29 Aprile, 2024
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Il Piano di ripresa e resilienza fra riforme, traguardi e interrogativi

Per traguardi e obiettivi da conseguire nel 2022 è corsa contro il tempo

 Covid, inflazione e guerra in Ucraina stanno colpendo duramente l’Italia. Per fortuna un vento nuovo aleggia sul territorio con l’arrivo del Pnrr, nato a Bruxelles, con l’intento di aiutare gli Stati membri della Ue, con lo stanziamento della Bce di 750 miliardi di euro costituiti per circa la metà da sovvenzioni.

Il programma è denominato Next Generation EU all’interno del quale nasce il Piano di ripresa e resilienza che ha una durata di sei anni dal 2021 al 2027, per un totale di 672,5 miliardi di euro.

Per accedere ai fondi ogni Stato dell’Unione europea ha predisposto un piano nazionale nel quale ha inserito indispensabili riforme e investimenti, che vanno dal 2021 al 2026.

Il Piano dell’Italia prevede un insieme integrato di investimenti e riforme: digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute; pubblica amministrazione; giustizia; permessi e appalti pubblici; concorrenza.

Il Pnrr prevede, per noi, un incremento produttivo e un Pil nel 2026 al più 3,6% rispetto a quello base. I preposti al controllo, sugli investimenti, sui tempi di gestione e le regolarità, sono i Ministeri, le Regioni, i Comuni. Il Ministero dell’economia e Finanze coordina il rapporto con la Commissione europea; la regia è della Presidenza del Consiglio.

Esiste un sito ufficiale per consultare l’utilizzo dei fondi, le spese, i traguardi, con una sezione dedicata ai bandi, agli avvisi pubblici e alle procedure per i progetti. Attualmente sono 55 l’insieme di traguardi e obiettivi da conseguire entro il 31 dicembre 2022, per ottenere la terza rata dei finanziamenti. Di questi, secondo il governo, trenta sarebbero da ultimare entro fine anno, insieme alla Finanziaria, che è in Parlamento con migliaia di emendamenti da affrontare. È una corsa contro il tempo per scongiurare l’esercizio provvisorio dal momento che mancano pochi giorni alla fine dell’anno e i nodi da sciogliere sono tanti.

C’è il nodo migranti; le pensioni con l’opzione donna; l’aumento a 60 euro per i pagamenti col Pos, che resta legato al confronto con l’Ue; il problema del superbonus, dove le imprese non riescono ad avere indietro il credito che hanno anticipato per i lavori dei condomini; il tema delle Cilas legate al superbonus, dove il tesoro sta valutando la riapertura dei termini scaduti il 25 novembre per beneficiare del vecchio sconto al 110%; la richiesta di ampliare la platea del superbonus agli edifici industriali, artigianali, commerciali e alle strutture alberghiere, proposta da Conflavoro Pmi, che potrebbe non essere del 110%.

Tutto questo si dovrà dibattere in Parlamento per un possibile cambiamento come ha ammesso il Ministro dell’zgricoltura Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia, ribadendo che si potrà discutere come miglioralo essendo stato fatto tutto “in fretta e furia”.

Interessante, al riguardo, il 56° Rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2022 del Censis, che presenta un quadro della società italiana dopo la pandemia migliorato nel 2022, pur persistendo mugugni, lamentele, accuse, risentimenti.

D’altronde i primi provvedimenti del governo hanno suscitato sconcerto in più campi. Di certo gli italiani sono preoccupati e sfiduciati e temono ulteriori restrizioni, perdurando la pandemia, la guerra vicino a noi, l’alta inflazione, il caro energia.

Come sarà la legge finanziaria 2023 del governo Meloni, bisognerà attendere la sua definitiva stesura e la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, solo allora potremo capire meglio il futuro che ci aspetta.

Franco Marzo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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