28 Aprile, 2024
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Storie di Donne. Donne nella storia. La Forum Clodii tiene il Sesto Convegno al liceo I. Vian di Bracciano

Nell’aula Magna del Liceo I. Vian, il 9 marzo 2024, la dottoressa Cinzia Caccia ha aperto il convegno dell’Associazione Forum Clodii di Bracciano, giunto alla sesta edizione. Con “Storie di donne. Donne nella storia”, si pone un focus sulle donne del nostro lago, dalla preistoria all’età romana. L’Associazione Forum Clodii – di cui la dottoressa Caccia è Segretaria – si interessa da un cinquantennio di arte, storia, patrimonio culturale di Bracciano e del nostro territorio. Un discorso introduttivo ricco di aneddoti -il Suo- da cui emerge l’orgoglio che il nostro lago conservi reperti paleolitici datati 10 secoli antecedenti a quelli famosi ritrovati sul lago di Garda. La stessa ritiene sia grande fonte di soddisfazione declinare al femminile una storia che continua, parlandone ai liceali che sono il nostro presente e il nostro futuro.

La dirigente scolastica Lolli, richiama con piacere la collaborazione e l’interesse comune con la Forum Clodii. Dà il benvenuto ai rappresentanti della Pubblica Amministrazione, del mondo dell’Associazionismo, del Lions club, con un particolare ringraziamento ai relatori e ai numerosi studenti cui sarà riconosciuto, per la presenza, un credito formativo sul curriculum personale.  In sala si ricorda con un minuto di rumore, l’ennesima donna vittima di violenza – Giulia Cecchettin – uccisa mentre stava per realizzare il sogno di laurearsi. Una laurea che, purtroppo, non vedrà mai. La dottoressa Cecilia Sodano, direttrice del Museo Civico braccianese, introduce gli interventi ponendo l’accento sulla parola “forza”; parola che è stata sempre associata al genere maschile, quando invece essa andrebbe concepita come essere capaci di esistere, di dire no, di rialzarsi dai fallimenti, di indignarsi di fronte alle ingiustizie.

“Forza” è essere capaci di prendersi cura degli altri, di vedere i nostri limiti, essere capaci di essere noi stessi e noi stesse. La forza non è declinabile solo al maschile. La dottoressa Sodano, introduce gli interventi di cinque relatrici di spessore, esperte in paleontologia e archeologia, docenti universitarie. Le dottoresse Sonia Tucci, Alessandra Sperduti, Maria Gabriella Scapaticci, Silvia Orlandi, Elisa Cella. Cinque professioniste che con le loro relazioni mettono in luce la considerazione di cui godeva la donna nelle società e nei tempi in cui viveva, dalla preistoria all’età romana. Ne emergono stereotipi e cliché che hanno reso le donne sottomesse e invisibile. Sono stereotipi che raccontano una sola storia, non è detto che siano falsi, ma sono incompleti. Si pensi al villaggio neolitico risalente a 5500 anni fa ritrovato a circa dieci metri di profondità nel lago di Bracciano, in località la Marmotta, ad Anguillara Sabazia.

Tra i numerosi resti fu rinvenuta una statuina raffigurante la “dea madre”, degna di culto, perché madre che assicura la continuità della specie. Un culto diffuso visto che statuine simili sono state ritrovate in luoghi molto diversi. Si sfata lo stereotipo che ritroviamo nelle immagini dei libri che illustrano la preistoria dove gli uomini cacciano, le donne cuociono i cibi e trattano le pelli. Infatti, gli esami sulle ossa degli scheletri e lo studio delle sepolture, hanno dimostrato che le donne preistoriche  erano anche raccoglitrici, cacciatrici, guerriere, “artiste”, perfino sciamane.

E ancora, dagli studi sulle immagini ritrovate nelle tombe etrusche emerge una donna bella e libera, che godeva dei piaceri della vita, partecipava ai banchetti. Donne sportive con il cappellino (tutulus) che assistono alla corsa delle bighe. Una donna allo specchio, una con i capelli biondi. Donne sempre più curate, con orecchini a disco, a grappolo, corone in lamina d’oro e bracciali. La donna era protagonista e a volte sapeva anche leggere e scrivere. Si pensi anche all’ideale della donna romana che la voleva “lanifica, pia, casta e dedita alla casa”. Gerarchicamente inferiore all’uomo era definita tramite il nome di un uomo come moglie di, madre di, figlia di. La donna ideale dei romani antichi era appunto Cornelia, conosciuta come madre dei Gracchi.  Se ci fermiamo a questo stereotipo gerarchico avremo difficoltà a comprendere che esistevano donne “imprenditrici”, “immobiliariste”. Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Augusto, e molte altre donne commerciavano in materiali da costruzione; Rutilia Pollo comprò il lago di Anguillara e uno spazio di dieci metri intorno al lago. C’era chi vendeva lotti di terreno per costruire sepolcri, chi era parrucchiera (ornatrix), chi vendeva tessuti preziosi in una bottega sulla via Sacra. A Vicarello l’imperatore Domiziano possedeva una villa, si citano le sue donne dalle mogli, Giulia di Tito e Domizia Longina, alla nonna Vespasia Polla, alla madre Flavia Domitilla maggiore. Appaiono esempi di donne operose, che raggiunsero l’autonomia economica, che si mostravano con acconciature composte da riccioli fatti a ferro caldo, con aggiunta di toupet ed una fascia frontale, utile a contenere gli spilloni per reggere le trecce sistemate a torre dalle ornatrix. L’acconciatura indicava il ruolo, l’età, l’incarico, il ceto economico, il potere, l’identità e l’adesione a un modello femminile. Le donne della gens Flavia ebbero la loro effigie sulle monete.

Al termine delle relazioni l’allieva Alessandra, pone a tutte le relatrici una domanda: c’è una caratteristica comune in tutte le donne della storia? La risposta è unica. Sì: sono il coraggio, l’autonomia di pensiero, la capacità di lavorare insieme, la resistenza. Credo che queste siano anche le caratteristiche delle nostre relatrici che, unite nell’impegno di dimostrare l’importanza della donna nelle civiltà antiche, puntano l’attenzione sugli stereotipi e i clichés che hanno lasciato la donna nell’ombra facendo perdere la complessità e le sfumature del nostro passato. Le relatrici ritengono che l’antidoto agli stereotipi maschilisti sul nostro vissuto di donne è tendere ad un’archeologia egualitaria e sociale. Possiamo parlare di “gender archeology” perché l’obiettivo dell’archeologia di genere è rivendicare, non un primato femminista, ma i ruoli della parità tra uomini e donne in modo da scardinare la visione stereotipata sul ruolo e sulla posizione sociale delle donne nelle comunità antiche. L’uguaglianza di genere è un diritto umano fondamentale e necessario per costruire un mondo pacifico, prospero e sostenibile.

In chiusura l’archeologo, Giulio Lucarini, docente di Preistoria e Protostoria all’Università di Napoli, si complimenta affermando che finalmente si è squarciato un velo: gli studi sul passato non sono qualcosa di polveroso perché studiare il comportamento umano del passato ci consente di capire meglio il presente e di abbattere gli stereotipi. In chiusura il presidente dell’Associazione Forum Clodii, Massimo Mondini, ringrazia tutti i presenti e, con un particolare riguardo, dona alle relatrici e organizzatrici un omaggio floreale.

Anna Maria Onelli
Redattore L’agone

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