambolesco 3 a 2 ha dato respiro, ma la sensazione di precarietà generale, non ultima quella panchina a tempo per Pioli non aiutano certo l’ambiente. Il Napoli è un oggetto misterioso: uno degli allenatori migliori al mondo, un gruppo solido e sistematicamente puntellato oggi non trova continuità e manca di cattiveria sottoporta, dopo il pareggio con l’Udinese l’allarme è suonato forte, addirittura Ancelotti rischia (si parla di Gattuso) eppure in Europa ha strapazzato e poi pareggiato contro i campioni in carica ed ha ottime chance di passare il turno. Misteri partenopei.

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